DECISIVO L’AZIONAMENTO DEGLI ATTUATORI NON ESPLOSIVI

Sedici metri di felicità per il radar di Juice

Operazione perfettamente riuscita a sette milioni di km dalla Terra: il team dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, dando uno “scossone” ben calcolato alla sonda in viaggio verso Giove, è riuscito a sbloccare – dopo tre settimane di suspense – l’antenna da 16 metri del radar italiano Rime. Ora è completamente aperta. Ci siamo fatti raccontare tutti i dettagli dal responsabile scientifico di Rime, Lorenzo Bruzzone, dell’Università di Trento

     14/05/2023

Dopo oltre tre settimane dall’inizio dei tentativi di dispiegamento, il braccio dell’antenna da 16 metri dello strumento Rime (Radar for Icy Moons Exploration) a bordo della sonda Juice si è finalmente sbloccato e ha raggiunto l’estensione prevista. Crediti: Esa/Juice/Jmc

Libera. L’antenna da 16 metri del radar italiano Rime a bordo della sonda Juice è finalmente libera. E gli scienziati della missione possono riprendere a respirare. L’attesissima notizia è arrivata venerdì sera con un tweet dell’Agenzia spaziale europea, dopo tre settimane di suspense alle stelle. Tre settimane di ragionamenti, simulazioni, ipotesi, calcoli. Da quando, il 21 aprile scorso, il tentativo di apertura di uno dei due bracci era riuscito solo a metà – anzi, a un terzo – a causa dell’inceppamento del meccanismo d’estensione. Un iniziale momento di sconforto era più che comprensibile: quando qualcosa s’incaglia a bordo di una sonda spaziale a milioni di km dalla Terra, in viaggio di sola andata verso Giove e le sue lune ghiacciate, un po’ di preoccupazione è il minimo. I tecnici dell’Esa si erano però mostrati fin da subito assai ottimisti: abbiamo tempo, e abbiamo parecchi assi nella manica, avevano promesso. E ora sappiamo quanto avessero ragione. Tra chi contiene a stento il sollievo per questo successo c’è senz’altro il principal investigator del radar Rime, il professor Lorenzo Bruzzone dell’Università di Trento, il cui strumento – progettato per sondare la composizione delle lune ghiacciate di Giove fino a nove km al di sotto della superficie – è fra quelli dai quali si attendono i risultati scientifici più sorprendenti. E che senza antenna avrebbe dovuto dire addio a ogni speranza di raccogliere dati.

Quando l’ha saputo, che il tentativo di sbloccare l’antenna era andato a buone fine? Dove si trovava?

«Ero nella sala di controllo della missione a Darmstadt a seguire le operazioni con il team di Esa. Sono stati momenti molto intensi ed emozionanti. A valle della scossa impressa in prossimità del meccanismo bloccato, la prima indicazione sul possibile successo è venuta dalla telemetria, che ha evidenziato oscillazioni della sonda con frequenze e direzioni compatibili con l’energia sprigionata dall’apertura dell’antenna. La conferma dell’effettiva apertura ha dovuto attendere le immagini delle due fotocamere di bordo che sono arrivate a Terra solo dopo parecchi minuti. Nella prima immagine non si vedevano più i due bracci dell’antenna ripiegati: quindi erano finalmente aperti. Questo ha scatenato l’entusiasmo nella control room e ovviamente in tutto il team di Rime. Dopo più di tre settimane di lavoro intenso le attività di apertura dell’antenna si sono completate con successo».

Lorenzo Bruzzone, professore all’Università di Trento e principal investigator dello strumento Rime a bordo di Juice, con alle spalle la sonda a Kourou, sulla rampa di lancio

Qual era la causa esatta del problema?

«Le analisi dei dati raccolti nelle tre settimane di attività hanno consentito di concludere che il blocco era causato da uno dei due perni che tenevano compresso e ripiegato uno dei bracci dell’antenna nella posizione di lancio. I due perni erano controllati da un attuatore non esplosivo che teneva in tensione un meccanismo a molle. L’attivazione dell’attuatore – che ha funzionato correttamente – aveva il compito di liberare i due perni, cosa che avrebbe consentito alle molle di tornare in posizione di riposo estraendo i perni stessi e sbloccando il segmento dell’antenna. Le immagini delle fotocamere e le simulazioni fatte a terra hanno permesso di identificare la causa della mancata apertura nel fatto che uno dei due perni non si fosse retratto completamente».

E a quel punto cosa avete deciso di fare?

«Per sbloccare il meccanismo è stato fatto quello che facciamo in presenza di situazioni simili nella vita di tutti giorni, ovvero è stato dato uno scossone al meccanismo inceppato. Nello spazio l’operazione è complessa, perché si trattava di scuotere una sonda di più di sei tonnellate a circa sette milioni di chilometri di distanza dalla Terra e con forza e direzione adeguate a sbloccare il meccanismo. Quindi sono stati fatti alcuni tentativi con impulsi generati con il motore principale e i propulsori in combinazione con aumenti controllati della temperatura. Tali tentativi hanno mostrato movimenti dell’antenna piuttosto incoraggianti. Lo scossone definitivo è stato dato dall’innesco di un attuatore non esplosivo che teneva in compressione l’altro braccio dell’antenna ed era posto sullo stesso braccetto di sostegno del perno bloccato. L’intensità e la vicinanza dell’urto che ne è conseguito hanno sbloccato definitivamente il perno. Tutte queste operazioni sono state fatte dopo aver ruotato la sonda in modo da illuminare con il Sole la parte bloccata e scaldarla per portarla da una temperatura di -80 °C a temperatura ambiente. Il connubio tra gli effetti termoelastici sul meccanismo e gli scossoni ha portato allo sblocco».

Cosa sono questi “attuatori non esplosivi”?

«L’antenna di Rime è lunga 16 metri, inevitabilmente ha dovuto essere ripiegata e compressa per il lancio. Per mantenere questa posizione sono stati predisposti dei meccanismi di blocco che dovevano poi essere rimossi per consentire un’apertura sequenziale dei segmenti dell’antenna. I sei attuatori non esplosivi dell’antenna di Rime avevano il compito di rimuovere i meccanismi di blocco. L’attivazione di ciascuno ha sciolto il filo che univa i due perni, liberato le molle compresse che avevano il compito di estrarli sbloccando il segmento corrispondente dell’antenna. Ciascuna di queste operazioni ha impresso uno shock molto intenso nell’area di attivazione».

Questo grafico mostra attraverso i dati di telemetria lo shock meccanico generato dall’azionamento dell’attuatore non esplosivo nella staffa di montaggio. L’attuatore è stato azionato nel momento indicato come “NEA 6 Release”. L’oscillazione di smorzamento risultante indica che l’antenna viene rilasciata e poi oscilla avanti e indietro prima di stabilizzarsi in una posizione estesa e bloccata. Crediti: Esa

Ora la situazione qual è? Entrambi i bracci dell’antenna si sono aperti?

«Sì, a valle dell’apertura del ramo bloccato si è proceduto a completare le operazioni aprendo anche l’altro braccio dell’antenna. Tutto è andato a buon fine, e adesso l’antenna è completamente aperta per una lunghezza complessiva di 16 metri. Non ci sono altre attività da fare sull’antenna».

E il resto di Rime, il “cuore” del radar intendo?

«Fin qui tutti i test condotti confermano il corretto funzionamento del radar. Abbiamo verificato il funzionamento della parte digitale e della catena di ricezione con l’antenna in posizione chiusa e parzialmente aperta. Abbiamo anche avviato le prime misure con l’antenna completamente aperta e tutti i risultati mostrano che il radar si comporta secondo quanto previsto. Nelle prossime settimane dovremo completare le attività facendo ulteriori misure e verificando il corretto funzionamento della catena di trasmissione in linea con quanto pianificato prima del lancio di Juice».

Adesso cosa vi attende? Voglio dire, quale sarà il primo corpo che analizzerete con Rime?

«La prima acquisizione di Rime nel sistema gioviano sarà durante un flyby su Ganimede nel febbraio del 2032. Tuttavia, stiamo valutando la possibilità di attivare il radar durante la fase di crociera in prossimità dei flyby sulla Luna (agosto 2024), sulla Terra (agosto 2024, settembre 2026 e gennaio 2029) e su Venere (agosto 2025). È prematuro dire se ciò sarà possibile data la delicatezza delle manovre durante i flyby, che hanno come priorità quella di sfruttare l’effetto fionda per accelerare la sonda), ma avremo modo di studiare la fattibilità con il controllo missione di Esa nei prossimi mesi».