Quante sono le pareidolie di Marte? Quelle raccolte nell’ultimo mese, almeno tre: un occhio, una porta, e infine due fulmini pietrificati – uno dei quali molto simile, con un po’ di fantasia, a un cobra che si erge prima di un attacco. Per la prima i crediti vanno alla sonda Mars Express, mentre per le altre due al rover Curiosity e, in particolare, alla sua camera Mastcam.
L’occhio
È un cratere senza nome di 30 km di larghezza e immerso in una miriade di canali tortuosi. Questi canali, che ricordano le vene che attraversano il bulbo oculare umano, hanno probabilmente trasportato acqua liquida sulla superficie di Marte circa 3,5-4 miliardi di anni fa. Sembrano essere in parte riempiti di materiale scuro e, in alcuni punti, sembrano effettivamente sollevati rispetto al terreno circostante. Forse i sedimenti resistenti all’erosione si sono depositati sul fondo dei canali quando l’acqua li ha attraversati. O forse i canali sono stati riempiti di lava successivamente, quando l’acqua già non c’era più. Anche all’interno del cratere c’è una regione più scura, un campo di dune che poggia su una superficie più chiara. Il cratere è pieno di colline e formazioni coniche. I colori rivelati dalla sonda Mars Express sono il segno evidente della coesistenza di materiali molto diversi fra loro che si sono accumulati all’interno del cratere.
La porta aperta
Il 7 maggio 2022 la camera a bordo del rover Curiosity ha fatto un collage di 114 immagini di una parete di roccia chiamata “East Cliff” sul Monte Sharp. Qui, fra le fratture naturali, una porta delle dimensioni di 30×40 cm, perfettamente rettangolare al punto da sembrare fatta apposta. Apposta per le dimensioni di un cane, al massimo. Non è nient’altro, comunque, che una fessura verticale sulla parete. Nello stesso affioramento, hanno puntualizzato gli scienziati, ce ne sarebbero diverse che si intersecano.
Fulmini di roccia
Otto giorni dopo, il 15 maggio 2022, la stessa Mastcam che aveva visto la porta ha immortalato questi due pennacchi. A vederli così, senza riferimenti, potrebbero sembrare delle conformazioni molto alte, ma in verità una visione più ampia dell’ambiente circostante suggerisce il contrario. Quale sia la loro natura, comunque, è oggetto di indagine.
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Le ipotesi più probabili, secondo gli esperti del Seti, sono due. La prima è che essi siano l’anima di una roccia sedimentaria costituita di materiale più morbido e friabile che nel corso del tempo è stato completamente eroso, lasciando solo lo scalpo di un altro materiale che si era infiltrato nel tempo attraverso i fori. La seconda, un po’ più eclettica, è che esse siano l’analogo marziano delle folgoriti terrestri: conformazioni di sabbia che si vetrificano in seguito alla scarica di un fulmine. Si tratta di conformazioni che possono essere anche di dimensioni notevoli, ma sono fragili e durano poco nel tempo. Per questo la seconda ipotesi è anche la più improbabile: su Marte non si verificano fenomeni atmosferici tanto potenti di frequente e, oltretutto, la datazione dei sedimenti della regione si aggira intorno ai 3,5-3,7 miliardi di anni.