La missione Double Asteroid Redirection Test (Dart) della Nasa rappresenta il primo test di difesa planetaria al mondo contro potenziali impatti di asteroidi sulla Terra. In un nuovo studio pubblicato su The Planetary Science Journal, i ricercatori dell’Università di Berna e del National Centre of Competence in Research (Nccr) PlanetS mostrano che, invece di lasciare un cratere relativamente piccolo, l’impatto di Dart sul suo bersaglio potrebbe rendere l’asteroide quasi irriconoscibile.
66 milioni di anni fa, l’impatto di un gigantesco asteroide sulla Terra probabilmente causò l’estinzione dei dinosauri. Attualmente, nessun asteroide noto rappresenta una minaccia immediata. Ma se un giorno dovesse essere scoperto un grande asteroide in rotta di collisione con la Terra, potrebbe dover essere deviato dalla sua traiettoria per prevenire conseguenze catastrofiche.
L’obiettivo di Dart, lanciato lo scorso novembre, è proprio quello di entrare in collisione con un asteroide e di deviarlo dalla sua orbita, al fine di fornire preziose informazioni per lo sviluppo di un tale sistema di difesa planetaria. A seguire e registrare le fasi prima, durante e dopo l’impatto ci sarà LiciaCube, un nanosatellite sganciato dalla stessa sonda Dart. I risultati della simulazione dell’impatto riportati nello studio, ottenuti con un nuovo metodo, indicano che l’impatto potrebbe deformare il suo bersaglio molto più del previsto.
«Contrariamente a quanto si potrebbe pensare quando si immagina un asteroide, prove dirette da missioni spaziali come Hayabusa2 dell’Agenzia spaziale giapponese (Jaxa) dimostrano che l’asteroide può avere una struttura interna molto lasca, simile a un mucchio di macerie, tenuta insieme da interazioni gravitazionali e deboli forze coesive», afferma la prima autrice Sabina Raducan. Le precedenti simulazioni dell’impatto della missione Dart presupponevano per lo più un interno molto più solido del suo bersaglio Dimorphos. «Questo potrebbe cambiare drasticamente l’esito della collisione di Dart e Dimorphos, che dovrebbe aver luogo nel prossimo settembre», sottolinea la Raducan. Invece di lasciare un cratere relativamente piccolo sull’asteroide largo 160 metri, l’impatto di Dart a una velocità di circa 24mila chilometri orari potrebbe deformare completamente Dimorphos. L’asteroide potrebbe anche essere deviato molto di più e quantità maggiori di materiale potrebbero essere espulse dall’impatto, rispetto a quanto previsto dalle stime precedenti.
«Uno dei motivi per cui questo scenario di una struttura interna lasca non è stato finora studiato a fondo è che i metodi necessari per farlo non erano disponibili», spiega la Raducan. «Tali condizioni di impatto non possono essere ricreate in esperimenti di laboratorio e il processo relativamente lungo e complesso di formazione dei crateri a seguito di un tale impatto – una questione di ore nel caso di Dart – ha reso impossibile simulare realisticamente questi processi da impatto fino a ora».
«Con il nostro nuovo approccio di modellazione, che tiene conto della propagazione delle onde d’urto, della compattazione e del successivo flusso di materiale, siamo stati in grado per la prima volta di modellare l’intero processo di craterizzazione risultante dagli impatti su piccoli asteroidi come Dimorphos», riferisce l’autrice, premiata per questo risultato dall’Esa in un workshop sulla missione di follow-up di Dart, Hera, tenutosi a Nizza.
Nell’ambito della missione Hera, infatti, nel 2024 l’Agenzia spaziale europea (Esa) invierà una sonda spaziale su Dimorphos, il cui obiettivo è indagare visivamente le conseguenze dell’impatto della sonda Dart. «Per ottenere il massimo dalla missione Hera, dobbiamo avere una buona comprensione dei potenziali risultati dell’impatto di Dart», afferma il coautore dello studio Martin Jutzi. «Il nostro lavoro sulle simulazioni dell’impatto aggiunge un importante potenziale scenario che ci richiede di ampliare le nostre aspettative al riguardo. Questo non è rilevante solo nel contesto della difesa planetaria, ma aggiunge anche un tassello importante al puzzle della nostra comprensione degli asteroidi in generale», conclude Jutzi.
Per saperne di più:
- Leggi su The Planetary Science Journal l’articolo “Global-scale Reshaping and Resurfacing of Asteroids by Small-scale Impacts, with Applications to the DART and Hera Missions” di Sabina D. Raducan e Martin Jutzi