La “nascita” di una nuova stella è senza dubbio uno degli eventi astronomici più affascinanti che avvengono nell’universo. Si tratta di un processo che ha luogo all’interno di “culle cosmiche” che gli astronomi chiamano nubi molecolari quando densi bozzoli di gas e polveri collassano sotto l’effetto della gravità fino al punto da innescare, nell’embrione stellare appena formato, la fusione nucleare. Gli scienziati conoscono molto bene questo meccanismo, tuttavia vi sono dettagli ancora non del tutto chiari. Non è chiaro, ad esempio, se la formazione stellare nell’universo primordiale – caratterizzato da ambienti con scarsità di elementi pesanti – era simile a quella nell’universo odierno, nei cui ambienti, di questi elementi, c’è invece abbondanza.
Un team internazionale di astronomi guidato da Toshikazu Onishi dell’Osaka Metropolitan University e da Kazuki Tokuda della Kyushu University, in Giappone, ha provato a rispondere a questa domanda osservando giovani oggetti stellari all’interno della Piccola Nube di Magellano, una galassia caratterizzata da una bassa metallicità – cioè da una quantità ridotta di elementi più pesanti dell’elio; una caratteristica, questa, simile a quella posseduta da galassie esistite nell’universo primordiale, che ne fa un target adatto allo scopo.
Nello studio, i cui risultati sono stati pubblicati la settimana scorsa su The Astrophysical Journal Letters, puntando verso la galassia l’array di antenne da 12 metri di diametro dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma), in Cile, gli autori hanno rilevato l’emissione da parte di Y246 – una protostella distante 190mila anni luce dalla Terra – di un getto di monossido di carbonio che fuoriesce da entrambe i poli della stella a velocità di oltre 54mila chilometri orari. Chiamati dagli astronomi flussi molecolari bipolari (bipolar outflow, in inglese), e considerati il vagito di una stella appena nata, la loro scoperta all’interno della Piccola Nube di Magellano è, secondo gli autori dello studio, una prova del fatto che il processo di formazione stellare in questi ambienti a bassa metallicità è lo stesso da miliardi di anni.
Durante la formazione stellare – spiegano i ricercatori – si ritiene che il movimento rotatorio delle giovani stelle nella fase di contrazione gravitazionale sia bloccato da questo flusso molecolare, accelerando la crescita delle stelle. La scoperta dello stesso fenomeno nella Piccola Nube di Magellano, galassia nana con una metallicità simile a quella di galassie primordiali, suggerisce che il processo di formazione stellare sia vecchio di 10 miliardi di anni. Non solo. Poiché gli studi precedenti su questi getti si sono concentrati principalmente all’interno della nostra galassia, la loro rivelazione nella Piccola Nube di Magellano, continuano gli autori, indica che tali getti siano universali anche in ambienti extra-galattici. Infine, dal momento che questi flussi molecolari bipolari si pensa siano emessi dal disco di gas e polveri che ruota intorno alla protostella, questa scoperta fornisce nuove informazioni sulla formazione di queste strutture nelle regioni extra-galattiche e sulla nascita al loro interno di nuovi sistemi planetari.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal letters l’articolo “The First Detection of a Protostellar CO Outflow in the Small Magellanic Cloud with ALMA” di Kazuki Tokuda, Sarolta Zahorecz, Yuri Kunitoshi, Kosuke Higashino, Kei E. I. Tanaka, Ayu Konishi, Taisei Suzuki, Naoya Kitano, Naoto Harada, Takashi Shimonishi, Naslim Neelamkodan, Yasuo Fukui, Akiko Kawamura, Toshikazu Onishi e Masahiro N. Machida