I cicloni di Giove, scoperti a partire dal 2017 dalla sonda spaziale Nasa Juno, sono incredibilmente stabili. Lo strumento italiano Jovian InfraRed Auroral Mapper (Jiram), uno spectro-imager infrarosso a bordo della sonda, ha scoperto che il polo nord di Giove è circondato da otto strutture cicloniche che si dispongono ai vertici di un ottagono, mentre il polo sud ne ha cinque, che formano un pentagono. In entrambi i casi queste strutture hanno dimensioni che possono raggiungere i 5000 km di diametro e presentano venti con velocità massime tra 250 e 360 km/h. Si tratta di cicloni, poiché ruotano in senso antiorario nell’emisfero nord e in senso orario nell’emisfero sud, come previsto dalla forza di Coriolis. Quelle che Jiram vede sono principalmente nubi di ammoniaca, ma non è ancora stato individuato il “motore” che le guida.
Ora due articoli, pubblicati questo mese rispettivamente su Jgr Planets e su Nature Astronomy, fanno nuova luce sulle proprietà di queste imponenti strutture atmosferiche. «Si tratta di strutture cicloniche molto persistenti», nota Alessandro Mura, attuale team leader di Jiram all’Inaf Iaps di di Roma e primo autore dell’articolo pubblicato il 5 settembre scorso su Jgr Planets. «Abbiamo osservato che la morfologia di questi cicloni, indipendentemente dalle sollecitazioni che ricevono, è estremamente stabile, tanto che è possibile “riconoscere” lo stesso ciclone, nel gruppo, anche a distanza di 5 anni. E si può dedurre che il tempo di vita di queste strutture superi probabilmente i 70 anni».
Il secondo articolo, pubblicato su Nature Astronomy il 22 settembre, ha fatto ulteriore luce sulla stabilità di queste strutture. La mappatura della velocità e direzione del vento effettuata con i dati di Jiram suggerisce che ciò che mantiene in posizione i cicloni possa essere un “anello anticiclonico” di venti che si muove in direzione opposta a quella dei cicloni. Questi dati hanno anche permesso di investigare la convezione nell’atmosfera del gigante gassoso, paragonandola a ciò che avviene nell’atmosfera terrestre e nella fotosfera solare.
Lo sviluppo di venti, nubi cumuliformi e temporali è legato alla convezione atmosferica, alimentata da variazioni di temperatura più o meno rapide in funzione della quota. Sulla Terra e sul Sole il diametro degli elementi convettivi è in un rapporto ben preciso con il tasso di diminuzione della pressione atmosferica con l’innalzarsi della quota, che gli scienziati chiamano altezza di scala. Sulla Terra i temporali più intensi hanno un diametro di 30-40 km, che è circa 5 volte l’altezza di scala, e anche nel Sole i granuli, che sono gli elementi convettivi nella fotosfera, hanno un diametro di circa mille km, valore che è pure circa 5 volte l’altezza di scala.
«L’altezza di scala su Giove», osserva Federico Tosi, anch’egli ricercatore all’Inaf Iaps di Roma e primo tra i co-autori italiani dell’articolo di Nature Astronomy, «è di circa 40 km. Perciò, se il rapporto tra gli elementi convettivi e l’altezza di scala fosse uguale a 5 come sulla Terra e sul Sole, gli elementi convettivi su Giove dovrebbero avere un diametro di 200 km. Tuttavia, la mappatura dei venti ha evidenziato l’assenza di elementi convettivi anche alla scala spaziale più fine investigata da Jiram, che è circa 180 km. Si può quindi ipotizzare una dimensione più piccola, in proporzione allo spessore atmosferico, delle tempeste convettive di Giove rispetto a quelle terrestri».
Tra meno di un anno la sonda Juno sarà così vicina al polo nord di Giove che il suo radiometro nelle microonde (Mwr) potrà scrutare al di sotto delle nubi e dirci come sono fatti i moti convettivi che portano alla formazione e stabilità di questi cicloni. È estremamente importante che Jiram possa condurre osservazioni congiunte in questo frangente, sottolineano i due ricercatori, per poter dare il suo contributo alla scoperta di uno dei misteri dell’atmosfera di Giove.
Per saperne di più:
- Leggi su Journal of Geophysical Research: Planets l’articolo “Five years of observations of the circumpolar cyclones of Jupiter”, di A. Mura, P. Scarica, D. Grassi, A. Adriani, A. Bracco, G. Piccioni, G. Sindoni, M. L. Moriconi, C. Plainaki, A. Ingersoll, F. Altieri, A. Cicchetti, B. M. Dinelli, G. Filacchione, A. Migliorini, R. Noschese, R. Sordini, S. Stefani, F. Tosi e D. Turrini
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Vorticity and divergence at scales down to 200 km within and around the polar cyclones of Jupiter”, di A. P. Ingersoll, S. P. Ewald, F. Tosi, A. Adriani, A. Mura, D. Grassi, C. Plainaki, G. Sindoni, C. Li, L. Siegelman, P. Klein e W. R. Young.