A cinque anni dall’arrivo su Marte, quando ormai la polvere depositata sui pannelli solari fornisce poca energia e costringe al conto alla rovescia, InSight centra il suo insperato obiettivo. Una delle ragioni principali per cui era stato mandato a posarsi, con il suo sismografo, proprio sul Pianeta rosso: rilevare onde sismiche sulla superficie di Marte. Le più utili per scoprire com’è fatta la crosta del pianeta e per capire come si è evoluta nel tempo. Ed è stato l’impatto di un meteorite a provocarle, circa 3500 chilometri più in là. Quali informazioni abbiano trasportato queste onde, fino al lander e poi qui sulla Terra, lo racconta un articolo pubblicato oggi su Science. Vediamolo.
La rilevazione dell’impatto di un meteorite in diretta è un po’ una novità per InSight. Dopo la prima esperienza di collaborazione con il Mars Reconnaissance Orbiter, avvenuta poco più di un mese fa e riguardante la formazione di ben tre crateri, la notizia di oggi consente di fare un passo ulteriore nello studio della superficie marziana. L’impatto del meteorite in questione è avvenuto il 24 dicembre 2021, dopo quasi tre anni di attività in cui il lander aveva rilevato solo eventi sismici il cui ipocentro era talmente profondo da risultare pressoché puntiformi sulla superficie. Questa volta, però, dopo aver rilevato delle onde che avevano tutta l’aria di essersi propagate lungo la superficie, gli scienziati della missione hanno chiesto conferma alle missioni orbitanti. E in effetti, le immagini scattate dal Mars Reconnaissance Orbiter alla fine di dicembre 2021 hanno mostrato un grande cratere da impatto a circa 3500 chilometri da InSight. E poi un secondo, che propagava onde del tutto simili, a circa 7500 chilometri. È la prima volta che si registrano onde sismiche sulla superficie di un pianeta che non sia la Terra.
Ciò che rende le onde sismiche di superficie così importanti sono le informazioni che trasportano sulla struttura della crosta marziana. Quelle registrate finora, che viaggiavano attraverso l’interno del pianeta dopo un terremoto, avevano fornito informazioni sul nucleo e sul mantello di Marte, ma avevano rivelato poco sulla crosta lontano dal lander stesso. Quel che arrivava in superficie era solo una misurazione puntiforme in corrispondenza del punto in cui si posava InSight. Conoscere la crosta di un pianeta è fondamentale per capirne la formazione ed evoluzione, poiché essa è il risultato dei primi processi dinamici nel mantello e dei successivi processi magmatici, e porta con sé quindi il racconto delle condizioni di miliardi di anni fa e della cronologia degli impatti.
Uno dei modi per studiarla, quindi, è vedere come si propagano le onde sismiche lungo il tragitto che le conduce dal luogo d’impatto fino al sismografo che le rileva, a diverse profondità. Sono le proprietà elastiche e la densità del materiale (della roccia) attraverso cui si propagano le onde a determinarne, ad esempio, la velocità. La velocità di propagazione delle onde superficiali, poi, dipende anche dalla loro frequenza, che a sua volta dipende dalla profondità. Misurando le variazioni di velocità nei dati sismici a diverse frequenze, è possibile dedurre come cambia la velocità a diverse profondità. Sono questi i dati analizzati nello studio, e che hanno permesso ai ricercatori di determinare la struttura della crosta da circa 5 a 30 chilometri sotto la superficie di Marte.
Il risultato: la velocità media delle onde superficiali osservate di recente è notevolmente superiore a quella che ci si aspetterebbe in base alle precedenti misurazioni effettuate da InSight – e basate, come dicevamo, su dati puntiformi provenienti da terremoti profondi. La velocità misurata nel nuovo studio è di circa 3.2 chilometri al secondo, e varia molto poco con la profondità. Significa che la densità della crosta è più elevata rispetto a quella calcolata sotto il lander. Quindi, o la composizione della crosta lontano dal lander è diversa da quella locale – che risulta quindi non rappresentativa della superficie marziana – o le aree vulcaniche attraversate dalle onde di superficie hanno una porosità ridotta.
La regione attraversata dalle onde tra gli impatti dei due meteoriti e il sito di misurazione, infatti, è proprio una delle più grandi regioni vulcaniche dell’emisfero settentrionale di Marte. Può succedere, dicono gli autori, che le colate di lava chiudano gli spazi porosi della roccia a causa del calore creato dai processi vulcanici, e che quindi le onde sismiche procedano più velocemente mentre le attraversano. La struttura crostale sotto il sito di atterraggio di InSight, invece, potrebbe essersi formata durante un grande impatto meteoritico avvenuto più di tre miliardi di anni fa. Questo significherebbe che la struttura della crosta sotto il lander non è rappresentativa della struttura generale della crosta marziana.
Ma non è finita qui. I dati raccolti recentemente da InSight comincerebbero anche a gettare luce su una delle questioni aperte più dibattute circa la geologia marziana: la cosiddetta “dicotomia di Marte”. Il fatto che la crosta dell’emisfero meridionale – ricco di altopiani e impatti meteoritici – sembri così diversa dalle lisce pianure settentrionali – sulle quali, si pensa, vi fosse un grande oceano. Ebbene, gli ultimi dati indicano che le caratteristiche della crosta non sarebbero poi così diverse fra i due emisferi, e potrebbero non esserlo fino a profondità elevate.
E per concludere, c’è attesa per un nuovo risultato. Gli autori dello studio, infatti, hanno annunciato nel comunicato stampa dell’Eth di Zurigo che oltre ai due impatti meteoritici registrati da InSight negli ultimi mesi, ce n’è un altro degno di nota. Sarebbe un vero e proprio terremoto marziano, il più intenso della storia e, proprio per questo, in grado di propagare onde che lungo la superficie. Anche queste sono state rilevate da InSight, lo scorso maggio, ma per conoscere i dettagli bisognerà attendere ancora un po’.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Surface waves and crustal structure on Mars”, di D. Kim et al.
- Leggi su Science l’articolo “Largest recent impact craters on Mars: Orbital imaging and surface seismic co-investigation”, di L. V. Posiolova, P. Lognonné et al.