Soffriva di una miopia lieve. In diottrie: -1.5. È la diagnosi a ritroso firmata su Notes And Records del Royal Society Journal of the History of Science da Alexander Pietrow, ricercatore al Leibniz Institute for Astrophysics Potsdam (Aip), in Germania, per un paziente d’eccezione: il matematico e astronomo olandese Christiaan Huygens. A ritroso nel tempo, visto che individua e misura la miopia in una persona vissuta nel 17esimo secolo. E a ritroso per il processo seguito, una sorta di reverse engineering: la diagnosi è infatti formulata a partire da un difetto – o meglio, da una realizzazione non all’altezza delle conoscenze dell’epoca – nei telescopi da lui realizzati.
«È probabilmente la prima prescrizione oculistica postuma in assoluto, e fatta per qualcuno che visse 330 anni fa!», osserva lo stesso Pietrow ripercorrendo le tappe della sua scoperta sul sito dello Aip. Per arrivare a formularla, Pietrow ha passato in rassegna le tabelle messe a punto da Huygen e dal fratello per la progettazione di telescopi. Queste tabelle erano accompagnate da equazioni – si legge nel paper di Pietrow – che si avvicinavano molto alle tabelle e alle quali si poteva fare ricorso quando queste ultime non erano a portata di mano. Una tabella in particolare ha attirato l’attenzione di Pietrow, creata quando Huygens aveva circa 50 anni e apparentemente basata su un singolo telescopio ottimizzato – per prove ed errori – del quale l’astronomo ha poi usato i parametri per costruire telescopi con l’ingrandimento desiderato.
Parametri che però risultano tutt’altro che ottimali. E infatti i telescopi che lo scienziato olandese ha progettato utilizzando queste equazioni – per quanto gli abbiano consentito scoperte fondamentali, fra le quali quella di Titano – non reggono il confronto, in termini di nitidezza, con i migliori rifrattori dell’epoca. Da qui l’ipotesi che il fattore limitante nella costruzione dei suoi telescopi potessero essere i suoi stessi occhi: i progetti di Huygens non potevano essere ottimali perché oltre una certa soglia lo scienziato non riusciva a cogliere alcun miglioramento.
Se davvero c’è questo difetto visivo all’origine dei telescopi di Huygens, viene da chiedersi come sia possibile che il più grande meccanico del diciassettesimo secolo – com’è stato definito Huygens – tra un telescopio e l’altro non abbia trovato il tempo per costruirsi un paio d’occhiali. Ausilio che, per esempio, anche suo padre utilizzava. La risposta, secondo Pietrow, sta probabilmente nel fatto che quella di Huygens era una miopia lieve, soprattutto per l’epoca. Non essendo circondati come noi da schermi e segnali d’ogni genere e non dovendo guidare, per i suoi contemporanei la miopia – al di sotto di una certa soglia – non rappresentava un difetto da curare, com’è invece oggi. «La mia teoria», conclude Pietrow, «è che, poiché Huygens – al contrario di suo padre – non aveva bisogno di occhiali nella vita quotidiana, probabilmente non ci ha pensato quando ha realizzato i telescopi. Incorporando così inconsciamente questo difetto visivo nei suoi progetti».
Per saperne di più:
- Leggi su Notes And Records of the Royal Society Journal of the History of Science l’articolo “Did Christiaan Huygens need glasses? A study of Huygens’ telescope equations and tables”, di Alexander G. M. Pietrow