Pubblicato la settimana scorsa su Science Advances, uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Istituto di geochimica e petrologia dell’Eth di Zurigo ha portato alla luce nuove scoperte che rafforzano l’ipotesi del Giant Impact: circa quattro miliardi di anni fa, un corpo celeste chiamato Theia, della grandezza di Marte, ha impattato su quella che era allora la proto-Terra. Dai resti di quell’impatto si è poi formata la Luna. La ricerca condotta da Patrizia Will, prima autrice dell’articolo, e dai suoi colleghi rivela che la Luna ha ereditato elio e neon dal mantello terrestre.
Gas nobili come il neon e l’elio sono elementi volatili presenti sia nelle rocce terrestri che in quelle lunari. Confrontare la loro composizione isotopica nelle rocce lunari può mettere dei vincoli sui diversi tipi di scenari proposti per spiegare la formazione della Luna. I ricercatori hanno prelevato campioni da meteoriti di origine lunare ritrovati in Antartide. Sono stati analizzati utilizzando uno spettrometro di massa appositamente realizzato per analizzare i rapporti di massa dei gas nobili al Noble Gas Laboratory presso l’Eth di Zurigo. Il team guidato da Will ha trovato che le concentrazioni degli isotopi dell’elio e del neon 4He e 20Ne nei campioni di meteorite sono circa dieci volte inferiori rispetto ai campioni di regolite lunare prelevati nelle missioni Apollo.
Le rocce analizzate dal gruppo di scienziati appartengono a meteoriti raccolte nel sito chiamato LaPaz Icefield all’interno del continente antartico vicino alla catena montuosa Transantarctic Mountains durante la campagna di esplorazione dello US Antarctic Meteorite program. In particolare sei di queste meteoriti, ribattezzate Lap dal sito del loro ritrovamento, sono state utilizzate come campioni per datare le rocce basaltiche sulla Luna. Queste rocce contenute nelle meteoriti Lap hanno un’età di circa tre miliardi di anni e sono rilevanti perché hanno avuto origine dalle rocce basaltiche che si sono formate dal magma fuoriuscito dal mantello lunare e raffreddatosi velocemente una volta arrivato sulla superficie. Senza la protezione di un’atmosfera, la crosta esterna della Luna rimane indifesa ed è quindi continuamente colpita da asteroidi che impattano sulla sua superficie.
Le sei meteoriti Lap analizzate nello studio sono il risultato di impatti di grandi asteroidi che hanno creato enormi crateri sulla Luna, scavando sotto la superficie fino agli strati più interni della crosta, dove si trovano le rocce più antiche. Da questi violenti impatti, infatti, alcuni dei frammenti di roccia scagliati nello spazio sono entrati nell’orbita terrestre e sono precipitati infine sulla Terra come meteoriti. Sono proprio queste meteoriti cadute nella regione antartica l’oggetto dello studio di Patrizia Will e colleghi: pezzi di roccia lunare da cui è possibile estrarre informazioni sul passato della Luna.
Nelle diverse eruzioni di magma, strato dopo strato le rocce lunari più antiche sono state sepolte dal nuovo magma arrivato in superficie che ha protetto le rocce sottostanti dai raggi cosmici e dal vento solare. Rappresentano quindi un campione importante per confrontare il rapporto isotopico degli elementi contenuti nella roccia, in quanto non sono stati contaminati da fattori esterni e hanno dunque un’impronta isotopica diversa da quella della roccia presente sulla superficie. In questo modo è possibile confrontare le quantità isotopiche degli elementi delle rocce contenute all’interno degli strati rocciosi lunari con quelli della superficie esterna e con quelli della Terra. «Trovare nelle rocce basaltiche interne della Luna gas volatili come elio e neon con rapporti isotopici simili a quelli terrestri», spiega Will, «è una prova evidente dell’origine comune dei due corpi».
In effetti, tra le teorie più accreditate per spiegare la formazione della Luna c’è sì quella del sopracitato impatto gigante, ma in una versione più aggiornata che spiegherebbe come mai la parte interna del mantello lunare (quello da cui ha origine il magma) contiene gas nobili come l’elio e il neon in rapporti così simili a quello terrestre. In questo nuovo modello, battezzato Synestia (in italiano sinestia dal nome dell’ipotetico oggetto planetario), l’impatto tra la Terra e il corpo celeste esterno è stato talmente forte da polverizzare i due oggetti, formando un disco di materiale vaporizzato composto dai detriti dei due corpi. Nell’impatto la nube di resti vaporizzati acquistò momento angolare e lentamente la proto-luna si raffreddò e si compattò orbitando attorno alla proto-Terra.
Il modello Synestia differisce dal modello standard del Giant Impact per il fatto che in quest’ultimo la Luna si sarebbe formata dai resti del corpo che ha impattato sulla Terra. Nel nuovo modello, invece, la Luna si forma per accrescimento gravitazionale dal disco di detriti vaporizzati, materia che apparteneva in origine anche al mantello della Terra. In questo modo la Luna avrebbe ereditato gli elementi terrestri, tra cui i gas nobili elio e radon, ritrovati dopo circa quattro miliardi di anni dai ricercatori all’interno delle rocce basaltiche trasportate dai meteoriti lunari caduti in Antartide.
Per saperne di più:
- Leggi su Science Advances l’articolo “Indigenous noble gases in the Moon’s interior”, di Patrizia Will, Henner Busemann, My E. I. Riebe e Colin Maden
Guarda l’animazione di una sinestia nel canale di Sarah T. Stewart: