I lobi radio sono enormi bolle di plasma prodotte dall’interazione dei getti emessi dai buchi neri supermassicci al centro d’una galassia con il mezzo circostante. Per comprendere la loro formazione dobbiamo andare a guardare quel che accade in buco nero durante un pasto e nei momenti immediatamente precedenti, cioè quando cui il materiale galattico che lo circonda si raccoglie nel disco di accrescimento.
Man mano che la materia si avvicina al buco nero per essere inghiottita questa si scalda, raggiungendo temperature di centinaia di migliaia di gradi, emettendo grandi quantità di radiazione perpendicolarmente al disco di accrescimento sotto forma di getti. Queste potenti espulsioni di plasma ed energia viaggiano a velocità prossime a quella della luce (e per questo sono dette relativistiche) e possono estendersi a distanze enormi, comparabili con quelle della stessa galassia da cui hanno avuto origine. Durante il loro percorso, questi getti di materia entrano in collisione con il gas circostante, formando enormi bolle di gas incandescente che si estendono ai lati del centro galattico per decine di migliaia di anni luce di diametro. Sono questi i lobi radio, così chiamati perché emettono per sincrotrone luce radio, ma anche ad altre lunghezze d’onda, come nell’X.
Dal processo appena descritto si capisce come studiare queste enormi bolle di gas possano fornire agli astronomi molte informazioni su ciò che è accaduto nella galassia ospite o, se si tratta di un gruppo di galassie, quello che è successo nell’ammasso. Osservando queste strutture è possibile, ad esempio, stimare il volume di queste cavità e fare ipotesi sulla quantità di energia iniettata dal buco nero nell’ammasso stesso.
È quello che ha fatto un team di astronomi guidati dall’Università di Leiden con con un campione di quattordici ammassi di galassie, combinando le osservazioni della rete di radiotelescopi del Low Frequency Array (Lofar) con quelle del satellite a raggi X Chandra.
Uno dei risultati della sinergia delle osservazioni in banda X e nel radio è l’immagine composita che vedete in apertura: mostra il centro dell’ammasso di Perseo – un gruppo di più di mille galassie situate a circa 240 milioni di anni luce, in direzione della costellazione settentrionale di Perseo – con ai lati due sontuosi lobi radio.
Estrarre informazioni da queste strutture non è semplice. Il loro studio viene fatto principalmente attraverso osservazioni a raggi X, che rivelano queste cavità nell’ammasso. Tuttavia, la sensibilità richiesta per vincolare le loro dimensioni si è rivelata finora un fattore limitante – il principale collo di bottiglia nelle misurazioni, spiegano i ricercatori. Ma l’unione fa la forza.
«La combinazione delle misurazioni ci dà un’idea molto migliore di ciò che sta accadendo nell’ammasso», dice Roland Timmerman, ricercatore dell’Università di Leiden e primo autore dello studio, accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophysics, che riporta i risultati delle osservazioni. «È un cliché, ma il risultato della combinazione è molto più grande della somma delle singole misurazioni».
«In precedenza questa combinazione non era possibile, perché non erano disponibili immagini radio con una risoluzione paragonabile alle immagini a raggi X di Chandra», aggiunge il ricercatore. «Adesso che le antenne della rete Lofar sono distribuite in tutta l’Europa, la risoluzione delle immagini è alta abbastanza da poterla realizzare».
Come dicevamo, tra i risultati delle osservazioni c’è l’immagine del centro dell’ammasso di galassie di Perseo. Il rosso che vedete è l’emissione radio del gas caldo captata dalle decine di antenne Lofar attraverso una tecnica detta interferometria a base molto ampia (Vlbi). ll blu, invece, è l’emissione ai raggi X rivelata dall’osservatorio Chandra. Le pennellate di bianco sono dovute all’emissione dell’idrogeno H-alfa catturata dal telescopio Wiyn e i colori del cielo notturno in luce ottica del telescopio Hubble sono il tocco finale per comporre il “ritratto”.
L’obiettivo per il prossimo futuro, concludono i ricercatori, sarà quello di osservare altri ammassi di galassie, per cercare di comprendere meglio le interazioni tra i buchi neri supermassicci e l’ambiente circostante nell’universo primordiale.
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv il preprint dell’articolo “Measuring cavity powers of active galactic nuclei in clusters using a hybrid X-ray-radio method — A new window on feedback opened by subarcsecond LOFAR-VLBI observations” di R. Timmerman, R. J. van Weeren, A. Botteon, H. J. A Röttgering, B. R. McNamara, F. Sweijen, L. Bîrzan, L. K. Morabito