ANALIZZERÀ ANCHE LE MOLECOLE PIÙ COMPLESSE

Un mini laboratorio per scovare la vita oltre la Terra

Un team di scienziati guidato dall'Università del Maryland ha sviluppato il modello ingegneristico di un nuovo analizzatore di molecole. Si tratta di un vero e proprio laboratorio di analisi chimiche miniaturizzato, molto più compatto, efficiente e performante dei suoi predecessori, che potrebbe dare un forte impulso alla ricerca di biofirme molecolari di vita su lune e pianeti lontani. Tutti i dettagli su Nature Astronomy

     18/01/2023

Immagine di una delle tre componenti dell’analizzatore molecolare. Crediti: Ricardo Arevalo

Le future missioni della Nasa per la ricerca della vita oltre la Terra potrebbero avere a bordo un nuovo strumento di analisi miniaturizzato in grado di rivoluzionare il modo in cui vengono fatte scoperte di astrobiologia su lune e pianeti lontani. Il dispositivo in questione, sviluppato da un team di scienziati guidato dall’Università del Maryland, negli Usa, è uno spettrometro di massa a desorbimento laser. Detto in altri termini, è un analizzatore di molecole.

È uno strumento compatto, efficiente in termini di risorse utilizzate, piccolo abbastanza da stare sul palmo di una mano e dal peso di poco più di cinque chilogrammi. Ma, soprattutto, promette di riuscire a trovare biofirme molecolari di vita anche in piccoli campioni di materiale planetario. In pratica, è un vero e proprio laboratorio d’analisi chimiche, simile al Mars Organic Molecule Analyzer (Moma) a bordo del rover Rosalind Franklin della missione Esa ExoMars, ma di dimensioni molto più ridotte.

«Questi strumenti sono stati originariamente costruiti per uso commerciale», dice Ricardo Arevalo, professore di geologia presso l’Università del Maryland e autore principale dello studio, pubblicato su Nature Astronomy, che descrive lo strumento. «Si tratta di oggetti abbastanza grandi, che si possono trovare nei laboratori delle industrie farmaceutiche, mediche e proteomiche. Quello nel nostro laboratorio, ad esempio, pesa poco meno di 200 chilogrammi. Ci sono voluti otto anni per realizzare un prototipo che potesse essere utilizzato in modo efficiente nello spazio: molto più piccolo e meno dispendioso in termini di risorse, ma comunque in grado di fare scienza d’avanguardia».

Per determinare la composizione chimica di una molecola e rilevare eventuali segni di vita, l’analizzatore combina tre strumenti: un laser a ultravioletti, una serie di elettrodi (lenti ioniche) e uno spettrometro di massa. Il primo strumento rimuove piccole quantità di roccia dalla superficie di un campione e scompone le molecole presenti nei costituenti. Il secondo ha la funzione di focalizzare questi ioni. Il terzo, infine, identifica univocamente le molecole presenti sulla base della loro massa.

Grazie alle sue dimensioni ridotte e alla richiesta di potenza minima, il mini-laboratorio di analisi potrà essere facilmente installato all’interno dei veicoli spaziali delle future missioni. La sua componente laser permetterà di condurre analisi meno invasive e quindi molto meno propense a contaminare o danneggiare i campioni.

«L’aspetto positivo di una sorgente laser è che tutto ciò che può essere ionizzato può essere analizzato», sottolinea Arevalo. «Se spariamo il nostro raggio laser su un campione di ghiaccio, dovremmo essere in grado di caratterizzarne la composizione e vedere le firme biologiche. Lo strumento ha una risoluzione e una precisione così elevate che qualsiasi struttura molecolare o chimica in un campione diventa molto più identificabile».

L’utilizzo del laser, oltre che consentire l’individuazione di piccole molecole come gli amminoacidi – firme “ambigue” della presenza di vita – consente inoltre di identificare molecole più grandi e complesse, che hanno maggiori probabilità di essere associati alla vita.

Nel riquadro (a), l’immagine dell’analizzatore montato all’interno di una camera di simulazione planetaria. In (b) e in (c), due viste dello che mostrano l’orientamento e la geometria compatta dell’analizzatore. Crediti: Ricardo Arevalo et al., Nature Astronomy, 2023

«Gli aminoacidi possono essere prodotti anche attraverso processi non biologici, il che significa che non sono necessariamente una prova di vita. Inoltre, potrebbero arrivare su un pianeta con i meteoriti, molti dei quali sono ricchi di queste molecole», dice a questo proposito Arevalo. «Molecole più grandi e complesse, come le proteine, è più probabile che siano state create o siano associate a sistemi viventi» aggiunge il ricercatore. «Il laser ci consente di studiare queste sostanze organiche più grandi e complesse, che rappresentano firme biologiche più affidabili rispetto a composti più piccoli e semplici».

Secondo i ricercatori, il mini-spettrometro offre tutte le caratteristiche necessarie per le future missioni nel Sistema solare esterno, sia quelle incentrate su obiettivi di rilevamento della vita su mondi oceanici (come la missione Enceladus Orbilander) che quelle riguardanti l’esplorazione della superficie lunare (come la missione Artemis della Nasa). Lo strumento potrebbe essere inviato nello spazio e dispiegato su un obiettivo planetario forse già a partire dai prossimi anni.

«Vedo questo prototipo come un apripista per altri futuri strumenti basati sulla tecnica della spettrometria di massa a desorbimento laser», conclude Arevalo. «Il nostro strumento ha il potenziale per migliorare significativamente il modo in cui attualmente studiamo la geochimica o l’astrobiologia di una superficie planetaria».

Per saperne di più: