Quando gli astronomi puntano i loro potenti radiotelescopi verso il cielo per andare a caccia di radiogalassie, in genere si aspettano di trovare galassie ellittiche caratterizzate da due getti gemelli che si estendono nello spazio, allontanandosi in direzioni opposte dall’enorme buco nero centrale. Tuttavia, in rare situazioni, meno del 10 per cento, gli astronomi si imbattono in qualche cosa di più particolare e insolito: una radiogalassia costituita non da due ma bensì da quattro getti, che si espandono nello spazio intergalattico andando a formare una grande X cosmica.
Per risolvere il mistero sull’origine delle galassie a X, dette anche alate, in passato sono state proposte varie e complesse teorie. Alcune proponevano cambiamenti nella direzione di rotazione sia del buco nero al centro della galassia che dei getti associati. Altre sostenevano che il materiale, ricadendo verso il centro della galassia, venisse deviato in diverse direzioni, andando poi a formare gli altri due bracci della “X”. Altre ancora chiamavano in causa coppie di buchi neri che fondendosi modificavano la direzione di emissione dei propri getti. Ora un nuovo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, potrebbe fare luce sull’origine di questo raro e particolare fenomeno. Utilizzando nuove simulazioni, gli astrofisici della Northwestern University (Usa) hanno scoperto, in modo del tutto casuale, che la caratteristica forma a X di alcune radiogalassie è il risultato dell’interazione tra i getti e il gas che cade verso il buco nero centrale della galassia. All’inizio della simulazione, spiegano gli astronomi, il gas in espansione devia i getti appena formati, originando coppie di cavità in direzioni diverse che andranno poi a modellare la caratteristica forma a X. Successivamente i getti acquistano sufficiente forza da spingere via il gas, andando così a stabilizzarsi e riacquistando la classica forma lungo un solo asse. Ecco dunque spiegata l’origine della caratteristica forma di queste radiogalassie.
«Nella mia simulazione, ho cercato di non presumere nulla», dice Aretaios Lalakos della Northwestern University, primo autore dello studio. «Di solito nelle simulazioni i ricercatori mettono un buco nero nel mezzo di una griglia e posizionano attorno a esso un grande disco gassoso per poi aggiungere, in un secondo momento, ulteriore gas all’esterno del disco stesso. Invece in questo studio la simulazione inizia senza un disco, il quale si forma autonomamente quando il gas rotante si avvicina al buco nero. Ho fatto le ipotesi più semplici possibili, e il risultato è stato una sorpresa. Questa è la prima volta in cui si osserva la morfologia a forma di X in simulazioni che partono da condizioni iniziali così semplici».
Inoltre, secondo gli autori dello studio, le galassie a X potrebbero essere molto più frequenti e formarsi ogni qualvolta il buco nero riceve nuovo gas e ricomincia “a mangiare”. Tuttavia, l’osservazione di questi oggetti non sembra così facile poiché, a giudicare dai risultati, la forma a X si mantiene visibile solo finché la potenza dei getti risulta essere sufficientemente debole da non spingere via il gas.
Lo studio di queste particolari radiogalassie non si ferma. Gli astronomi continueranno a eseguire simulazioni per cercare di capire e studiare sempre più in dettaglio cosa accade nelle regioni centrali di queste galassie, proprio a un passo dal buco nero, per svelare i segreti sull’origine di queste particolari e curiose strutture alate.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astronomical Journal Letter l’articolo “Bridging the Bondi and Event Horizon Scales: 3D GRMHD Simulations Reveal X-shaped Radio Galaxy Morphology” di Aretaios Lalakos, Ore Gottlieb, Nicholas Kaaz, Koushik Chatterjee, Matthew Liska, Ian M. Christie, Alexander Tchekhovskoy, Irina Zhuravleva, e Elena Nokhrina