IL TELESCOPIO NASA HA RIVELATO IL VAGITO DI STELLE APPENA NATE

Il tuffo di Webb nelle scogliere cosmiche

Il telescopio Jwst ha dato uno sguardo più appronfondito a una delle regioni di formazione stellari osservate all’inizio della sua missione: le scogliere cosmiche, Cosmic Cliffs in inglese, scoprendo 24 nuovi deflussi di idrogeno molecolare: uno dei segnali più spettacolari di formazione stellare attiva. A descrivere i dettagli delle osservazioni su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society è un team di astronomi guidato dalla Rice University

     19/12/2022

Le “cosmic cliffs” immortalate dal Jwst: una delle prime immagini rilasciate dalla Nasa il 12 luglio scorso. Crediti: Nasa, Esa, Csa e Stsci

Una delle prime immagini rilasciate dal telescopio spaziale James Webb ce ne mostrava una sontuosa panoramica. Ora, grazie a nuove osservazioni, gli astronomi sono andati più in profondità, scoprendo al suo interno getti e deflussi prodotti da giovanissime stelle in formazione. Stiamo parlando delle “cosmic cliffs”, in italiano “scogliere cosmiche”: una immensa distesa di gas e polveri situata all’interno di una fra le più grandi e luminose fabbriche di stelle conosciute: la Nebulosa della Carena.

Più in dettaglio, le cosmic cliffs si trovano ai margini di una gigantesca cavità gassosa nell’ammasso stellare Ngc 3324, a nord-ovest della Nebulosa Carena. Così chiamata per il suo aspetto frastagliato, che ricorda quello di una scogliera, questa regione è stata ampiamente studiata dal telescopio Hubble. Finora, tuttavia, molti dettagli della formazione stellare al suo interno sono rimasti nascosti dietro le nubi di polvere cosmica, in grado di bloccare le lunghezze d’onda della luce visibile a cui Hubble è sensibile. Le nuove osservazioni del telescopio James Webb, in particolare alla lunghezza d’onda dell’infrarosso di 4.7 micron, hanno ora permesso di guardare oltre queste nubi e di rivelare a circa 7.500 anni luce dalla Terra 24 nuovi deflussi di idrogeno molecolare, provenienti da altrettante protostelle simili a com’era il nostro Sole.

L’immagine ottenuta dalla Near-Infrared Camera (NirCam) di Jwst che mostra alcuni dei getti prodotti dalle giovani stelle nascenti nella regione di formazione stellare chiamata “Cosmic Cliffs”. Il rosso, il verde e il blu sono rispettivamente i filtri NirCam F470N (4,7 micron) F444W (4,44 micron) e F187N (1,87 micron). Molte stelle appena nate in tali regioni sono avvolte da spesse nubi di polvere. La fotocamera a infrarossi di Webb è penetrata nella polvere, consentendo agli astronomi di scoprire segni rivelatori di 24 nuove stelle nascenti che non erano state rilevate in precedenza. Crediti: Nasa, Esa, Csa, and Stsci. Image processing: J. DePasquale (Stsci)

L’idrogeno molecolare è un ingrediente fondamentale per la formazione di nuove stelle, nonché un eccellente tracciante delle prime fasi del loro sviluppo. Entro i primi diecimila anni, le stelle appena nate lo raccolgono dal gas e dalle polveri che le circondano. Durante la loro crescita, la maggior parte di esse espelle una frazione di questo carburante nello spazio tramite getti che emergono in direzioni opposte dai poli della stella. Quello che si vede nelle immagini di Webb è proprio questo idrogeno molecolare, spazzato via ed eccitato dai getti: il “vagito” delle stelle in formazione.

«Ciò che ci offre Webb è un’istantanea che ci permette di vedere quanta formazione stellare sta avvenendo in quello che potrebbe essere un tipico angolo di universo che non siamo stati in grado di osservare prima», dice l’astronoma Megan Reiter, ricercatrice presso la Rice University, in Texas, e prima autrice dello studio, pubblicato sul numero di dicembre della rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, che riporta i risultati delle osservazioni.

«Getti come questi sono segni della parte più interessante del processo di formazione stellare», aggiunge Nathan Smith, ricercatore all’Università dell’Arizona, tra gli autori della pubblicazione. «Li vediamo solo durante un breve lasso di tempo in cui la protostella si sta attivamente accrescendo».

Getti simili già erano stati osservati dagli astronomi, ma riguardavano principalmente regioni di formazione stellare vicine, appena rilevabili con Hubble alle lunghezze d’onda del visibile. L’elevata sensibilità di Jwst ha consentito di mettere gli occhi su regioni più distanti, mentre la sua vista a infrarossi ha permesso di sondare al loro interno gli stadi iniziali di formazione di nuove stelle.

Queste primissime fasi di formazione stellare sono particolarmente difficile da catturare, perché si tratta di eventi relativamente fugaci: da poche migliaia a diecimila anni – niente in confronto a un processo di formazione stellare che impiega svariati milioni di anni.

Immagine che mostra i 24 getti identificati dal Jwst (Molecular Hydrogen emission-line Objects (Mho 1631 a 1654) associati ad altrettante stelle in formazione, e getti precedentemente scoperti. Crediti: Nasa, Esa, Csa e Stsci

«Nell’immagine rilasciata per la prima volta a luglio si vedono indizi di questa attività, ma i getti sono visibili solo quando “ti immergi più in profondità”, sezionando i dati da ciascuno dei diversi filtri e analizzando ogni singola area. È come trovare un tesoro sepolto», sottolinea il ricercatore del California Institute of Technology di Pasadena, Jon Morse, anche lui tra i firmatari dello studio.

Nella nuova immagine ottenuta dalla Near-Infrared Camera (NirCam) di Webb sono visibili tre regioni delle “Scogliere cosmiche” con deflussi di idrogeno molecolare particolarmente attivi, osservati grazie alla loro emissione prominente nel filtro rosso F470N, che traccia l’idrogeno molecolare eccitato. Confrontando la posizione dei deflussi precedentemente scoperti da Webb in questa regione con i dati d’archivio di Hubble di 16 anni fa, gli scienziati sono stati anche in grado di stimare la velocità e la direzione in cui si muovono tali getti.

Grazie alle nuove osservazioni di Jwst, gli astronomi stanno acquisendo informazioni su quanto queste regioni di formazione stellare siano attive, mentre osservazioni future consentiranno l’analisi quantitativa dell’eccitazione, dei tassi di perdita di massa e delle velocità di questi deflussi. Essendo una regione di formazione stellare relativamente grande (più grande della Nebulosa di Orione ma più piccola delle regioni Starbust), Ngc 3324 offre un’anteprima di ciò che possono fornire gli studi sulla formazione stellare con Jwst, concludono i ricercatori. Questa scoperta segna l’inizio di una nuova era di indagini per comprendere come si formano le stelle come il Sole e come la radiazione delle stelle massicce vicine potrebbe influenzare lo sviluppo dei pianeti.

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