Alla riunione Cop 27 di Sharm el-Sheikh, numerose nazioni hanno presentato una revisione dei loro obiettivi per la diminuzione dei gas serra. Come fare a sapere se alle parole seguiranno i fatti? Come controllare che gli impegni vengano mantenuti? Ma, ancora più importante, come essere sicuri che le dichiarazioni circa i livelli di emissione attuali corrispondano al vero? Dopo tutto si tratta di stime fatte dai singoli stati sulla base di dati che non vengono divulgati.
Il monitoraggio dei gas serra nell’atmosfera ci dice che ogni giorno ne vengono rilasciati 162 milioni di tonnellate, ma quali sono le attività responsabili e dove vengono svolte? Solo disponendo di misure precise si possono fare valutazioni realistiche. Questo è il compito dell’associazione no profit Climate Trace (Tracking Real-time Atmospheric Carbon Emission) che, utilizzando l’intelligenza artificiale, unisce i dati raccolti da 300 satelliti e 11.100 sensori sparsi in mare, sulla terra e nell’aria per identificare chi inquina e a quanto ammontano le emissioni. Sappiamo che siamo davanti a un puzzle, dal momento che i gas serra vengono prodotti (o liberati) in molti modi. Il petrolio inquina quando viene estratto e quando viene utilizzato, poi ci sono i processi industriali, l’agricoltura, l’allevamento, la deforestazione, lo scioglimento del permafrost nell’artico e la lista potrebbe continuare. Climate Trace riconosce e traccia le emissioni legate a due dozzine di settori dell’economia mondiale.
Un primo test sulle emissione dell’industria estrattiva oil and gas ha evidenziato che i numeri reali sono il triplo di quanto dichiarato dalle compagnie alle Nazioni Unite del 2020. Questo dato, da solo, dimostra l’importanza di Climate Trace che, non a caso, ha rilasciato il suo primo rapporto sullo stato reale delle emissioni di gas serra il 9 novembre durante la Cop 27. La mappa pubblicata su climatetrace.org contiene 79.815 sorgenti di inquinamento individuali. Al Gore, tra gli ispiratori e finanziatori del progetto, non ha dubbi: i dati di Climate Trace faranno la differenza, perché metteranno i maggiori inquinatori davanti alle loro responsabilità anche nell’ottica della trattativa sulle compensazioni per i paesi più colpiti dalle conseguenze del riscaldamento globale. Inoltre, l’intera banca dati è pubblicamente disponibile, rendendo possibile un efficace monitoraggio ed una verifica dei risultati ottenuti. Misurare con precisione le emissioni di gas serra non combatte il cambiamento climatico, ma permette di capire meglio l’entità del problema e, magari, servirà da sprone per convincere i governi ad agire per limitare le emissioni, investendo nelle energie rinnovabili.
Avere un quadro completo, ottenuto con un’analisi omogenea a livello mondiale, servirà come punto di partenza per chi, sulla base della situazione attuale, costruisce modelli per prevedere quale sarà la temperatura del nostro pianeta nei prossimi decenni. Tracciando l’evoluzione della temperatura nell’ultimo secolo, e utilizzando tutte le informazioni disponibili, si costruiscono modelli che, una volta validati, permettono di fare previsioni. Uno sforzo che conta sul supporto di una schiera di scienziati che fanno parte dello Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite. Sono loro che contribuiscono alla preparazione dei famosi rapporti Ipcc che, periodicamente, devono fare il punto della situazione e dare le informazioni ai governi che devono poi decide come agire per cercare di mitigare il problema.
Chi voglia sapere come vengono costruiti questi corposi documenti, può trovare risposte chiare ed autorevoli in Clima 2050. La matematica e la fisica per il futuro del sistema Terra di Annalisa Cherchi e Susanna Corti, che sono parte del gruppo Ipcc per la modellistica e hanno firmato l’ultimo rapporto. Clima 2050 spiega come si costruisce un modello, quali sono i punti di forza e le incertezze residue che implicano imprecisioni nei risultati. La fisica di base è ben nota, ma il sistema è complesso e caotico. Occorrono supercalcolatori per fare previsioni, ma piccole variazioni delle condizioni iniziali possono produrre risultati diversi. Il libro mette bene in luce quanto sia vasto il lavoro collaborativo che viene condensato in questi documenti e quanto ogni affermazione venga criticata, controllata, discussa e commentata prima di essere adottata.
Se qualcuno si chiedesse perché dobbiamo fidarci dei modelli basati sulla matematica e sulla fisica, consiglio la lettura delle otto breve lezioni per esercitare il pensiero scientifico che Jim Al-Khalili ha intitolato Le gioie della scienza. Al Khalili non tratta esplicitamente di clima, ma parla del metodo scientifico, di come gli scienziati si interrogano sui problemi del mondo. Davanti a un quesito, propongono spiegazioni che, oltre a dare una risposta, devono fare previsioni che devono essere verificabili. Se le misure non sono in accordo con le attese, bisogna rimettersi al lavoro. È la forza della scienza, che deve essere sempre pronta alla verifica. Al-Khalili risuona con Cerchi e Corti quando esalta l’incertezza dicendo che “è parte integrante di ogni teoria, ogni osservazione, ogni misurazione” che deve essere considerata “come la forza del metodo scientifico”. Le misure accurate delle emissioni e le previsioni del clima sono esempi di come il metodo scientifico sia sempre al nostro fianco.