Da quando è entrato in funzione, nel 1990, il telescopio spaziale Hubble, grazie al suo occhio da 2,4 metri di diametro ha permesso alla comunità scientifica internazionale di compiere molti passi in avanti nella comprensione dell’evoluzione delle galassie, delle stelle, nella scoperta di nuovi pianeti e in moltissimi altri campi dell’astrofisica. Nei suoi trentadue anni di vita Hubble è stato oggetto di ben cinque missioni di servizio volte a correggerne l’orbita, a sostituire o aggiungere nuovi strumenti per migliorarne le già altissime prestazioni. Tuttavia, il telescopio spaziale, che ci ha regalato immagini mozzafiato, sta vedendo la sua orbita deteriorarsi periodicamente a causa del seppur piccolo attrito atmosferico. Infatti, Hubble non ha un sistema di propulsione interno capace di modificare periodicamente la sua posizione e altitudine, la quale era già stata corretta durante le varie missioni di manutenzione, l’ultima avvenuta nel 2009. A causa di questo suo progressivo avvicinamento alla superficie terrestre, gli scienziati della Nasa avevano programmato la fine della sua operatività per il 2030 tramite un deorbitamento controllato e il successivo smantellamento in atmosfera. Ma forse non tutto è perduto, e una seconda vita per Hubble è possibile.
Lo scorso 22 settembre, infatti, l’agenzia spaziale americana e la Space Exploration Technologies Corporation (SpaceX) di Elon Musk, in collaborazione con il programma Polaris, hanno firmato un accordo non finanziato e non esclusivo – il che significa che anche altre società potrebbero proporre analisi simili con diversi razzi o veicoli spaziali – per lo studio di fattibilità di una nuova missione di servizio volta a utilizzare la capsula Dragon per innalzare l’orbita del telescopio spaziale, riportandola agli originari 600 km di quota, estendendone così l’operatività di altri 15-20 anni. Nei prossimi sei mesi la SpaceX e la Nasa saranno impegnate nel capire le caratteristiche e le capacità della capsula Dragon di eseguire l’incontro con Hubble, il rendez-vous e lo spostamento in sicurezza, sia per l’eventuale equipaggio che per il telescopio, in un’orbita più stabile.
«Questo studio è un esempio entusiasmante degli approcci innovativi che la Nasa sta esplorando attraverso le partnership pubblico-privato», dice Thomas Zurbuchen, amministratore associato per la direzione della missione scientifica presso la sede centrale della Nasa a Washington. «Man mano che la nostra flotta cresce, vogliamo esplorare un’ampia gamma di opportunità per supportare le missioni scientifiche più solide e superlative possibili».
Questa missione, anche se non dovesse concretizzarsi, aprirebbe una nuova finestra di possibilità per lo spazio commerciale e in particolare per la capsula Dragon. Infatti, dimostrare anche solo la fattibilità di effettuare una missione di questo tipo permetterebbe alla capsula di Elon Musk di servire in future missioni spaziali di più ampio respiro.