Il Quintetto di Stephan è un insieme di galassie situato a circa 290 milioni di anni luce di distanza da noi in direzione della costellazione del Pegaso. Formato da Ngc 7317, Ngc 7318a, Ngc 7318b, Ngc 7319 e Ngc 7320, il gruppo è considerato dagli astronomi un laboratorio per lo studio delle collisioni tra galassie e dell’impatto di queste collisioni sulla materia che costituisce il mezzo intergalattico.
Il 12 luglio scorso la Nasa ce l’ha mostrato in tutto il suo splendore in una delle prime immagini prodotte dal telescopio James Webb (Jwst). Ora una nuova serie d’immagini, ottenute sempre dal James Webb Space Telescope con l’ausilio delle antenne dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma), ci mostra ulteriori dettagli di questa meraviglia del cosmo.
Le nuove osservazioni, presentate ieri durante il 241esimo meeting dell’American Astronomical Society (Aas), svelano cosa accade alle nubi di idrogeno molecolare poste tra le galassie del gruppo mentre una di esse, Ngc 7318b, sfreccia a una velocità di circa 800 chilometri al secondo all’interno del gruppo, dirigendosi verso la galassia da cui è attratta gravitazionalmente e con la quale forma una coppia di galassie interagenti: Ngc 7318a.
«Mentre questa galassia si muove all’interno del gruppo, essa si scontra con vecchi filamenti di gas prodotti probabilmente da una precedente interazione tra le due galassie del quintetto, causando la formazione di un’onda d’urto gigante», spiega Philip Appleton, astronomo all’Infrared Processing and Analysis Center (Ipac) del Caltech, a capo del progetto di ricerca. «Mentre l’onda d’urto attraversa questi filamenti di gas, crea uno strato altamente turbolento e instabile di gas: è nelle regioni interessate da questa violenta attività che stiamo vedendo strutture inaspettate e il riciclo di idrogeno gassoso molecolare, la materia prima che forma nuove stelle. Capire il suo destino ci dirà di più sull’evoluzione del Quintetto di Stephan e delle galassie in generale».
Per quanto riguarda le osservazioni con le antenne di Alma, i ricercatori hanno utilizzato i ricevitori in banda 6 prodotti dal National Radio Astronomical Observatory (Nrao) statunitense, in grado di scrutare l’universo nel radio nell’intervallo di lunghezze d’onda di 1,1-1,4 mm. Ciò ha permesso loro di “zoommare” tre regioni chiave del quintetto con estremo dettaglio e ottenere così, per la prima volta, una immagine chiara di come l’idrogeno molecolare gassoso si muove e viene modellato tra le galassie del gruppo. «In queste osservazioni è evidente il potere di Alma, che fornisce agli astronomi nuove informazioni e una migliore comprensione di processi precedentemente sconosciuti», dice lo scienziato Joe Pesce, responsabile del programma di osservazioni con Alma presso la National Science Foundation (Nsf).
La prima regione in questione, soprannominata dagli astronomi “campo 6”, è quella che vedete nel riquadro a sinistra dell’immagine qui sopra: mostra una gigantesca nube di gas freddo le cui molecole vengono prima riscaldate dall’onda d’urto, quindi “sparate” in avanti, formando una lunga scia di gas super caldo. Procedendo verso il fronte della scia, dunque lontano dall’onda di shock, questo gas si raffredda velocemente. Il propagarsi dell’onda produce così un nuovo riscaldamento e una nuova scia: una sequenza di fasi, spiegano i ricercatori, che si ripete ciclicamente.
«Quello che stiamo vedendo è la disintegrazione di una gigantesca nube di molecole di gas freddo e la formazione di un a scia di gas super caldo», commenta Appleton. «Il gas non sopravvive allo shock ma passa semplicemente attraverso le fasi caldo e freddo. Non comprendiamo ancora appieno queste fasi, ma sappiamo che il gas viene riciclato perché la lunghezza della coda è maggiore del tempo necessario all’onda d’urto per distruggere le nubi».
Questa sorta di impianto di riciclaggio di gas intergalattico non è l’unica cosa strana osservata all’interno del quintetto. Nella regione soprannominata “campo 5”, il riquadro centrale nell’immagine, gli scienziati hanno infatti rilevato altre due nubi di gas freddo collegate tra loro da filamenti di idrogeno molecolare caldo. Curiosamente, spiegano i ricercatori, l’attraversamento di questa struttura da parte dell’onda d’urto ha creato in una delle due nubi una regione ad anello.
«Una nube molecolare che attraversa il gas intergalattico e lascia il caos dietro di sé è qualcosa di raro e non ancora del tutto compreso», sottolinea Bjorn Emonts, astronomo del National Radio Astronomical Observatory e membro del progetto. «I nostri dati mostrano che abbiamo compiuto un ulteriore passo per comprendere il comportamento e il ciclo di vita turbolento delle nubi di gas molecolare nel Quintetto di Stephan».
La situazione è più tranquilla nel “campo 4”, il riquadro a destra nell’immagine, dove gli scienziati hanno trovato un ambiente più stabile e meno turbolento, che ha permesso all’idrogeno di collassare e produrre nuove stelle, quelle di una piccola galassia nana in formazione.
«Nel campo 4 è probabile che le grandi nubi di gas denso preesistenti siano diventate instabili a causa dello shock e siano collassate per formare, come ci aspettavamo, nuove stelle», nota Pierre Guillard dell’Institut d’Astrophysique de Paris, tra i ricercatori che hanno preso parte alle osservazioni. E a proposito dei modelli teorici che studiano l’impatto della turbolenza dei gas nell’universo aggiunge: «L’onda d’urto nel mezzo intergalattico del Quintetto di Stephan ha prodotto tanto gas molecolare freddo quanto ne abbiamo nella nostra galassia, la Via Lattea, eppure forma stelle a un ritmo molto più lento del previsto. Capire perché questo materiale sia “sterile” è una vera sfida per i teorici, e sono necessari ulteriori studi per comprendere il ruolo degli elevati livelli di turbolenza e della miscelazione efficiente tra il gas freddo e caldo».
Nel 2010, lo stesso team di ricerca aveva utilizzato il telescopio spaziale Spitzer per osservare il Quintetto di Stephan, scoprendo grandi nubi di idrogeno molecolare con temperature comprese tra -173 e 130 gradi Celsius mescolato con gas ultra-caldo. Gli scienziati non avevano tuttavia idea delle interazioni tra questi gas. La combinazione delle osservazioni di Jwst nell’infrarosso e Alma nella banda radio ha ora fornito una migliore comprensione, sebbene ancora incompleta, della relazione tra l’idrogeno molecolare freddo, caldo e ionizzato nella scia di gas prodotta nel mezzo intergalattico dalla gigantesca onda d’urto.
«Queste nuove osservazioni ci hanno dato alcune risposte, ma alla fine quello che ci hanno mostrato è ciò che ancora non sappiamo», conclude Appleton. «Mentre ora abbiamo una migliore comprensione delle strutture di gas e del ruolo della turbolenza nel crearle e sostenerle, le future osservazioni spettroscopiche tracceranno i movimenti di questo gas attraverso l’effetto Doppler, ci diranno quanto velocemente si muove, ci permetteranno di misurare la sua temperatura e vedere come esso viene raffreddato o riscaldato dalle onde d’urto».
Guarda il servizio video su MediaInaf Tv: