ESISTONO ASTEROIDI ALL’INTERNO DELL’ORBITA DI MERCURIO?

Immersi nel bagliore del Sole

Survey telescopiche fatte al crepuscolo hanno permesso di scoprire diversi asteroidi in orbita stretta attorno al Sole, ma quasi invisibili perché – come i pianeti interni Venere e Mercurio – non si allontanano mai angolarmente molto dalla nostra stella. Hanno origine nelle regioni più interne del Sistema solare gli ultimi Neo di grande diametro che mancano all'appello? Potrebbero avere origine anche dalla ipotetica fascia dei Vulcanoidi? Facciamo il punto della situazione

     22/07/2022

Le classi degli asteroidi in funzione del tipo di orbita. Crediti: N. Cary/Science

Globalmente la popolazione eterogenea dei Near-Earth Object (Neo) rappresenta un potenziale rischio impatto per il nostro pianeta, come ha dimostrato il lavoro pionieristico di Alvarez del 1980 riguardante l’estinzione dei dinosauri. Per minimizzare il rischio si cerca di scoprirne il maggior numero per determinarne le orbite eliocentriche e poter così stimare la probabilità d’impatto con la Terra per gli anni a venire. Tipicamente i Nea – la componente asteroidale dei Neo – hanno origine nella Main Belt, ossia la Fascia principale degli asteroidi, che si trova fra le orbite di Marte e Giove. Gli asteroidi più piccoli ivi presenti (con diametro minore di circa 40 km), vengono espulsi verso il Sistema solare interno a causa sia dell’effetto Yarkowsky, sia delle risonanze di moto medio con Giove, in particolare la 3:1. Questo spiega come mai la popolazione dei Nea si mantenga costante, nonostante le collisioni con i pianeti e le cadute sul Sole: la Main Belt funziona come una specie di “serbatoio” in grado di reintegrare le perdite. A seconda del tipo di orbita caotica che un Nea percorre può essere incluso in varie classi.

A partire dai più distanti dal Sole i primi sono gli Amor, che si avvicinano alla Terra al di sotto delle 0,3 au (unità astronomiche) ma non attraversano l’orbita terrestre. Gli Apollo invece attraversano l’orbita terrestre ma hanno semiassi maggiori più grandi di quello della Terra. Anche gli Aten attraversano l’orbita terrestre, ma hanno semiassi maggiori inferiori a quello terrestre. Infine ci sono gli Atira, che hanno l’afelio più piccolo del perielio della Terra, quindi si muovono sempre all’interno dell’orbita terrestre, e i Vatira, che hanno orbite completamente interne a quella di Venere. Chiaramente i Vatira sono un sottoinsieme degli Atira.

Il capostipite che da il nome alla classe degli Atira è (163693) Atira, un asteroide binario di 5 km di diametro scoperto nel 2003, mentre per i Vatira il primo di questa nuova classe è stato (594913) ꞌAylóꞌchaxnim, un oggetto del diametro di circa 1,5 km scoperto il 4 gennaio 2020 dalla Zwicky Transient Facility. La scoperta di questa tipologia di asteroidi è difficile, perché sono osservabili solo a basse distanze angolari dal Sole, essendo visibili solo subito dopo il tramonto o poco prima del sorgere della nostra stella, quando il cielo è ancora chiaro e i telescopi sono poco efficienti: per questo motivo di Atira ne sono noti solo poco più di 50. Un esempio famoso di asteroide Atira, scoperto il 13 agosto 2021, è 2021 PH27 che, al momento, detiene il record dell’asteroide con il più breve periodo orbitale conosciuto: solo 114,5 giorni per compiere un intero giro attorno al Sole. Per Venere 2021 PH27 potrebbe essere l’equivalente di Phaeton per la Terra. Alcuni Atira e Vatira però potrebbero avere un’altra regione di origine diversa dalla Main Belt. In effetti potrebbe esistere una fascia asteroidale con orbite completamente interne a quella di Mercurio. Gli asteroidi di questa ipotetica fascia hanno già un nome: Vulcanoidi, in onore dell’ipotetico pianeta Vulcano teorizzato dallo scopritore a tavolino del pianeta Nettuno, il grande astronomo e matematico francese Le Verrier. Le orbite dei Vulcanoidi potrebbero essere stabili su tempi scala di miliardi di anni e nulla osta alla formazione direttamente in loco: in fondo sono stati trovati molti esopianeti che sono più vicini alle loro stelle del nostro pianeta Mercurio. I Vulcanoidi potrebbero anche avere origine dalla popolazione classica dei Neo proveniente dalla Main Belt, ma questo sarebbe l’eccezione, non la regola. Esistono davvero i Vulcanoidi? Non lo sappiamo, in ogni caso le osservazioni dell’ambiente circumsolare da parte di sonde spaziali come la Soho tenderebbero a escludere la presenza di asteroidi più grandi di circa 5 km di diametro.

Attualmente è stato scoperto circa il 90- 95 per cento dei così detti “planet-killer“, ossia i Neo con un diametro pari o maggiore di 1 km, in grado di causare – nel caso di una collisione con la Terra – un’estinzione di massa. Per quanto riguarda invece i Neo “city-killer“, ossia quelli più grandi di 140 metri, siamo al 40-50 per cento delle scoperte. Gli ultimi Neo di 1 km di diametro probabilmente hanno orbite vicine al Sole o con elevate inclinazioni orbitali sull’eclittica, e questo li rende difficili da scoprire per survey asteroidali come Catalina e Pan-Starrs che, per lo più, spazzano le regioni di cielo in prossimità dell’eclittica e in piena notte. Il già citato asteroide 2021 PH27 è stato scoperto da Scott Sheppard della Carnegie Institution of Science durante il crepuscolo del 13 agosto 2021 usando la Dark Energy Camera (DeCam) collegata al Víctor M. Blanco Telescope di 4 metri di apertura a F/2,94 del Cerro Tololo Observatory, La Serena (Cile). La DeCam si è rivelata uno strumento eccezionale perché coniuga un telescopio di grande diametro con un generoso campo di vista (2,2 gradi di diametro). Queste continue indagini crepuscolari stanno finalmente scoprendo la popolazione di piccoli asteroidi vicino all’orbita di Venere: a quando la scoperta del primo Vulcanoide? Per chi volesse approfondire consigliamo la lettura del bell’articolo di review scritto dallo stesso Sheppard pubblicato sulla rivista Science il 21 luglio 2022.

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