Uno studio condotto da una ricercatrice e un ricercatore dell’Istituto di astrofisica delle Canarie (Iac), pubblicato la settimana scorsa su The Astrophysical Journal Letters, ha prodotto l’analisi a oggi più completa della luce intracluster, ossia quella debole luce diffusa emessa dalle stelle negli ammassi di galassie che non sono gravitazionalmente legate a nessuna delle galassie dell’ammasso. La ricerca, basata sui dati ottenuti dal James Webb Space Telescope (Jwst), fornisce nuovi indizi sui processi di formazione degli ammassi di galassie e sulle proprietà della materia oscura.
Negli ammassi di galassie esiste infatti una frazione di stelle che vagano nello spazio intergalattico, strappate dall’attrazione gravitazionale delle galassie dell’ammasso dalle enormi forze di marea generate tra le galassie stesse. La luminosità della luce emessa da queste stelle – definita per l’appunto luce intracluster (Icl) – è inferiore all’1 per cento della luminosità del cielo più scuro che possiamo osservare dalla Terra. Questo è uno dei motivi per cui le immagini prese dallo spazio sono molto preziose per analizzarla.
Le lunghezze d’onda dell’infrarosso ci permettono di esplorare gli ammassi di galassie in modo diverso rispetto a quanto possibile con la luce visibile. Grazie alla sua efficienza alle lunghezze d’onda infrarosse e alla nitidezza delle immagini del Jwst, Mireia Montes e Ignacio Trujillo sono stati in grado di esplorare la luce intracluster di Smacs-J0723.3-7327 con un livello di dettaglio senza precedenti. Infatti, le immagini di Jwst del centro di questo ammasso sono profonde il doppio delle precedenti immagini ottenute dal telescopio spaziale Hubble. «In questo studio mostriamo il grande potenziale di Jwst per l’osservazione di un oggetto così debole» spiega Montes, prima autrice dell’articolo. «Questo ci permetterà di studiare gli ammassi di galassie che sono molto più lontani e in modo molto più dettagliato», aggiunge.
Per analizzare questa luce “spettrale” estremamente debole, oltre a necessitare della capacità di osservazione del nuovo telescopio spaziale, i ricercatori hanno sviluppato nuove tecniche di analisi, che migliorano i metodi esistenti. «In questo lavoro avevamo bisogno di fare qualche ulteriore elaborazione alle immagini Jwst per poter studiare la luce intracluster, in quanto è una struttura debole ed estesa. Questa è stata la chiave per evitare distorsioni nelle nostre misurazioni», afferma Mireia.
Grazie ai dati ottenuti, i ricercatori hanno potuto dimostrare le potenzialità della luce intracluster per lo studio e la comprensione dei processi che concorrono alla formazione di strutture massicce come ammassi di galassie. «Analizzando questa luce diffusa, scopriamo che le parti interne dell’ammasso sono formate dalla fusione di galassie massicce, mentre le parti esterne sono dovute all’accrescimento di galassie simili alla nostra Via Lattea», osserva Mireia.
Ma queste osservazioni non solo offrono indizi sulla formazione degli ammassi di galassie, bensì anche sulle proprietà della materia oscura. Le stelle che emettono la luce intracluster seguono il campo gravitazionale dell’ammasso, il che rende questa luce un ottimo tracciante della distribuzione della materia oscura in queste strutture. «Il Jwst ci permetterà di caratterizzare la distribuzione della materia oscura in queste enormi strutture con una precisione senza precedenti, e di fare luce sulla sua natura fondamentale», conclude Trujillo.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “A new era of intracluster light studies with Jwst” di Montes, Mireia e Trujillo, Ignacio