Il 6 ottobre 2008, un asteroide grande all’incirca come un furgone fu avvistato in prossimità della Terra. Diciannove ore dopo, l’impatto con l’atmosfera del nostro pianeta, che ha disintegrato il piccolo corpo celeste, con una detonazione avvenuta 37 chilometri sopra il deserto di Nubia, nel nord del Sudan. Oggi, analizzando le oltre seicento meteoriti rinvenute sul terreno, sorprendentemente sopravvissute al poderoso evento, un gruppo di ricerca internazionale ha scoperto che questi piccoli frammenti di roccia non provengono, come si potrebbe pensare, dal centro dell’asteroide, ma dalla parte opposta alla direzione di caduta.
«La maggior parte dei meteoriti deriva da rocce le cui dimensioni variano da quella di un pompelmo a quella di una piccola auto», afferma Peter Jenniskens, ricercatore presso il Seti Institute e il Nasa Ames Research Center e primo autore del nuovo studio, pubblicato sulla rivista Meteoritics and Planetary Science. «Rocce così grandi non ruotano abbastanza velocemente da diffondere il calore, durante la breve fase di meteora, e adesso abbiamo le prove che la parte posteriore arriva fino al suolo».
L’asteroide, noto come 2008 Tc3, era stato individuato nell’ambito della Catalina Sky Survey, un programma per la ricerca di asteroidi near-Earth, ed è il primo del suo genere ad essere stato scoperto in rotta di collisione con la Terra. Per questo, la sua caduta è stata monitorata per quasi un giorno intero, calcolandone la traiettoria e il punto previsto di arrivo con grande precisione. Il team di Jenniskens, in collaborazione con il professor Muawia Shaddad e i suoi studenti dell’Università di Khartoum, in Sudan, ha ispezionato oltre duecento chilometri quadrati di deserto in cerca di meteoriti, percorrendo sistematicamente decine di chilometri. Centinaia di frammenti dalle dimensioni svariate – «alcuni grandi come un pugno, ma la maggior parte non più grandi di un’unghia», chiarisce Shaddad – sono stati descritti macroscopicamente e geo-referenziati sul posto, consentendo così di ricostruire accuratamente la loro caduta al suolo.
Durante le ricerche, realizzate su una griglia perpendicolare al percorso dell’asteroide, i ricercatori si sono accorti che le meteoriti più grandi erano sparse su un’area maggiore rispetto ai frammenti più piccoli. Questa osservazione, insieme a un modello idrodinamico che descrive l’ingresso di 2008 Tc3 in atmosfera, il suo scioglimento e la rottura finale, suggerisce che l’asteroide abbia creato una scia di “quasi vuoto” nell’atmosfera, facendo sì che i primi frammenti, provenienti dai lati, si spostassero verso la scia, mischiandosi tra loro e precipitando con velocità moderate.
Nella caduta, le meteoriti più piccole sono state decelerate dall’attrito con l’atmosfera, toccando il suolo in prossimità del punto dov’è avvenuta la detonazione: per questo, la maggior parte dei frammenti recuperati è stata rinvenuta lungo una striscia larga appena un chilometro sul percorso dell’asteroide. Le meteoriti più grandi, più difficili da bloccare, si sono invece sparpagliate su un’area più vasta. «L’asteroide si è sciolto sempre di più nella parte anteriore, finché la parte sopravvissuta – nella porzione posteriore e retro-inferiore dell’asteroide – ha raggiunto un punto in cui è improvvisamente collassata, rompendosi in tanti pezzi», spiega il co-autore Darrel Robertson del Nasa Ames Research Center, che ha sviluppato il modello teorico. La diffusione più estesa delle meteoriti più grandi indica che queste hanno avuto origine proprio in questa fase finale di collasso, e i loro luoghi di ritrovamento sul terreno ne riflettono ancora la posizione nella parte posteriore e inferiore dell’asteroide.
«È la prima volta che un asteroide tracciato e studiato nello spazio per circa 19 ore prima del suo ingresso nell’atmosfera terrestre è stato recuperato e studiato. Ed è la prima volta che si segue l’orbita, si misura lo spettro, si osserva la caduta e si recuperano i frammenti di un asteroide composto da una tale eterogeneità di rocce», dice a Media Inaf la geologa Anna Maria Fioretti, primo ricercatore presso l’Istituto di Geoscienze e Georisorse (Igg) del Cnr e co-autrice della ricerca, che ha curato la selezione e il micro-campionamento delle meteoriti più significative provenienti dall’asteroide, conservate presso l’Università di Khartoum, effettuando le prime analisi mirate a ottenerne la caratterizzazione chimica, mineralogica e petrografica presso i laboratori di Igg-Cnr e del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova.
«A differenza di qualsiasi altro sciame di meteoriti finora noto, i frammenti di 2008 Tc3 non appartengono allo stesso tipo di meteorite, come ci si aspetterebbe da un asteroide omogeneo, e mostrano che l’asteroide era costituito da una complessa breccia poligenica, composta cioè da un’ampia varietà di rocce tra loro diverse e provenienti da corpi genitori distinti», prosegue Fioretti. «Circa il 70% dell’asteroide è composto da Ureiliti (acondriti ricche in carbonio sotto forma di grafite e diamante) di tutti i tipi conosciuti e il restante 30% da tipi diversi di Condrite (Enstatite, Ordinaria, Carboniosa e R-condriti). Durante lo studio sono stati inoltre identificati nuovi tipi di meteoriti carboniose, non ancora note tra collezioni di meteoriti in tutto il mondo. La mescolanza di diversi tipi di meteorite nell’asteroide 2008 Tc3 e la sua struttura testimoniano una storia molto complessa di disgregazione e riaggregazione dei corpi asteroidali genitori e anche di migrazione orbitale. Questi dati hanno implicazioni dirette essenziali per la pianificazione di future missioni di campionamento degli asteroidi».
La ricercatrice precisa che il successo della campagna di recupero delle meteoriti provenienti dalla frammentazione di 2008 Tc3 non era garantito: «anzi, vi era un generale scetticismo sulle possibilità di trovare resti di un oggetto visto esplodere per ben due volte durante l’attraversamento dell’atmosfera. Non tutti gli asteroidi raggiungono il suolo: la maggior parte si disintegra e si volatilizza entrando nell’atmosfera terrestre. L’unicità dei risultati ottenuti dallo studio dell’asteroide 2008 Tc3 è fortemente legata alla perseveranza e all’eccellente pianificazione della ricerca guidata dai due principali Co-investigators Peter Jenniskens e Muawia Shaddad».
Questa campagna e le conseguenti analisi hanno permesso, per la prima volta in assoluto, di calcolare la posizione originaria dei frammenti all’interno dell’asteroide e di ricostruire gli effetti del suo ingresso nell’atmosfera, dimostrando che le porzioni localizzate sul lato posteriore degli asteroidi in arrivo hanno una maggiore possibilità di preservarsi e giungere al suolo.
«Il destino di un asteroide che attraversa l’atmosfera terrestre dipende da svariati parametri come dimensioni, composizione, traiettoria, velocità e angolo d’ingresso e molti altri», nota Fioretti. «Questo lavoro ha il merito di calibrarne alcuni verso osservazioni senza precedenti, ben vincolate e raccolte prima, durante e subito dopo la caduta. Fornisce un modello completo che può essere utilizzato come riferimento in future indagini analoghe».
Per saperne di più:
- Leggi su Meteoritics and Planetary Science l’articolo “Bolide fragmentation: What parts of asteroid 2008 TC3 survived to the ground?” di Peter Jenniskens, Darrel Robertson, Cyrena A. Goodrich, Muawia H. Shaddad, Ayman Kudoda, Anna M. Fioretti e Michael E. Zolensky