Avete presente il principio di indeterminazione di Heisenberg? Dice, in sostanza, che alle scale molto piccole non è possibile definire contemporaneamente e con precisione la posizione e la velocità di una particella, e che, al crescere della precisione nella misura di una delle due, aumenta l’incertezza sull’altra. Ecco, lo stesso concetto si può applicare al metodo con cui, finora, è stata studiata la fisica dello spettro del Sole. In particolare, per spiegare gli elementi chimici osservati nello spettro, gli astrofisici hanno dovuto accettare il compromesso di fare delle approssimazioni sui processi fisici e le condizioni di equilibrio termodinamico all’interno della stella. La questione, però, si è mostrata in tutta la sua problematicità nel momento in cui gli scienziati hanno confrontato la visione della struttura solare derivata mediante la tecnica di cui sopra – basata quindi sugli spettri osservati e le assunzioni fisiche su come essi venissero generati – con quanto emergeva dagli studi di eliosismologia, la scienza che studia la propagazione delle onde all’interno del Sole: l’hanno chiamata “crisi delle abbondanze”, in riferimento al disaccordo fra la quantità di elementi chimici leggeri e pesanti prevista e misurata sul Sole. Una prima soluzione arriva ora dal Max Planck for Astronomy di Heidelberg, in Germania, ed è stata recentemente pubblicata in Astronomy & Astrophysics.
Cominciamo dallo spettro solare. Come per le altre stelle, quello che riceviamo dal Sole è uno spettro d’assorbimento: significa che l’emissione della radiazione solare a diverse energie (o lunghezze d’onda) presenta delle righe scure, come dei “buchi”, in corrispondenza di precisi elementi chimici presenti nell’atmosfera solare. La forza di queste “righe di assorbimento” ha una relazione precisa con la temperatura stellare e la composizione chimica, e costituisce la base per i modelli fisici che spiegano la struttura delle stelle.
La composizione chimica dell’atmosfera solare di riferimento – quella su cui si basa il modello standard dell’evoluzione solare – è stata pubblicata nel 2009, ma utilizzarla per ricostruire la struttura interna del Sole produce risultati in contraddizione con altre misurazioni: i dati eliosismici, per l’appunto. Si tratta di misurazioni che tracciano in modo molto preciso le minuscole oscillazioni del Sole nel suo complesso – il modo in cui il Sole si espande e si contrae ritmicamente secondo schemi caratteristici, su scale temporali comprese tra i secondi e le ore. Proprio come le onde sismiche forniscono ai geologi informazioni cruciali sull’interno della Terra, l’eliosismologia fornisce informazioni sull’interno del Sole. Secondo l’eliosismologia, la regione convettiva all’interno del Sole – in cui la materia sale e scende come l’acqua in una pentola in ebollizione – dovrebbe essere notevolmente più estesa di quanto previsto dal modello standard. Anche la velocità delle onde sonore in prossimità del fondo di questa regione è diversa rispetto alle previsioni del modello standard, così come la quantità complessiva di elio nel Sole. E, come se non bastasse, anche alcune misurazioni dei neutrini solari – particelle elementari che arrivano direttamente dalle regioni nucleari del Sole – sono leggermente diverse rispetto ai dati sperimentali. Tutto questo si riassume nel problema della “crisi delle abbondanze solari” a cui accennavamo sopra, e finora non era stata trovata alcuna soluzione.
La chiave, per gli autori di questo studio, è stata ripensare alla relazione fisica fra abbondanze chimiche e righe spettrali, finora basata su una serie di ipotesi di equilibrio termodinamico raggiunto nei diversi strati che compongono la stella. Per farlo, sono stati considerati tutti gli elementi chimici rilevanti per gli attuali modelli di evoluzione delle stelle nel tempo e sono stati applicati più metodi indipendenti per descrivere le interazioni tra gli atomi del Sole e il suo campo di radiazioni. I nuovi calcoli hanno mostrato che la relazione tra le abbondanze di questi elementi chimici cruciali e la forza delle linee spettrali corrispondenti era significativamente diversa da quanto sostenuto dagli autori precedenti. Di conseguenza, le abbondanze chimiche che derivano dallo spettro solare osservato sono leggermente diverse da quelle indicate nelle analisi precedenti.
«Abbiamo scoperto che, secondo la nostra analisi, il Sole contiene il 26 per cento in più di elementi più pesanti dell’elio rispetto a quanto dedotto da studi precedenti», spiega Ekaterina Magg, dottoranda al Max Plank Insitute for Astronomy a Heidelberg, in Germania, e prima autrice dello studio. In astronomia, gli elementi chimici più pesanti dell’elio sono chiamati “metalli”, e per quanto riguarda la fotosfera del Sole la loro abbondanza è stimata attorno al due per cento. «Il valore dell’abbondanza di ossigeno è quasi del 15 per cento più alto rispetto agli studi precedenti». Incremento che riguarda anche altri elementi, come neon e silicio. Le nuove stime comunque, precisano gli autori, sono in buon accordo con la composizione chimica dei meteoriti primitivi, che si pensa rappresentino l’ambiente in cui si è formato il Sistema solare.
Quando questi nuovi valori vengono utilizzati come input per gli attuali modelli di struttura ed evoluzione solare, la sconcertante discrepanza tra i risultati di tali modelli e le misure eliosismiche scompare. In altre parole, l’analisi condotta da Magg e collaboratori sulle modalità di produzione delle linee spettrali, che si basa su modelli notevolmente più completi della fisica sottostante, riesce a risolvere la crisi dell’abbondanza solare. I nuovi modelli solari che ne derivano sono coerenti con tutte le informazioni che abbiamo sulla struttura del Sole – dalla misurazione delle onde sonore, ai neutrini, alla sua luminosità e raggio – senza la necessità di ricorrere a soluzioni fisiche esotiche.
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Observational constraints on the origin of the elements. IV: The standard composition of the Sun”, di Ekaterina Magg, Maria Bergemann, Aldo Serenelli, Manuel Bautista, Bertrand Plez, Ulrike Heiter, Jeffrey M. Gerber, Hans-Günter Ludwig, Sarbani Basu, Jason W. Ferguson, Helena Carvajal Gallego, Sébastien Gamrath, Patrick Palmeri e Pascal Quinet
Correzione del 6.6.2022: la metallicità fotosferica del Sole, diversamente da quanto precedentemente indicato nella news, è attorno al due per cento (gli autori del paper stimano un valore di Z/X = 0.0225).