Le collapsar (abbreviazione di collapsed star, o stella collassata) sono vecchie stelle massicce – tipicamente 30 volte o più la massa del Sole – in rapida rotazione che, giunte ormai a fine vita, collassano sotto la loro stessa gravità, dando vita ad un buco nero rotante.
Il gemito di questo buco nero stellare neonato, chiamato dagli addetti ai lavori buco nero di Kerr, è un getto relativistico generato dal gas stellare che cade al suo interno: un’emissione bipolare e collimata di materia che può attraversare gli strati esterni residui della stella morente e sfuggire da essa, accelerando a velocità prossime a quella della luce e generando i fenomeni transienti conosciuti col nome di lampi di raggi gamma lunghi (gamma-ray bursts, Grb): le esplosioni più luminose ed energetiche dell’universo.
Utilizzando i supercomputer dell’Oak Ridge Leadership Computing Facility (Olcf) in Tennessee, Stati Uniti, un team di ricercatori guidato dalla Northwestern University ha prodotto la prima simulazione in 3D dell’intera evoluzione di questi getti di materia, dalla loro nascita vicino al buco nero, prodotto dal collasso del nucleo stellare, fino all’emissione dei Grb dopo che i getti sono sfuggiti dalla fotosfera stella collassata.
«I getti sono gli eventi più potenti dell’universo» sottolinea Ore Gottlieb, astrofisico della Northwestern University e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal Letters che riporta i risultati delle simulazioni. «Studi precedenti hanno cercato di capire come funzionano questi getti, ma erano limitati dalla potenza di calcolo dei computer e dovevano includere molte ipotesi», aggiunge il ricercatore. «Noi siamo stati in grado di modellare l’intera evoluzione del getto senza assumere nulla sulla struttura, dalla sua nascita nel buco nero fino al sito di emissione, e abbiamo trovato processi che erano stati trascurati in studi precedenti».
Tutti i precedenti lavori hanno trovato che il getto bipolare di materia espulso da un buco nero rotante si propagava lungo un solo asse e che esso non deviava mai da quella traiettoria. Le simulazioni del team, che hanno preso in considerazione sia l’iniziale collasso del nucleo stellare nel buco nero, sia il successivo collasso degli involucri esterni nel suo disco di accrescimento, hanno mostrato invece qualcosa di diverso, ovvero che il getto oscilla in più direzioni.
Quando il nucleo della stella collassa in un buco nero, il materiale di questa stella cade sul disco di gas magnetizzato che ruota attorno al buco nero, spiegano i ricercatori. Il materiale in caduta fa inclinare il disco, che a sua volta inclina il getto. Quest’ultimo, nel tentativo di riallinearsi con la sua traiettoria originale, traballa. Questa oscillazione, secondo i ricercatori, fornisce una nuova spiegazione del motivo per cui i Grb lampeggiano: quando durante l’oscillazione l’emissione punta lontano dalla nostra linea di vista, i telescopi semplicemente non possono osservarli.
«Il getto genera un Grb quando raggiunge circa 30 volte la dimensione della stella, o un milione di volte la dimensione del buco nero», sottolinea Gottlieb. «In altre parole, se il buco nero avesse le dimensioni di un pallone da spiaggia, prima di poter produrre un Grb il getto dovrebbe espandersi fino a raggiungere la dimensione della Francia».
«Le emissioni dei Grb sono sempre irregolari», continua Gottlieb. «Vediamo picchi di emissione e poi un periodo di riposo che dura per alcuni secondi o più. L’intera durata di un Grb è di circa un minuto, quindi questi tempi di quiescenza sono una frazione non trascurabile della durata totale. I modelli precedenti non erano in grado di spiegare a cosa fossero dovuti questi tempi di riposo. L’oscillazione dà una spiegazione a questo fenomeno: osserviamo il getto solo quando esso punta verso di noi. Quando invece oscilla puntando lontano da noi, non possiamo vederne l’emissione. Questo fa parte della teoria della relatività di Einstein».
Oltre che dar conto del lampeggiamento, l’oscillazione del getto fornisce anche nuove informazioni sulla effettiva osservabilità e sulla natura dei Grb. Sebbene studi precedenti stimino che circa l’1 per cento delle collapsar produca Grb, i ricercatori ritengono che i lampi gamma siano in realtà molto più rari. Se i getti fossero costretti a muoversi lungo un solo asse, osservano i ricercatori, essi coprirebbero solo una sottile fetta di cielo, limitando la probabilità di osservarli, ma la loro natura oscillante aumenta la probabilità di individuarli di un fattore 10. Questo significa che vengono osservati 10 volte meno Grb di quanto si pensasse in precedenza.
«Osserviamo i Grb nel cielo con una certa frequenza e vogliamo conoscere il loro vero tasso nell’universo», dice Gottlieb. «I tassi osservati e reali sono diversi perché possiamo vedere solo i Grb che puntano verso di noi. Ciò significa che al fine di dedurre il tasso reale di Grb, dobbiamo fare delle assunzioni sull’angolo che questi getti coprono nel cielo. La domanda che ci poniamo è: quale frazione di Grb ci manca? L’oscillazione aumenta il numero di Grb rilevabili, quindi la correzione dalla frequenza osservata a quella reale è minore. Se osserviamo meno Grb, allora ci sono meno Grb nel cielo».
Se così fosse, aggiungono i ricercatori, le spiegazioni potrebbero essere due: o la maggior parte dei getti non viene emessa oppure non riescono a scappare dalla stella collassata per produrre un Grb, rimanendo sepolti al suo interno.
Le nuove simulazioni hanno anche rivelato che parte dell’energia magnetica nei getti viene convertita in energia termica. Ciò implica che il getto abbia una duplice composizione energetica, in parte magnetica e in parte termica, e che entrambe le componenti siano coinvolte nella produzione di Grb.
«Lo studio dei getti ci consente di ‘vedere’ cosa accade nelle profondità di una stella mentre collassa», conclude Gottlieb. «Capire cosa succede in una collapsar è difficile perché la luce non può sfuggire dalla stella. Ma dall’emissione del getto possiamo conoscere la sua storia e le informazioni che esso trasporta dei sistemi che lo lanciano».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Black Hole to Photosphere: 3D GRMHD Simulations of Collapsars Reveal Wobbling and Hybrid Composition Jets” di Ore Gottlieb, Matthew Liska, Alexander Tchekhovskoy, Omer Bromberg, Aretaios Lalakos, Dimitrios Giannios e Philipp Mösta
Guarda il video sul canale YouTube della Northwestern University: