Passano gli anni, il giorno s’allunga e la Luna se ne va. È quanto emerge da uno studio, pubblicato a fine settembre su Pnas, condotto sull’analisi delle banded iron formation (in italiano, formazioni ferrose a bande), un tipo molto antico di rocce sedimentarie dell’Australia Occidentale. L’alternanza regolare di strati ricchi di ferro e strati ricchi d’argilla e la misura del loro spessore ha consentito a un team di geologi delle università di Utrecht (Paesi Bassi), di Ginevra (Svizzera) e del Québec (a Montréal, Canada) di ricostruire con precisione – su una scala di circa 100mila anni e risalendo indietro nel tempo fino a quasi due miliardi e mezzo di anni fa – le variazioni dell’eccentricità dell’orbita del nostro pianeta e dell’orientamento del suo asse di rotazione.
Quali le cause, e quali le conseguenze? Partiamo da queste ultime. Il variare dell’eccentricità dell’orbita terrestre – spiegano gli autori dello studio, guidato da Margriet Lantink del Dipartimento di scienze della Terra della Utrecht University – influenzò la distribuzione della radiazione solare ricevuta dal nostro pianeta: un effetto che si riflette nei cosiddetti cicli di Milanković, dunque nelle grandi fluttuazioni climatiche del passato (non il cambiamento climatico odierno, chiarisce Lantink, sottolineando che quest’ultimo si sta verificando su scale temporali notevolmente più brevi e che la responsabilità è ascrivibile noi umani). Fluttuazioni climatiche successivamente riscontrate come variazioni periodiche nei campioni geologici.
Quanto invece alla causa, il ciclo impresso sulle rocce australiane – riflettendo una variazione della durata del ciclo di precessione dai circa 11mila anni di due miliardi e mezzo d’anni fa ai circa 21mila anni di oggi – è una conseguenza diretta dell’evoluzione mareale del sistema Terra-Luna, dice Lantink, ed è legato anche al cambiamento, nel corso delle ere geologiche, della distanza fra i due corpi. Distanza che 2.46 miliardi di anni fa – a tanto si è potuta spingere la ricostruzione indietro nel tempo – era molto minore.
«Oggi questa distanza è di circa 384mila chilometri», ricorda Lantink. «In media, ovviamente, perché la Luna non descrive un cerchio perfetto attorno alla Terra: la sua orbita è ellittica. Durante l’intervallo di tempo che abbiamo studiato, la distanza Terra-Luna era invece molto più ridotta: circa 322mila chilometri».
Al progressivo allontanamento della Luna si è accompagnato un altro lento ma inesorabile cambiamento: è rallentata la rotazione della Terra attorno al proprio asse. Anche questo è un fenomeno ben noto da tempo, ma Lantink e il suo team sono ora riusciti – sempre grazie all’analisi delle formazioni ferrose a bande – a stabilire con precisione qual era la durata di un giorno sulla Terra 2.46 miliardi di anni fa: 16.9 (± 0.2) ore, anziché le attuali 24
Per saperne di più:
- Leggi su Pnas l’articolo “Milankovitch cycles in banded iron formations constrain the Earth–Moon system 2.46 billion years ago”, di Margriet L. Lantink, Joshua H. F. L. Davies, Maria Ovtcharova e Frederik J. Hilgen