Il vento solare, i brillamenti solari e le espulsioni coronali di massa sono manifestazioni dell’irrequietezza della nostra stella. A volte tali eventi sono talmente potenti che il flusso di particelle che trasportano può raggiungere la Terra e schiantarsi contro la magnetosfera – lo scudo magnetico naturale del nostro pianeta – causando cambiamenti temporanei del campo magnetico che possono produrre tempeste geomagnetiche e aurore polari: eventi in grado di danneggiare i satelliti e le stazioni spaziali e mettere temporaneamente fuori uso le comunicazioni e le reti elettriche. Lo space weather è la disciplina scientifica che si occupa di fare previsioni e monitorare i cambiamenti delle condizioni meteo nello spazio astronomico in conseguenza di questi eventi, ma anche di fenomeni ad alta energia che hanno luogo nell’universo e che sono in grado di produrre raggi cosmici.
Ad oggi le previsioni e il monitoraggio nel campo del meteo spaziale si basano principalmente sull’osservazione del Sole e dello stato della sua attività mediante satelliti in orbita. Monitorare costantemente l’ambiente spaziale attraverso questi strumenti non è tuttavia semplice. D’altra parte, i cambiamenti ambientali che si verificano nello spazio possono essere osservati anche da terra, poiché vengono trasmessi, sotto forma di onde elettromagnetiche, al campo magnetico terrestre. Sfortunatamente, gli approcci impiegati finora per misurare il magnetismo terrestre non hanno dato risultati soddisfacenti, anche perché si parla di rilevare deboli fluttuazioni.
Un gruppo di ricerca dell’Institute of Space-Earth Environmental Research dell’Università di Nagoya, in Giappone, ha ora sviluppato un nuovo strumento che permetterebbe di sondare il meteo spaziale da terra con risultati che lasciano ben sperare. Come descritto nelle pagine del Journal of Geophysical Research: Space Physics, si tratta di un magnetometro dotato di un sensore di impedenza magnetica che sarebbe in grado di misurare anche piccole variazioni del campo geomagnetico.
«Negli ultimi anni i viaggi nello spazio di privati cittadini sono diventati più comuni. Inoltre, è stato lanciato il progetto congiunto Giappone/Usa/Ue per costruire il Lunar Gateway, una stazione spaziale in orbita lunare. Pertanto, abbiamo bisogno di più informazioni sul meteo spaziale in tempo reale, per sapere cosa sta succedendo nello spazio e per la sicurezza e la manutenzione dei veicoli spaziali», dice Masahito Nosé, ricercatore all’Università di Nagoya e primo autore dello studio.
Lo strumento in questione si chiama Mim, acronimo di magneto-impedance sensor magnetometer. È piccolissimo (misura 5 centimetri di lunghezza, poco più di 1 centimetro di larghezza e 0,5 cm di spessore), è stato prodotto a basso costo in collaborazione con la Aichi Steel Corporation e permette di misurare il campo magnetico terrestre utilizzando l’effetto dell’impedenza magnetica: un fenomeno – scoperto nel 1993 proprio all’Università di Nagoya – che consiste nella variazione dell’impedenza elettrica di un conduttore magnetico quando sottoposto a un campo magnetico esterno.
Il sensore in realtà non è del tutto nuovo, ma l’evoluzione di uno preesistente: il magnetometro fluxgate (Fgm). Questi sensori utilizzano una bobina attorno alla quale è avvolto un filo ferromagnetico. In presenza di un campo magnetico esterno, il vettore di magnetizzazione nel filo è leggermente inclinato verso il suo asse. Quando una corrente alternata ad alta frequenza scorre nel filo, il vettore di magnetizzazione cambia direzione a causa del campo magnetico generato dalla corrente. Il cambiamento nella direzione del vettore induce una tensione nella bobina che è proporzionale al campo magnetico esterno. Misurando la tensione indotta nella bobina può essere dunque stimato il campo magnetico. Simili sensori sono ampiamente utilizzati come bussola negli smartphone, nel rilevamento di sostanze estranee a base di ferro negli alimenti e nei sistemi di supporto per le auto in assetto di guida autonoma.
In questo studio, Nosé e colleghi hanno implementato lo strumento con un circuito a flusso magnetico bloccato per migliorarne la linearità (fino allo 0,1 per cento) ed estenderne il range di misura (fino a ±50mila nanotesla), e valutato la possibilità di utilizzarlo come magnetometro. Per farlo, hanno condotto misurazioni sperimentali presso l’osservatorio di Mineyama – una struttura situata a circa 100 km a nord-ovest di Kyoto, in Giappone – dal 30 marzo al 27 aprile 2018.
Il risultato? Le misure condotte in intervalli di ventiquattro ore – in grado di coprire fenomeni più lunghi come le storm sudden commencements – e di un’ora – per registrare fenomeni più breve come pulsazioni geomagnetiche – con il Mim e l’Fgm sono molto simili. Lo studio dimostra che la capacità del magnetometro Mim nel misurare le variazioni del campo geomagnetico in un periodo che va da poche decine di secondi a qualche ora è paragonabile all’Fgm. Lo strumento è dunque utilizzabile per ricerche di fisica dell’alta atmosfera o di fisica spaziale, continuano i ricercatori. Inoltre, se posto in condizioni di temperatura rigorosamente costante, può essere applicabile anche per osservazioni di fenomeni su scala temporale più lunga come le tempeste geomagnetiche, le variazioni della della “quiete solare” e le geomagnetic bays – il tipo più semplice di tempesta magnetica solare.
«Vari fenomeni che si verificano nello spazio vengono trasmessi al campo magnetico della Terra come onde elettromagnetiche immerse in un plasma, provocando deboli fluttuazioni geomagnetiche al suolo. Utilizzando il sensore magnetico sviluppato in questa ricerca è possibile indagare questi fenomeni senza lasciare la Terra», conclude Nosé. «Ci aspettiamo che un’analisi dettagliata di questi eventi porterà allo sviluppo di un monitoraggio in tempo reale dell’ambiente spaziale e al progresso della ricerca sulla meteorologia spaziale».
Per saperne di più:
- Leggi sulla rivista Journal of Geophysical Research: Space Physics l’articolo “Application of Magneto-Impedance (MI) Sensor to Geomagnetic Field Measurements” di Masahito Nosé, Takeshi Kawano e Hitoshi Aoyama