Le galassie crescono ed evolvono fondendosi con altre galassie, mescolando i loro miliardi di stelle, innescando esplosioni di formazione stellare e spesso alimentando i buchi neri supermassicci che risiedono nel loro centro, per generare quasar la cui luminosità sovrasta quella dell’intera galassia. Alcune di queste fusioni alla fine portano alla formazione di enormi galassie ellittiche che contengono buchi neri la cui massa è molti miliardi di volte quella del Sole. Sebbene gli astronomi abbiano osservato un vero e proprio zoo di galassie che si fondono con più di un quasar nel nostro vicinato cosmico, esempi più distanti, visti quando l’universo aveva solo un quarto della sua età attuale, sono piuttosto rari ed estremamente difficili da trovare.
Sfruttando osservatori spaziali e terrestri, tra cui il Gemini North del NoirLab, un team di astronomi ha scoperto una coppia strettamente legata di quasar che di fatto è la prima coppia di buchi neri supermassicci rivelata nel mezzogiorno cosmico, un periodo di frenetica formazione stellare in un momento in cui l’universo aveva solo tre miliardi di anni.
Precedenti osservazioni avevano identificato sistemi simili nelle prime fasi della fusione, quando le due galassie potevano ancora essere considerate entità nettamente separate. Ma questi nuovi risultati mostrano una coppia di quasar che brillano a una distanza ravvicinata di 10mila anni luce, e indicano che le loro galassie ospiti sono probabilmente sulla buona strada per diventare un’unica galassia ellittica gigante.
Cercare coppie di buchi neri supermassicci così vicini l’uno all’altro durante questa prima epoca è come cercare di trovare il proverbiale ago in un pagliaio. La maggior parte delle coppie di buchi neri sono troppo vicine per essere distinte singolarmente. Per poter rilevare un tale sistema, i due buchi neri supermassicci devono contemporaneamente accrescersi attivamente e brillare come quasar, condizioni estremamente rare. Statisticamente, in un dato momento, per ogni 100 buchi neri supermassicci solo uno si accresce attivamente.
I primi indizi del sistema in oggetto sono stati trovati nei dati del telescopio spaziale Hubble che ha rivelato due puntini luminosi molto vicini tra loro e molto lontani dalla Terra. Per verificare la vera natura del sistema, il team ha cercato nel vasto database dell’osservatorio Gaia dell’Esa, scoprendo un apparente jiggle che potrebbe essere il risultato di cambiamenti sporadici nell’attività di alimentazione di un buco nero. L’utilizzo del Gemini Multi-Object Spectrograph (Gmos) e di Gnirs su Gemini North, ha fornito misurazioni indipendenti della distanza dei quasar e ha confermato che i due oggetti sono entrambi quasar piuttosto che un allineamento casuale di un singolo quasar con una stella in primo piano. Ulteriori studi con il W.M. Keck Observatory, il Karl G. Jansky Very Large Array e l’Osservatorio a raggi X Chandra della Nasa hanno contribuito a confermare queste osservazioni.
«Non vediamo molti doppi quasar in questo primo momento. Ed è per questo che la scoperta è così eccitante. Conoscere la popolazione progenitrice dei buchi neri alla fine ci darà informazioni sull’emergere di buchi neri supermassicci nell’universo primordiale e di quanto potrebbero essere frequenti queste fusioni», conclude Yu-Ching Chen dell’Università dell’Illinois, primo autore dello studio appena pubblicato su Nature.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A close quasar pair in a disk–disk galaxy merger at z = 2.17” di Yu-Ching Chen, Xin Liu, Adi Foord, Yue Shen, Masamune Oguri, Nianyi Chen, Tiziana Di Matteo, Miguel Holgado, Hsiang-Chih Hwang & Nadia Zakamska