Nelle condizioni attuali l’acqua liquida sulla superficie del pianeta Marte non può esistere a causa della bassa pressione atmosferica, inferiore all’uno per cento della pressione atmosferica sulla Terra. Però le due calotte polari permanenti del pianeta sono composte in gran parte da ghiaccio d’acqua, che quindi doveva essere molto abbondante nel passato. In effetti, grazie ai risultati di decenni di ricerche e analisi in situ, sappiamo che miliardi di anni fa Marte doveva avere una pressione atmosferica molto maggiore dell’attuale ed essere ricco d’acqua: ne sono indizi i numerosi canali di deflusso che ne solcano la superficie e ci sono molti indizi a supportare l’ipotesi che le vaste pianure dell’emisfero settentrionale di Marte fossero la sede di un antico oceano con una profondità di diverse centinaia di metri. La prima scoperta delle strutture da deflusso marziane si deve alla sonda Mariner 9 della Nasa, che nel 1971 scoprì le prime caratteristiche di probabile origine fluviale, inclusi canali di deflusso catastrofici di enormi proporzioni. Questa scoperta e l’interesse per la potenziale presenza di vita, portarono alla selezione di un canale di deflusso nella regione di Chryse Planitia, Maja Valles, come primo sito di atterraggio per il lander della missione Viking 1 nel 1976.
Le immagini della zona circostante il sito del Viking 1 suggeriscono che la sonda dovrebbe trovarsi su un deposito alluvionale databile da 3,6 a 3,4 miliardi di anni fa. Tuttavia le ripresi del lander non mostrano i tratti caratteristici delle mega inondazioni, come cumuli di massi o isole aerodinamiche. Invece il sito si trova all’interno di una pianura disseminata di massi, interpretata come la sommità di una breccia con uno spessore di molti metri. Un primo tentativo di spiegare l’assenza di caratteristiche fluviali da scorrimento nella regione ha portato a ipotizzare che il sito fosse stato ricoperto da una coltre di ejecta dovuta a crateri da impatto nelle vicinanze, ma quelli presenti non sono sufficienti per spiegare l’elevata abbondanza di massi: quindi restava il mistero di una zona alluvionale posta alla fine di Maja Valles senza le caratteristiche attese. In seguito si ritenne che le inondazioni catastrofiche che formarono il canale di deflusso di Maja Valles avessero anche generato un oceano delle pianure settentrionali. Questa ipotesi ha spinto a ritenere che il sito di atterraggio di Viking 1 potesse trovarsi su un antico margine marino, e forse ora è possibile capire perché manchino le caratteristiche alluvionali che ci si aspettava di trovare: a causa di un mega tsunami avvenuto circa 3,4 miliardi di anni fa che ha spazzato le strutture alluvionali della zona e depositato la breccia e i massi che si trovano lì ancora oggi.
Questo è lo scenario proposto da Alexis Rodriguez, del Planetary Science Institute di Tucson, e colleghi che, analizzando le mappe della superficie di Marte, hanno identificato un cratere da impatto che potrebbe aver causato il mega tsunami: il cratere Pohl. Si tratta di una struttura circolare con un diametro di 110 km situato all’interno di un’area delle pianure settentrionali che studi precedenti hanno suggerito potrebbe essere stato coperto da un oceano con una profondità di circa 120 metri. In base all’età delle rocce che ospita, il cratere Pohl potrebbe essersi formato circa 3,4 miliardi di anni fa. La sua veneranda età è indicata anche dal bordo del cratere che, a differenza dei crateri più giovani, appare piuttosto corroso. Simulando collisioni di asteroidi e comete per testare quale tipo di impatto avrebbe potuto creare Pohl e se questo avrebbe potuto generare un mega tsunami, gli autori hanno scoperto che una struttura da impatto come Pohl può essere causata da un asteroide di nove km di diametro su un suolo compatto, rilasciando un’energia di 13 milioni di Mt, oppure da un asteroide di tre km su un suolo più poroso, rilasciando un’energia di 0,5 milioni di Mt.
In entrambi i casi le simulazioni hanno formato crateri di 110 km di diametro e generato mega tsunami che si sono spinti fino a 1500 km dal luogo dell’impatto. L’analisi del mega tsunami causato dall’impatto dell’asteroide di tre chilometri ha mostrato che l’onda d’acqua generata potrebbe essere stata alta fino a circa 250 metri sulla terraferma, perfettamente in grado di cancellare le strutture alluvionali nella zona di atterraggio del Viking 1. Per certi aspetti, le conseguenze dell’impatto che ha generato il cratere Pohl somigliano a quelle dell’impatto di Chicxulub sulla Terra: si è verificato su un fondale marino a 200 metri sotto il livello del mare, ha generato un cratere con un diametro temporaneo di 100 chilometri e ha causato un mega tsunami con onde alte 200 metri che si è abbattuto sulla terraferma. Nel caso della Terra a rimetterci sono stati i dinosauri e circa il 70 per cento delle specie viventi all’epoca: e nel caso di Marte? Ancora non lo sappiamo, ma l’eccitante esplorazione del pianeta Rosso continua.
Per saperne di più:
- Leggi su Scientific Reports l’articolo “Evidence of an oceanic impact and megatsunami sedimentation in Chryse Planitia, Mars”, di J. Alexis P. Rodriguez, Darrel K. Robertson, Jeffrey S. Kargel, Victor R. Baker, Daniel C. Berman, Jacob Cohen, Francois Costard, Goro Komatsu, Anthony Lopez, Hideaki Miyamoto e Mario Zarroca