Tutti gli occhi puntati su Dart, da terra e dallo spazio. Alla fine dello scorso settembre, la Nasa ha intenzionalmente fatto schiantare un veicolo spaziale contro il piccolo asteroide Dimorphos per deviare la sua orbita, portando a termine il primo test nello spazio per la difesa planetaria: il Double Asteroid Redirection Test (Dart). Il primo testimone dello schianto è stato il piccolo satellite tutto italiano LiciaCube partito insieme alla sonda Dart, che aveva proprio il compito di osservare lo schianto e i suoi effetti nei minimi dettagli. Ma anche il telescopio spaziale James Webb (Jwst) non è stato da meno.
Nonostante Webb sia stato definito il “Breakthrough” 2022 da Science, per osservare l’impatto di Dart, ha dovuto superare sé stesso. Jwst è stato infatti progettato per seguire target osservativi che si muovono rispetto a stelle e galassie nell’universo lontano e che appaiono quindi con buona approssimazione immobili. La sfida era riuscire a seguire oggetti in movimento con la stessa precisione con cui vengono puntati quelli fissi. In genere, utilizzando una speciale telecamera chiamata Fine Guidance Sensor (Fgs), Webb si aggancia a una cosiddetta stella guida per rimanere puntato sul suo obiettivo con grande precisione. Le osservazioni di bersagli mobili vengono eseguite spostando la stella guida con la stessa velocità dell’oggetto in movimento all’interno del campo visivo della camera Fgs. Questo ovviamente significa anche che il campo di stelle e galassie nello sfondo risulta mosso nelle immagini del soggetto mobile, non molto diversamente da come si fotografa un’auto da corsa trasformando gli spettatori di sfondo in una serie di strisce sfocate.
Nelle settimane precedenti all’impatto, da terra sono state svolte numerose attività supplementari per mettere a punto e testare un metodo efficace di tracciamento degli asteroidi che si muovono a una velocità tre volte superiore al limite di velocità di tracking per cui il Jwst è stato progettato, originariamente fissato alla velocità di Marte: 30 milliarcosecondi al secondo (mas/s) – equivalenti alla larghezza di una luna piena in poco meno di 17 ore. Il telescopio spaziale ha effettuato un’osservazione del luogo dell’impatto prima che avvenisse la collisione e poi diverse osservazioni nelle ore successive e alla fine il risultato non ha deluso le aspettative. Le immagini dello strumento NirCam (Near-Infrared Camera) mostrano un nucleo stretto e compatto, con pennacchi di materiale che appaiono come ciuffi che si allontanano dal centro nel punto in cui è avvenuto l’impatto. Nell’immagine sono visibili anche otto picchi luminosi, caratteristici degli effetti di diffrazione dovuti alla struttura del telescopio.
«L’analisi dei dati dell’impatto ci ha confermato che James Webb è in grado di tracciare e osservare bersagli a più di 100 mas/s. Tuttavia, è probabile che non useremo queste velocità elevate in modo abituale. Pur avendo avuto successo, queste osservazioni sono state impegnative da pianificare. Il nuovo limite di velocità fissato per Webb è ora di 75 mas/s per le osservazioni future», dice Stefanie Milam, vice responsabile scientifica del progetto Webb per la scienza planetaria presso il Goddard Space Flight Center della Nasa, in un post sul blog di Jwst.
Queste osservazioni, combinate con i dati del telescopio spaziale Hubble, consentiranno agli scienziati di acquisire conoscenze sulla natura della superficie di Dimorphos, sulla quantità di materiale espulso dalla collisione e sulla sua velocità. Gli scienziati prevedono di osservare il sistema di asteroidi anche nei prossimi mesi utilizzando lo strumento dedicato al medio infrarosso Miri e lo spettrografo NirSpec per l’infrarosso vicino. I dati spettroscopici serviranno anche a fornire ai ricercatori informazioni sulla composizione chimica dell’asteroide.