Dopo due anni di attesa, Elia Ceci – vincitore del concorso NameExoWorlds con il quale l’Unione astronomica internazionale (Iau) ha invitato a dare un nome a 110 pianeti extrasolari e alle loro stelle madri – ha finalmente potuto ricevere il suo premio: un viaggio alle Canarie con destinazione il più grande telescopio completamente italiano, il Telescopio Nazionale Galileo (Tng) ubicato sull’isola di La Palma.
Nel 2019, l’Iau colse l’occasione del proprio 100° anniversario per offrire la possibilità a tutti i paesi del mondo di dare un nome a un sistema planetario composto da un esopianeta e dalla sua stella. Al concorso parteciparono quasi 800mila persone in tutto il mondo proponendo nomi per questi sistemi planetari lontani.
La proposta vincente per il sistema planetario toccato all’Italia – Hd 102195, costituito da un pianeta gigante e dalla sua stella – è stata quella di Elia Ceci, allora studente liceale di Cupramontana, in provincia di Ancona.
I nomi assegnati da Elia alla stella e al suo pianeta, Flegetonte e Lete, fanno riferimento a fiumi e divinità infernali, ripresi poi nella Divina Commedia di Dante, come ci racconta il giovane autore della proposta vincente. Alla stella è stato assegnato il nome di Flegetonte, il fiume di fuoco, in quanto nell’immaginario comune le stelle vengono assimilate a grandi palle di fuoco, mentre Lete è il nome scelto per il pianeta e corrispondente al fiume dell’oblio composto da nebbie, per ricordare la composizione gassosa di quest’ultimo.
Il pianeta Lete è infatti un gigante gassoso, con una massa circa pari alla metà di quella di Giove. Orbita in meno di quattro giorni attorno a una stella poco più piccola del Sole, a una distanza di circa 95 anni luce dalla Terra. È stato scoperto con il metodo delle velocità radiali e studiato grazie ai dati del Tng.
E come non offrire al vincitore del concorso un viaggio all’isola di La Palma affinché potesse conoscere in prima persona il telescopio e lo strumento che hanno permesso di studiare il sistema planetario che l’hanno reso vincitore?
Il viaggio doveva avvenire nella primavera 2020 ma il Covid19 ha rimandato il tutto alla primavera di due anni dopo. E così, dopo una serie di vicissitudini, i primi di maggio di quest’anno Elia ha potuto raggiungere l’isola di La Palma e il Tng, dove il direttore Ennio Poretti e lo staff lo hanno accolto e gli hanno dato la possibilità di essere astronomo per due notti e osservare lui stesso, assistito dallo staff del telescopio e dall’astronomo visitor di quelle notti (Francesco Borsa), decine di sistemi planetari lontani dal nostro. Ma sentiamo le impressioni di questa esperienza direttamente da Elia.
Elia, come sei venuto a conoscenza di questo concorso?
«Dedico parte del mio tempo libero a leggere libri e articoli online riguardanti l’astronomia, cosicché nell’estate del 2019 mi sono imbattuto in un articolo di Media Inaf in cui veniva proposto il concorso NameExoWorlds. Mi sono subito esaltato all’idea di poter assegnare un nome a un sistema planetario che fino a quel momento era conosciuto esclusivamente tramite una dicitura di numeri e lettere. Così ho cominciato a cercare delle possibili denominazioni che rappresentassero l’Italia e al tempo stesso ricordassero le caratteristiche della nana arancione e del suo gioviano. Ho pensato a diverse coppie di nomi ma poi ho deciso di inviare “Flegetonte e Lete” proprio per continuare la tradizione millenaria di assegnare agli oggetti celesti una denominazione mitologica».
Cosa hai provato quando hai saputo che tra i premi era previsto un viaggio al Telescopio Nazionale Galileo e come ti sei sentito quando finalmente, dopo due anni di attesa, sei stato contattato dal direttore del telescopio Ennio Poretti per organizzare il viaggio a La Palma?
«Sicuramente l’idea di poter vincere un’esperienza al Telescopio Nazionale Galileo ha contribuito a impegnarmi ancora di più nel pensare a una coppia di nomi che potesse risultare quella perfetta. Dopo alcuni mesi dall’invio della proposta sono stato contattato da Caterina Boccato che mi comunicava di essere il vincitore del concorso, inutile dire che ero al settimo cielo. Purtroppo si è dovuto rimandare la partenza per diverse volte, fino a quando ho ricevuto una mail dal direttore Poretti per poter organizzare questo viaggio che aspettavo da molto tempo. Finalmente il mio sogno di assistere al lavoro di un astronomo nel più importante telescopio italiano stava diventando realtà».
Ti va di raccontarci la tua esperienza di astronomo al Telescopio Nazionale Galileo?
«Avevo aspettative altissime per questo viaggio verso La Palma e tutto ciò che ho visitato le ha soddisfatte a pieno. I primi giorni sono stato accompagnato dal direttore Poretti negli uffici della Fundacion Galileo Galilei nei quali ogni componente dello staff lavora per permettere al telescopio di funzionare al meglio. Durante la mia permanenza ho avuto anche modo di esplorare i luoghi più famosi dell’isola come la città di Tazacorte e le saline di Fuencaliente prima di salire in quota dove ho passato due giorni tra i telescopi di varie nazionalità».
Quale è stata la cosa che ti ha sorpreso di più quando sei arrivato all’Osservatorio? E cosa ti ha colpito del telescopio una volta entrato in cupola?
«Sicuramente una volta arrivato al Roque de los Muchachos sono rimasto estasiato dal paesaggio che si proponeva davanti ai miei occhi, mi sono sentito circondato dall’oceano atlantico a 360 gradi sulla cresta di una caldera. Una volta arrivato al Telescopio Nazionale Galileo sono salito in cupola e ho potuto osservare da vicino sia gli specchi sia l’apparato di pistoni utilizzati per l’ottica attiva. Ciò che mi ha colpito di più, appena entrato in cupola, è il sistema che permette di mantenere per tutta la giornata la temperatura registrata la notte precedente, così da evitare che gli specchi subiscano uno sbalzo termico una volta riaperto il telescopio di notte».
Qual è la vita di un astronomo sulla montagna?
«Nel tardo pomeriggio si deve calibrare il telescopio, per poi cenare ed eventualmente riposarsi prima che il sole scenda sotto l’orizzonte. Quando è sufficientemente buio abbiamo aperto la cupola e cominciato ad osservare le prime stelle della serata, con lo scopo di registrarne le loro velocità radiali. Si continua per tutta la notte puntando gli astri uno per volta, facendo sempre attenzione alle condizioni variabili del meteo e alla presenza in atmosfera della polvere del deserto (calima). Controllando costantemente il seeing, si decide se dare precedenza a stelle più brillanti o a quelle meno luminose; per questo motivo bisogna sempre essere pronti a cambiare i programmi di esecuzione. Quando ci si avvicina al sorgere del sole e le stelle cominciano ad affievolirsi si può ritenere conclusa la sessione notturna e si ritorna alla residencia per riposare».
Elia oggi è studente di astronomia all’Università di Bologna e noi gli auguriamo, come si dice tra astronomi, notti serene al telescopio… e perché no, magari proprio al Tng.