I RISULTATI SONO STATI PUBBLICATI SU NATURE ASTRONOMY

Uno studio di 40 anni rivela i misteri di Giove

Completato lo studio più lungo mai realizzato per monitorare le temperature nella troposfera superiore di Giove. Il lavoro, condotto a partire da dati spaziali e terrestri nell’arco di quattro decenni – considerando tre orbite di Giove attorno al Sole – ha trovato schemi inaspettati nel modo in cui le temperature delle bande colorate e delle varie regioni del pianeta cambiano nel tempo

     20/12/2022

Immagini in falsi colori generate dalle osservazioni del Vlt a febbraio e marzo 2016, che mostrano due diverse facce di Giove. Le aree più blu sono fredde e prive di nubi, le aree arancioni sono calde e nuvolose, le regioni luminose più chiare sono calde e prive di nuvole e le regioni scure sono fredde e nuvolose (come la Grande Macchia Rossa e gli ovali prominenti). Il motivo a onde sulla banda equatoriale nord appare in arancione. Questa vista è stata creata da immagini a infrarossi Vlt/Visir del febbraio 2016 (sinistra) e marzo 2016 (destra). Le immagini arancioni sono state ottenute alla lunghezza d’onda di 10,7 micrometri ed evidenziano le diverse temperature e la presenza di ammoniaca. Le immagini blu a 8,6 micrometri evidenziano variazioni nell’opacità delle nuvole. Crediti: Eso/L.N. Fletcher

Un team di scienziati ha completato lo studio più lungo mai realizzato per monitorare le temperature nella troposfera superiore di Giove, sede dei fenomeni meteorologici del pianeta gigante e luogo in cui si formano le sue tipiche nubi a bande colorate. Il lavoro, condotto nell’arco di quattro decenni a partire da dati spaziali e terrestri, ha trovato schemi inaspettati nel modo in cui le temperature delle bande colorate e delle varie regioni di Giove cambiano nel tempo. Lo studio costituisce sicuramente un passo importante verso una migliore comprensione di ciò che guida il tempo atmosferico sul pianeta più grande del Sistema solare, con l’auspicio di essere un giorno in grado di prevederlo.

Una componente essenziale della climatologia planetaria è la conoscenza del campo di temperatura troposferica e della sua variabilità. Precedenti studi su Giove hanno accennato a un comportamento periodico non stagionale, nonché all’esistenza di una relazione dinamica tra le temperature troposferiche e quelle stratosferiche. Tuttavia, queste osservazioni sono state effettuate su intervalli di tempo più brevi dell’orbita di Giove o hanno utilizzato un campionamento sparso.

La troposfera di Giove ha molto in comune con quella della Terra: è la regione in cui si formano le nubi e si agitano le tempeste. Per comprendere questa attività meteorologica, gli scienziati devono studiare alcune proprietà, tra cui vento, pressione, umidità e temperatura. Sapevano sin dalle missioni Pioneer 10 e 11 negli anni ’70 che, in generale, le temperature più fredde sono associate alle bande più chiare, mentre quelle più scure di colore rosso-marrone sono luoghi in cui le temperature sono più calde. Ma non c’erano abbastanza dati per capire come tali temperature variavano a lungo termine.

Nella nuova ricerca, pubblicata ieri su Nature Astronomy, gli scienziati hanno raccolto immagini del pianeta a intervalli regolari su ben tre orbite di Giove attorno al Sole, ciascuna delle quali dura 12 anni terrestri, derivando le temperature della troposfera superiore nell’arco di 40 anni. Così facendo, hanno scoperto periodicità di 4, 7-9 e 10-14 anni che coinvolgono diverse bande di latitudine e sembrano disconnesse dai cambiamenti stagionali del riscaldamento solare. In particolare, hanno notato anti-correlazioni della variabilità di temperatura negli emisferi opposti che si sono dimostrate particolarmente evidenti a 16, 22 e 30 gradi dall’equatore. Anche le variazioni di temperatura equatoriale sono anti-correlate con quelle osservate 60–70 chilometri sopra.

Gli scienziati hanno scoperto che le temperature di Giove aumentano e diminuiscono seguendo periodi definiti che non sono legati alle stagioni o ad altri cicli di cui sono a conoscenza. Poiché Giove ha stagioni deboli – il pianeta è inclinato sul suo asse di soli 3 gradi, rispetto ai 23,5 gradi della Terra – non si aspettavano di trovare temperature su Giove variabili in cicli così regolari.

Lo studio ha anche rivelato una misteriosa connessione tra gli sbalzi di temperatura in regioni distanti migliaia di chilometri: mentre le temperature salivano a latitudini specifiche nell’emisfero settentrionale, scendevano alle stesse latitudini nell’emisfero meridionale, come un’immagine speculare rispetto all’equatore. «Questa è stata la cosa più sorprendente di tutte», riferisce Glenn Orton del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, primo autore dello studio. «Abbiamo trovato una connessione tra il modo in cui le temperature variavano a latitudini molto distanti. È simile a un fenomeno che vediamo sulla Terra, dove i modelli meteorologici e climatici in una regione possono avere un’influenza notevole sul tempo altrove, con i modelli di variabilità apparentemente “teleconnessi” attraverso vaste distanze attraverso l’atmosfera».

La prossima sfida è scoprire cosa causa questi cambiamenti ciclici e apparentemente sincronizzati.

«Ora abbiamo risolto una parte del puzzle, ovvero che l’atmosfera mostra questi cicli naturali», spiega il coautore Leigh Fletcher dell’Università di Leicester. «Per capire cosa sta guidando questi schemi e perché si verificano in queste particolari scale temporali, dobbiamo esplorare sia sopra che sotto gli strati nuvolosi».

Una possibile spiegazione è diventata evidente all’equatore: gli autori hanno scoperto che le variazioni di temperatura più in alto, nella stratosfera, sembravano salire e scendere secondo uno schema che è l’opposto di come si comportano le temperature nella troposfera, suggerendo che i cambiamenti nella stratosfera influenzano i cambiamenti nella troposfera, e viceversa.

«Misurare questi cambiamenti di temperatura e periodicità nel tempo è un passo verso una previsione meteorologica completa di Giove, nel caso in cui riusciremo a collegare causa ed effetto», conclude Fletcher. «E la domanda ancora più grande è se un giorno potremo estendere questo ad altri pianeti giganti, per vedere se si presentano schemi simili».

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