Una fra le principali attrazioni turistiche che offre ai visitatori la città di Stawell, piccolo borgo rurale a circa 240 km da Melbourne, in Australia, è la Stawell gold mine. Si tratta di un’antica miniera d’oro – la più grande dello stato federato del Victoria – i cui cunicoli furono scavati dai popoli indigeni (Wotjobaluk, Jaadwa, Jadawadjali, Wergaia e Jupagulk) a partire dal 1850.
Situato all’interno del Grampians National Park, il sito è visitato ogni anno da migliaia di turisti, interessati non solo alla sua storia mineraria ma anche all’arte estrattiva del prezioso metallo. Oltre a visitatori, però, tra i chilometrici tunnel di roccia del giacimento aurifero è possibile incontrare anche fisici. Fisici particellari, per essere precisi. Percorrendo quasi dieci chilometri di tunnel ricavati nelle profondità della Terra, scendendo così a un chilometro sotto la sua superficie, si arriva infatti in una stanza lunga 33 metri, larga 10 e alta 14 che ospita lo Stawell Underground Physics Laboratory (Supl), un laboratorio sotterraneo di fisica al cui interno si darà la caccia alla sfuggente materia che costituisce l’85 per cento di tutta la materia presente nell’universo: la materia oscura.
Completato lo scorso 19 agosto, il laboratorio – l’unico nel suo genere attualmente presente nell’emisfero australe – è il frutto di una collaborazione tra sei partner, cinque australiani – l’Università di Melbourne, l’Università di Adelaide, la Swinburne University of Technology, l’Australian National University, l’Australian Nuclear Science and Technology Organization – e uno italiano, l’Istituto nazionale di fisica nucleare. L’esperimento di punta che sarà messo in piedi al suo interno nel prossimo futuro per cercare di imbrigliare l’elusiva materia si chiama Sodium Iodide with Active Background Rejection Experiment South: in breve, Sabre South. A dirigerlo sarà Elisabetta Barberio, docente di fisica delle particelle all’Università di Melbourne.
Laurea all’Università di Bologna e dottorato in fisica all’Università di Siegen, in Germania, Barberio è stata ricercatrice presso il Cern di Ginevra, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, contribuendo alla scoperta del bosone di Higgs. Nel 2013 ha ricevuto il premio Women in Physics Lecturer dell’Australian Institute of Physics e nel 2018 la medaglia australiana per la fisica Walter Boas. Oggi è componente dell’Experimental Particle Physics Group dell’Università di Melbourne e dirige l’Arc Centre of Excellence on Dark Matter Particle Physics, oltre, come detto, a essere responsabile dell’esperimento Sabre South. Da anni è attivamente impegnata nel contrasto alla disparità di genere, partecipando all’iniziativa Stem Women dell’Australian Academy of Science. L’abbiamo intervistata.
Barberio, cos’è esattamente Sabre South? E come cercherà di imbrigliare la misteriosa materia oscura?
«Sabre South è un esperimento progettato per la rivelazione diretta delle particelle di materia oscura attraverso l’interazione di queste particelle con un cristallo di ioduro di sodio drogato al tallio. Il cuore dell’esperimento Sabre è costituito da rivelatori di ioduro di sodio drogato al tallio, che funzionano come cristalli scintillanti. L’urto elastico di una particella di materia oscura su uno dei nuclei del cristallo causa il rinculo del nucleo colpito. Questa collisione rilascia una piccola quantità di energia (<100 KeV), che viene convertita in luce dal cristallo. La luce prodotta viene misurata da due fotomoltiplicatori ad alta efficienza e sensibilità. Il cristallo e i due fotomoltiplicatori sono inseriti all’interno di un involucro di rame ultra-puro. Questi involucri di rame sono poi posizionati all’interno di un contenitore di acciaio riempito di uno scintillatore liquido che agisce come uno schermo attivo. Gli eventi dovuti all’interazione di materia oscura rilasciano energia solo all’interno del cristallo: tutte le altre particelle rilasciano energia anche nello scintillatore. Uno schermo passivo di acciaio e polietilene riduce poi il flusso di particelle provenienti dalle pareti del laboratorio sotterraneo».
A cosa è dovuta la scelta di costruire un laboratorio a un chilometro di profondità?
«Le interazioni fra i nuclei dell’apparato e la materia oscura sono molto rare. Se esperimenti di rivelazione diretta di materia oscura fossero posizionati in superficie, l’interazione dei raggi cosmici con l’apparato sarebbe molto più frequente del segnale cercato. Per poter vedere questi segnali cosi piccoli, dobbiamo posizionare gli esperimenti di rivelazione diretta di materia oscura in laboratori sotterranei dove la radiazione prodotta dai raggi cosmici è molto ridotta. Per ridurre ulteriormente la radiazione di fondo, i rivelatori sono inseriti in schermi in grado di assorbire la radiazione ambientale esterna; inoltre, tutti i materiali utilizzati hanno un bassissimo livello di contaminanti radioattivi residui».
La parola ‘south’ nel nome dell’esperimento lascia intendere che via sia anche un esperimento Sabre ‘North’. È così?
«Sì, il programma scientifico di Sabre prevede l’installazione di due rivelatori gemelli: uno nell’emisfero nord, presso i Laboratori nazionali del Gran Sasso – Sabre North appunto, in Italia, e uno nell’emisfero sud, presso lo Stawell Underground Physics Laboratory – Sabre South, in Australia».
Perché la necessità di una doppia sede?
«Una caratteristica del segnale dell’interazione di particelle di materia oscura con i nuclei degli atomi del cristallo è la modulazione annuale del numero di interazioni con i nuclei che si osservano nel corso dell’anno. La modulazione è dovuta alla variazione annuale della velocità della Terra rispetto al sistema di riferimento della nostra galassia (con il quale le particelle di materia oscura sarebbero solidali). Il numero di collisioni fra nuclei e materia oscura è massimo in giugno e minimo in dicembre. Lo scopo di Sabre è di rivelare tale modulazione annuale utilizzando cristalli di ioduro di sodio drogato al tallio a elevata radio-purezza immersi in uno scintillatore liquido che funge da veto attivo. La radio-purezza dei cristalli è una delle caratteristiche principali di Sabre. L’utilizzo di due rivelatori permette inoltre di isolare qualsiasi effetto dovuto alla variazione stagionale del numero di muoni di origine cosmica, la cui modulazione ha una fase opposta nei due emisferi. Questo effetto stagionale produce una modulazione annuale con fasi opposte nei due emisferi, al contrario la modulazione dovuta alla materia oscura ha la stessa identica fase in entrambi gli emisferi».
A che punto è l’installazione dei rivelatori? E quando, secondo lei, avremo i primi risultati?
«I due rivelatori gemelli di Sabre sono in costruzione. Sabre South dovrebbe iniziare a prendere dati l’anno prossimo, per almeno cinque anni. I primi risultati di Sabre sono previsti dopo circa due anni dall’inizio della presa dati. Sabre – North e South – sarà il primo apparato che usa rivelatori di ioduro di sodio drogato al tallio con purezze simili o maggiori di Dama/Libra, l’esperimento condotto presso i laboratori sotterranei del Gran Sasso che ha rivelato un segnale con caratteristiche temporali compatibili con tale modulazione, e sarà in grado di testare in maniera definitiva il segnale misurato».
Per saperne di più, guarda il video (in inglese) di presentazione dello Stawell Underground Physics Laboratory sul canale YouTube dell’ARC Centre of Excellence for Dark Matter: