Il suo passaggio ci aveva tenuto con il naso all’insù per quasi tutta l’estate del 2020, inaspettatamente luminosa fino ad agosto e visibile a occhio nudo per la gioia di astrofili e appassionati, ma anche degli astronomi che ne hanno potuto studiare la composizione. Stiamo parlando di C/2020 F3 (Neowise), la cometa più brillante degli ultimi 25 anni (l’ultima è stata la cometa Hale-Bopp nel 1997), venuta a farci visita dalla culla delle comete, la nube di Oort, dopo aver percorso miliardi di chilometri.
Scoperta il 27 marzo 2020 – dunque in piena emergenza Covid – dal telescopio spaziale Neowise della Nasa, la cometa era inizialmente osservabile solo nei cieli australi. Il 3 luglio successivo raggiunse il perielio, il punto della sua orbita (attualmente stimata attorno ai settemila anni) più vicino al Sole – circa 44 milioni di km, divenendo visibile nei nostri cieli.
Dal 6 al 10 luglio 2020 la cometa era osservabile in tutto il suo splendore già prima dell’alba, bassa sull’orizzonte di nord-est. L’8 luglio ad attendere la sua entrata in scena nel palco del cielo stellato c’era Paolo Girotti, fisico con la passione per l’astrofotografia, alzatosi per l’occasione al crepuscolo. Una levataccia. Ma ne è valsa la pena: dopo qualche ora di attesa la cometa fa la sua comparsa e la immortala. Click! Premuto il pulsante di scatto, la luce attraversa l’obiettivo e colpisce il sensore fissandosi in 240 immagini che tra nubi nottilucenti, barche coccolate dalle acque del limpido Mare Adriatico e scorci della Croazia all’orizzonte, mostrano la cometa sorgere nel cielo. Scatti con cui l’autore ha realizzato il timelapse che vedete in basso, valso la pubblicazione sull’archivio fotografico Apod della Nasa come l’immagine astronomica del giorno – astronomy picture of the day – del 13 luglio di quell’anno e ora riproposta come Apod di martedì scorso, 26 luglio. All’epoca non lo abbiamo intervistato, ne approfittiamo per farlo adesso.
Classe 1994, nato a Cattolica ma cresciuto a Riccione, Girotti ha scoperto l’amore per la fisica durante gli anni del liceo. Ha continuato il percorso di studi conseguendo una laurea in fisica e la specializzazione in fisica nucleare e subnucleare a Bologna. Attualmente a Pisa, dove sta per concludere un dottorato in fisica delle particelle, dal 2017 collabora con il team dell’esperimento Muon g-2 al Fermilab, laboratorio di ricerca dedicato allo studio della fisica delle particelle elementari situato a Batavia, a una cinquantina di km a ovest di Chicago (Usa). Programmazione, trekking, pianoforte e videogiochi sono la sua grande passione, oltre, naturalmente, all’astrofotografia. Per tutti su Instagram è AstroGyres. Ha scattato altre foto della cometa il 20 luglio 2020, nei pressi delle grotte di Onferno, a Gemmano (RN) e il 13 luglio 2020 a San Marino. Quest’ultima ricondivisa dalle pagine social dell’Esa.
Girotti, come andò quella mattina dell’8 luglio del 2020? Ci racconti tutti i particolari, dai preparativi all’arrivo sul posto per il “book fotografico”.
«Mi ricordo di aver saputo del passaggio di questa cometa pochi giorni prima, il 5 luglio. La cometa stava già perdendo luminosità velocemente e durante le mattine del 6 e 7 luglio avevo degli esami di dottorato, per cui ho dovuto puntare tutto sull’8 luglio. Praticavo astrofotografia già da un paio di anni, e non potevo perdermi un evento del genere! La sera a letto presto, con un po’ di trepidazione, e la mattina la sveglia ha suonato alle 2:50 di notte. Le strade erano deserte e l’aria fresca dell’alba era particolarmente frizzante. All’arrivo mi aspettava già il mio amico Luca, e senza indugiare a lungo prepariamo fotocamere e telescopio, in attesa che la cometa sorgesse all’orizzonte».
Cosa ha provato quando l’ha finalmente vista?
«Vederla sorgere è stato molto emozionante, anche perché era la prima volta che vedevo una cometa a occhio nudo. Man mano che si alzava, superando la foschia dell’orizzonte, diventava sempre più luminosa, fino a che non ci siamo resi conto che qualcos’altro stava accadendo: enormi nubi nottilucenti ondeggiavano imponenti e colorate, illuminate dal Sole ancora molto sotto l’orizzonte. Quindi, due prime volte nella stessa mattina, ero contentissimo: la levataccia era valsa la pena. Quando osservo fenomeni astronomici mi piace sempre pensare e immaginare le distanze in gioco. Il mare a pochi metri, le nubi a 100 km, la cometa a 150 milioni di km, le stelle a decine di anni luce. Mi aiuta a mettere le cose nella giusta prospettiva e a ridimensionare i piccoli problemi che abbiamo nella vita di tutti i giorni».
E quando ha visto il suo video per la prima volta sul sito Apod, invece?
«La mattina stessa elaborai le foto e il video, e decisi di fare il tentativo di inviarlo alla redazione dell’Apod. Pochi giorni dopo mi mandarono la conferma della pubblicazione, e io fui ovviamente contentissimo. Il sito è estremamente popolare, e vedere il mio video pubblicato fu una grande soddisfazione. A mia sorpresa la ripubblicazione del 26 luglio di quest’anno mi ha incoraggiato a riprendere il telescopio e a dedicare più tempo a questo hobby meraviglioso».
Qual è il luogo esatto dal quale ha scattato le foto?
«Si tratta di un piccolo prato chiamato comunemente “Tetto del mondo”, nel Parco del Monte San Bartolo, in provincia di Pesaro e Urbino. È un luogo solitamente frequentato da coppie che vogliono passare una serata romantica sotto le stelle, ma spesso ospita qualche astrofilo in fuga dalle luci delle città. Da un lato è visibile tutta la Riviera romagnola a perdita d’occhio, mentre, volgendo lo sguardo verso Est, il mare Adriatico si propone in tutta la sua grandezza, 200 metri sotto i piedi».
Adesso passiamo ai dettagli tecnici…
«Il timelapse è composto da circa 240 scatti da 5 secondi ciascuno, con focale 75mm, apertura f5.3 e iso 3200. La fotocamera è una Nikon D3300 con un obbiettivo zoom 18-105, montati su un semplice treppiede e con un intervallometro. La post-produzione è stata effettuata con Photoshop e Pipp. Non si tratta di scatti particolarmente difficili: la natura ha fatto tutto il lavoro».
Passione smisurata per l’astrofotografia, voglia di avventura… Cosa l’ha spinta ad alzarsi così di buon mattino quel giorno?
«Per me l’astrofotografia è un mezzo per esprimere la mia passione per la scienza, l’astronomia e la natura. Vivere un evento astronomico raro, vedere la Via Lattea in un cielo veramente buio, osservare nebulose e galassie al telescopio, sono tutte esperienze emotive che mi portano in forte connessione con la natura delle cose e dell’universo. Purtroppo sono spesso esperienze solitarie, notturne e per cui bisogna spingersi lontano dalle città. L’astrofotografia mi permette di immortalare queste esperienze, riviverle, e di condividerle con quante più persone possibili, oltre ovviamente ad esaltare dettagli e colori irraggiungibili dall’occhio umano. Fare molto tardi la sera, oppure alzarsi prestissimo come in questo caso, non è mai faticoso».
Guarda sul canale YouTube del sito Nasa il timelapse realizzato da Paolo Girotti: