Sono tre giovani ricercatori all’Inaf di Bologna i vincitori dell’hackathon Hack the Planets, una delle sfide proposte per l’edizione 2022 di Hack the Science. Premio in palio: 300 euro a testa, e tanta soddisfazione. Alla fine la squadra vincitrice è stata proprio la loro: Leonardo Baroncelli, di Bagno a Ripoli (FI), Ambra Di Piano, di Arona (NO) e Antonio Addis, di Sassari – novantatré anni in tre, tutti esperti di intelligenza artificiale, e in particolare di codici di machine learning applicati all’astrofisica.
«È la prima volta che partecipiamo insieme a una competizione», dice Di Piano. «Ai partecipanti sono state proposte tre sfide incentrate su temi aperti dell’astronomia. Noi abbiamo deciso di presentare un progetto che rispondesse a due di queste sfide: la ricerca di crateri su Marte e lo sfruttamento dello spazio latente in tecnologie di intelligenza artificiale».
Riconoscere in modo automatico i crateri marziani, dunque. Più precisamente: applicare tecniche di computer vision e machine learning a immagini della superficie di Marte per ottenere quella che in gergo si chiama semantic segmentation al fine di individuare automaticamente i crateri. Ma come hanno fatto, i tre ricercatori dell’Inaf, a convincere la giuria? «La parte più impegnativa», spiega Baroncelli, «è stata cercare di adattare modelli di deep learning trovati in letteratura e riprodurne i risultati».
Chiariamo anzitutto cosa si intende per semantic segmentation: è il processo con il quale ogni pixel di una data immagine viene associato a una classe semantica. In questo caso specifico, far sì che un algoritmo riesca a discernere fra i pixel che fanno parte di un cratere e quelli che invece non ne fanno parte. Un problema che noi umani risolviamo (quando ci riusciamo…) in modo del tutto intuitivo, mentre un computer deve essere addestrato ad hoc. Ed è proprio il metodo di addestramento quello che ha garantito la vittoria ad Addis, Baroncelli e Di Piano. Hanno infatti sviluppato una generative adversarial network, ovvero – semplificando un po’ – un modello in cui due reti neurali si sfidano a vicenda migliorando man mano le loro abilità: una nel generare immagini artificiali (fake) ma super realistiche – molto simili, se non indistinguibili, dalle immagini reali con cui è stata addestrata – e l’altra nel discriminare fra immagini fake e immagini reali.
E ora? Progetti insieme per il futuro? «Mah… Siamo tutti in stadi diversi della nostra carriera», dice Addis. «Sicuramente ci piacerebbe, compatibilmente con i nostri rispettivi impegni di ricerca, completare il progetto in tutte le parti che sono mancate alla deadline dell’evento».
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