Si trova a 25 anni luce di distanza dalla Terra. È la stella più luminosa della costellazione del Pesce Australe e una fra le più brillanti del cielo notturno. Stiamo parlando di Fomalhaut: una stella con un’età di circa 440 milioni di anni, una temperatura superficiale attorno agli 8320 gradi Celsius, una massa doppia a quella del Sole e una luminosità che è 17 volte maggiore. Una fra le sue caratteristiche più studiate è la presenza di due dischi circumstellari: un disco esterno e un disco interno di polveri e gas, analoghi rispettivamente alla fascia di Edgeworth-Kuiper e alla fascia principale degli asteroidi del Sistema solare.
Questi anelli sono stati immortalati dai telescopi spaziali Hubble, Spitzer, Herschel e dall’Atacama Large Millimeter Array. Ora ci ha messo gli occhi anche il telescopio spaziale James Webb (Jwst), che grazie alla sua sensibilità è riuscito a risolvere caratteristiche mai state osservate prima. Ne parla in dettaglio un articolo pubblicato oggi sulla rivista Nature Astronomy.
Analizzando le immagini ottenute dallo spettrografo Miri a bordo di Jwst, un team guidato da András Gáspár dell’Università dell’Arizona ha infatti scoperto un nuovo anello, intermedio ai primi due: un conglomerato di polveri e gas ampio da 7 a 20 unità astronomiche. Lo si vede bene nell’immagine qui sotto, catturata dallo strumento durante il primo ciclo di osservazione nell’ambito del programma Guaranteed Time Observations dal titolo “Coronagraphic Imaging of Young Planets and Debris Disk with NirCam and Miri“.
L’anello in questione è separato dall’anello esterno da uno spazio vuoto già noto (l’outer gap), e dal disco interno (inner disk) da una divisione (inner gap) mai osservata prima, ampia 10 unità astronomiche e distante 78 unità astronomiche dalla stella. Secondo i ricercatori, questo spazio vuoto è probabilmente il prodotto di perturbazioni gravitazionali, suggerendo dunque la presenza di un pianeta nell’intervallo tra le fasce di detriti, anche se non è escluso che sia il risultato della formazione di una grande nube di polveri formatasi di recente.
Ma non è finita, Jwst ha visto anche dell’altro: una caratteristica all’interno nell’anello esterno presente nelle osservazioni a 23 e 25.5 μm – due delle lunghezze d’onda di esercizio dello strumento Miri – che gli autori dello studio hanno chiamato “Great Dust Cloud”, ovvero “Grande Nube di Polvere”. Secondo i ricercatori, si tratta di una nube di particelle creata da una precedente collisione tra detriti – molto probabilmente uno scontro catastrofico tra due oggetti di 355 km di raggio avvenuto a velocità di circa 1300 chilometri orari.
Nelle immagini di Jwst non si vede Fomalhaut b, l’oggetto celeste che all’epoca della scoperta si pensava fosse un pianeta (uno tra i primi candidati pianeti extrasolari scoperti attorno a una stella tramite immagini dirette), ma che oggi si pensa sia una nube di gas e polveri in espansione, tant’è che dal 2020 la Nasa l’ha ufficialmente rimosso dalla lista di candidati esopianeti. I ricercatori, tuttavia, hanno previsto la localizzazione di questa nube (la si può vedere nel riquadro in alto dell’immagine), che potrebbe essersi originata proprio dall’anello intermedio appena scoperto.
Le strutture degli anelli circumstellari di detriti, la loro geometria e le indicazioni dei massicci eventi di collisione che hanno portato alla formazione delle nubi “Fomalhaut b” e “Great Dust Cloud” evidenziano tutti che Fomalhaut è circondata da un complesso sistema planetario, concludono i ricercatori. Insieme alle precedenti osservazioni, i nuovi dati suggeriscono che questo sistema planetario possa essere attivo.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Spatially resolved imaging of the inner Fomalhaut disk using JWST/MIRI” di András Gáspár, Schuyler Grace Wolff, George H. Rieke, Jarron M. Leisenring, Jane Morrison, Kate Y. L. Su, Kimberly Ward-Duong, Jonathan Aguilar, Marie Ygouf, Charles Beichman, Jorge Llop-Sayson e Geoffrey Bryden