Il settore spaziale sta vivendo un momento di grande crescita. La prepotente entrata in scena dei privati ha rivoluzionato il panorama che era sempre stato dominato dalla presenza, rassicurante ma forse anche ingombrante, delle agenzie spaziali. Grazie alla maggiore concorrenza e allo sviluppo della tecnica del recupero e riutilizzo di parti dei razzi vettori, i costi di lancio sono diminuiti e questo ha avuto effetti benefici sul mercato che annovera sempre maggiori investimenti. Sempre più imprenditori hanno capito che investire nello spazio ha grandi potenziali di rendimento e questo ha moltiplicato i servizi offerti che si estendono ben oltre l’ambiente spaziale vero e proprio. Su tutti domina Elon Musk che, dopo avere rivoluzionato l’industria dei lanciatori, ora vuole portare in tutti gli angoli del pianeta internet veloce. Abbiamo visto come questo servizio possa essere utile nel caso dell’invasione dell’Ucraina, dove Starlink assicura la connessione al resto del mondo. Sempre più richiesti sono anche i servizi dei satelliti di osservazione del territorio che, oltre ad avere valenza economica e sociale, sono balzati agli onori della cronaca per il loro valore militare. Intendiamoci, i militari hanno sempre avuto molto chiaro il valore strategico del controllo dall’alto a scopi di intelligence e, all’inizio dell’era spaziale, satelliti militari per l’osservazione della terra sono state le primissime (e segretissime) missioni. L’interesse per la meteorologia ha spinto le grandi agenzie a sviluppare i primi programmi civili di osservazione della terra, poi sono iniziate le missioni scientifiche per studiare lo stato dell’ecosistema, delle coltivazioni, delle acque e dei ghiacci. La commercializzazione dei dati è venuta solo in un secondo tempo quando sono diventate chiare le potenzialità offerte dalle osservazioni satellitari. L’interesse economico unito alla miniaturizzazione degli strumenti e alla diminuzione dei costi di lancio hanno trasformato le osservazioni della terra in un lucroso business non più coperto da segreto militare. Anzi, i governi trovano conveniente servirsi di operatori privati per avere sempre più copertura delle regioni “sensibili”. Grazie a questa nuova “trasparenza”, le immagini dallo spazio ci permettono di avere un quadro oggettivo e di verificare le dichiarazioni dell’una e dell’altra parte. Nulla può essere tenuto nascosto all’occhio dei satelliti che registrano i danni della siccità e quelli delle inondazioni, le eruzioni vulcaniche e le tempeste di sabbia, i movimenti delle truppe e le devastazioni dei combattimenti. I danni al ponte in Crimea saltano all’occhio nelle immagini della Maxar Technologies, che è un fornitore del governo americano.
Ma le osservazioni dall’alto sono preziosissime in caso di problemi ambientali più o meno grandi. Quando la pressione dei metanodotti sotto il Mar Baltico è bruscamente calata, sono stati i dati satellitari a chiarire quello che era successo mostrando la macchia creata dalle bolle del gas che gorgogliava dalle falle delle tubature. Le prime immagini sono venute da una “colomba” della costellazione dei Planet Lab, una compagnia californiana che gestisce una costellazione (loro la chiamano stormo) di 200 cubesat posizionati a coprire tutta la terra. Poi sono venuti i satelliti istituzionali europei del sistema Copernicus, ma per misurare l’entità della perdita è entrata in gioco un’altra compagnia privata specializzata nel monitoraggio delle emissioni di metano, un gas serra molto più efficiente dell’anidride carbonica per intrappolare il calore e contribuire al riscaldamento globale. GhgSat ha misurato una perdita enorme, la più grande mai registrata, che va a sommarsi alle molte drammatiche conseguenze ecologiche di questa terribile guerra che ha fatto schizzare le quotazioni delle compagnie che operano nel settore delle osservazioni della Terra, oltre a fare grande pubblicità a Elon Musk.
È sempre stato vero che le guerre spingono l’economia e la Space Economy non fa eccezione, sia che si parli di telecomunicazioni sia che si parli di osservazioni del territorio. Ma cosa si intende quando si parla di Space Economy?
Forse stanca di sentirsi fare questa domanda, Simonetta Di Pippo ha deciso di scrivere Space Economy. La nuova frontiera dello sviluppo, un libro che tratta in modo chiaro ed esauriente tutti i risvolti di un argomento che è tecnico, economico, politico, diplomatico, legale, sociale e ambientale.
Forte di una brillante carriera che l’ha portata diverse volte a essere la prima donna a occupare posizioni tradizionalmente maschili, l’autrice vanta una grande esperienza nella gestione dei programmi spaziali anche nella loro dimensione diplomatica e legale. Inoltre, essendo stata per otto anni direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite dedicato alla gestione dello spazio e del suo utilizzo pacifico, ha ben chiaro quanto i risvolti sociali siano interconnessi con la Space Economy e quanto questa sia fondamentale per raggiungere entro il 2030 i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile. Tornata da poco in Italia, adesso è all’Università Bocconi, dove insegna Space Economy, oltre a dirigere lo Space Economy Evolution Lab.
Difficile immaginare una persona con più esperienza e con più visione di lei per trattare la Space Economy attuale e le allettanti prospettive future. Ma lo spazio non è infinito e la crescita rapidissima del numero di satelliti rischia di non essere sostenibile. Per prevenire un pericoloso effetto domino dovuto all’affollamento orbitale bisogna muoversi subito, e Simonetta Di Pippo qualche idea ce l’ha.