Quando si tratta di rilevare pianeti attorno ad altre stelle, gli astronomi hanno a disposizione vari metodi che si dividono principalmente in due grandi categorie: diretti e indiretti, che presentano entrambe vantaggi e svantaggi. Storicamente, la maggior parte degli esopianeti è stata trovata con metodi indiretti, per i quali la presenza dei pianeti si deduce dall’effetto che hanno sul moto della stella attorno alla quale orbitano. Nell’imaging diretto, invece, il pianeta viene effettivamente visto da un telescopio.
A oggi gli astronomi hanno rilevato più di 5000 esopianeti utilizzando metodi indiretti, ma solo circa 20 sono stati ripresi direttamente. Questo perché, affinché i pianeti siano visibili con le tecnologie attuali, devono essere ampiamente separati dalla loro stella ed essere molto più massicci di Giove.
Pare che di questi giganti gassosi non ce ne siano molti, e per questo gli astronomi vorrebbero sapere esattamente dove cercare. La maggior parte delle ricerche di immagini dirette sono “cieche”, nel senso che mirano semplicemente a una stella in base alla sua età e alla sua distanza, sperando di riuscire a vedere un pianeta. Ma su centinaia di stelle esaminate in questo modo, solo una manciata ha dimostrato di avere pianeti.
Thayne Currie del National Astronomical Observatory of Japan (Naoj) a Hilo, Hawaii e University of Texas-San Antonio, ha usato una strategia diversa per aumentare le probabilità di successo nella ricerca. Ha deciso di impiegare i dati della missione Gaia per individuare stelle che letteralmente oscillavano nel cielo.
In particolare, gli astronomi hanno utilizzato il Catalogo delle accelerazioni di Hipparcos-Gaia, che combina i dati di Gaia con quelli della precedente missione di mappatura stellare dell’Esa, Hipparcos, per fornire una baseline di 25 anni per confrontare le posizioni precise delle stelle. Da questo database, il team ha identificato un numero di stelle che sembravano cambiare posizione in cielo in un modo che suggeriva che attorno a ciascuna di esse orbitasse un pianeta gigante.
Successivamente, hanno usato il Subaru Telescope di Naoj a Mauna Kea, Hawaii, per fare osservazioni nella direzione di quelle stelle (in luglio e settembre del 2020, e in maggio e ottobre del 2021). In particolare, hanno utilizzato lo strumento Subaru Coronagraphic Extreme Adaptive Optics (Scexao) del telescopio accoppiato al Coronagraphic High-Resolution Imager e Spettrografo (Charis) e sono così stati in grado di catturare rapidamente un esopianeta.
Il pianeta appena scoperto si chiama Hip 99770 b, ha una massa circa 16 volte quella di Giove e orbita attorno a una stella che è quasi due volte più massiccia del Sole. Anche se l’orbita del pianeta è oltre tre volte più ampia dell’orbita di Giove attorno al Sole, riceve quasi la stessa quantità di luce del gigante gassoso nostrano perché la sua stella ospite è molto più luminosa del Sole.
Il successo della ricerca di questo pianeta, trovato “a colpo sicuro” grazie all’identificazione della stella tramite la ricerca delle sue oscillazioni, ha implicazioni più ampie, come sottolinea Currie: «Fornisce una nuova via per scoprire altri esopianeti e caratterizzarli in un modo molto più olistico di quanto potessimo fare prima». Questo perché i metodi di rilevamento diretti e indiretti forniscono informazioni diverse su un pianeta: l’imaging diretto può fornire eccellenti vincoli sulla temperatura e sulla composizione di un pianeta, mentre i metodi indiretti forniscono misurazioni eccellenti della massa del pianeta e delle caratteristiche orbitali, specialmente quando sono combinati con misurazioni della posizione del pianeta dall’imaging diretto. La combinazione dei dati di Gaia con le immagini del Subaru Telescope offre il meglio di entrambi i metodi.
Ora che gli astronomi sanno che il pianeta è lì ed è visibile, altri telescopi potranno analizzarlo: «La scoperta di questo pianeta genererà dozzine di studi successivi», aggiunge Currie.
Grazie a questo metodo ci saranno molte altre scoperte: Hip 99770 è stata una delle prime stelle osservate nella lista dei possibili candidati selezionati da Gaia. Attualmente, Currie e i suoi colleghi stanno analizzando i dati relativi ad altre 50 stelle e sembra proprio che in cantiere ci siano altre scoperte. Inoltre, la quarta release di dati di Gaia (Dr4) – basata su 5 anni e mezzo di dati (quasi il doppio della baseline per la Dr3) – renderà molto più facile individuare quali stelle stanno oscillando.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Direct imaging and astrometric detection of a gas giant planet orbiting an accelerating star” di Thayne Currie, G. Mirek Brandt, Timothy D. Brandt, Brianna Lacy, Adam Burrows, Olivier Guyon, Motohide Tamura, Ranger Y. Liu, Sabina Sagynbayeva, Taylor Tobin, Jeffrey Chilcote, Tyler Groff, Christian Marois, William Thompson, Simon J. Murphy, Masayuki Kuzuhara, Kellen Lawson, Julien Lozi, Vincent Deo, Sebastien Vievard, Nour Skaf, Taichi Uyama, Nemanja Jovanovic, Frantz Martinache, N. Jeremy Kasdin, Tomoyuki Kudo, Michael McElwain, Markus Janson, John Wisniewski, Klaus Hodapp, Jun Nishikawa, Krzysztof Hełminiak, Jungmi Kwon, Masahiko Hayashi