Se in queste ultime settimane vi è capitato di alzare gli occhi al cielo in una notte serena, certamente avrete notato la luce rossastra di Marte che risulta particolarmente brillante perché si trova alla minima distanza dalla Terra.
Le opposizioni, così si chiama tecnicamente l’allineamento dei pianeti, sono stati momenti importanti per lo studio di Marte che, oltre a diventare più brillante, aumenta le sue dimensioni angolari rendendo più facile le osservazioni della sua superficie. Così sono state fatte le prime mappe del pianeta, così Schiaparelli, con il suo telescopio all’osservatorio di Brera, ha visto (o creduto di vedere) i famosi canali.
Il periodo intorno all’opposizione è anche il momento più favorevole per intraprendere il lungo viaggio che porta le nostre sonde sul Pianeta rosso. Nel 2020 erano partite tre missioni (degli Emirati Arabi, della Cina e della Nasa) e quest’anno doveva essere il turno della missione europea ExoMars, ma la crisi internazionale ha costretto l’Esa a cambiare i piani e a rimandare al 2028 il lancio del primo rover europeo, dedicato a Rosalind Franklin. Nei prossimi anni si cercherà anche di recuperare, e riportare a terra, i campioni raccolti e incapsulati dal rover Perseverance. Aspettando la prima missione umana, i rover sono i nostri occhi, le nostre orecchie, le nostre mani. Ascoltano il fruscio del vento marziano mentre fotografano, perforano e analizzano rocce ritenute interessanti dagli scienziati nella sala di controllo. In questo modo, sono state fatte scoperte importantissime sul passato di Marte, quando il pianeta era completamente diverso dal deserto brullo che vediamo oggi. Ci doveva essere un’atmosfera, l’acqua scorreva e la temperatura era meno gelida di quella attuale, fornendo un ambiente potenzialmente adatto allo sviluppo di qualche forma di vita. Per avere prove convincenti dell’esistenza di acqua liquida i geologi cercano rocce che contengono minerali che si formano solo in presenza di acqua.
Se siete curiosi di sapere come può essere fatta questa analisi geologica a distanza, consiglio il documentario Good Night Oppy disponibile su Amazon Prime. Si tratta del saluto quasi affettuoso della squadra del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) al rover Opportunity che, dopo 14 anni di onorato servizio, si è arreso a una furiosa e prolungata tempesta di sabbia che ha oscurato i cieli di Marte nell’estate 2018. Fino ad allora, i suoi pannelli solari erano stati ripuliti dai mulinelli di sabbia che sono una caratteristica della primavera marziana. È stato grazie alle loro spolverate che Opportunity (e insieme a lui la sonda gemella Spirit) ha potuto esplorare il pianeta per un tempo molto più lungo dei 90 giorni marziani (si chiamano sol e durano 24 ore e mezza) previsti per la missione. Tutti speravano che il rover veterano, che avevo percorso quasi 50 km, sarebbe riuscito a superare anche questo problema ma non è stato così. Senza energia, si era spento per sempre.
Per gli appassionati era stato come perdere un vecchio amico, un po’ come è successo di recente con la sonda InSight, ridotta al silenzio dalla polvere che ha coperto i suoi pannelli solari. Mentre il lavoro di esplorazione può contare sulle capacità di Curiosity e della più recente Perseverance, che hanno un generatore di energia basato sul decadimento del Plutonio e non temono né polvere né tempeste, il piccolo Oppy era rimasto nel cuore di molti che avevano sviluppato un rapporto speciale con il robot che, insieme a Spirit, aveva rappresentato un successo epocale per la Nasa.
Il documentario ripercorre la progettazione, la costruzione, i test, il lancio, le traversie del viaggio, l’arrivo, i risultati ottenuti e i problemi affrontati durante gli anni di operazioni delle sonde che fanno pensare al robottino protagonista del fortunato Wall-E della Disney.
Benché Spirit e Opportunity non avessero a bordo strumenti capaci di fornire immagini ad alta risoluzione, la regia ha usato effetti speciali così realistici che è doveroso sottolineare che non c’era nessuno su Marte a fare le riprese.
Credo che Good Night Oppy meriterebbe di essere incluso nella lista dei film marziani che vengono esaminati in uno dei capitoli del libro di Maria Giulia Andretta Dalla Terra a Marte.
Seguendo il filo delle scoperte scientifiche, l’autrice racconta come, a fine ‘800, un fatale errore di traduzione abbia fatto nascere un ricco filone di racconti di fantascienza, alcuni dei quali hanno goduto di straordinario successo. Difficile non stupirsi del numero di libri sui marziani e sui loro complicati rapporti con i terrestri. Pensavo di avere una buona cultura sulla letteratura di fantascienza marziana invece ho scoperto di conoscere solo la punta dell’iceberg. Molto interessante la cavalcata sulla filmografia marziana con vere chicche storiche. Il fascino di Marte è rimasto con noi anche quando le foto delle sonde hanno mostrato il vero volto del pianeta che è brullo, gelido, senza vegetazione e senza marziani. Mentre l’esplorazione si è sviluppata con missioni robotiche in orbita e al suolo, i marziani sono tornati a fare parlare di sé con la bufala della faccia su Marte. La fantascienza, invece, è evoluta verso scenari più realistici con storie di colonizzazione e di sopravvivenza, con tentativi di terraformazione per rendere il pianeta più accogliente. Ma non è solo fantasia; nei piani delle agenzie spaziali, Marte rimane la nuova frontiera dell’esplorazione umana, anche se, per ora, è il regno dei rover.
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