Le più giovani tra le vagabonde blu preferiscono vivere in ambienti poco affollati. Un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) ha individuato, per la prima volta, una chiara relazione tra le proprietà fisiche di queste enigmatiche stelle e l’ambiente in cui si formano. Pubblicato su Nature Communications, lo studio è la prima analisi sistematica delle velocità di rotazione delle blue straggler (vagabonde blu), effettuato su un campione di oltre 300 stelle in otto ammassi globulari della Via Lattea.
«I risultati che abbiamo ottenuto indicano come la formazione di blue straggler sia in pieno svolgimento in ammassi di bassa densità, mentre è notevolmente ridotta in ambienti molto densi», spiega Francesco Ferraro, professore al Dipartimento di fisica e astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna e associato Inaf, primo autore dello studio. «La scoperta apre nuovi orizzonti sia per lo studio di queste stelle che per la comprensione dell’evoluzione degli ammassi globulari».
Le vagabonde blu sono stelle affascinanti e misteriose. L’astronomo Allan Sandage, che per primo le scoprì nel 1953, notò che apparivano più calde e più luminose della maggior parte delle altre, suggerendo così una massa più grande e quindi un’età più giovane, dato che le stelle più massicce evolvono più rapidamente. Per questo le battezzò “blue stragglers”, appunto “vagabonde blu”: perché sembravano stelle che si erano perse e non avevano seguito il normale comportamento del “gregge” delle altre stelle, le quale erano invece invecchiate diventando progressivamente più fredde.
Oggi sappiamo che le vagabonde blu sono stelle che stanno vivendo una seconda giovinezza. Il loro aspetto più caldo e più luminoso, e la loro massa maggiore, nasce infatti come esito della fusione di due vecchi astri, che può avvenire o a seguito di una collisione stellare o per fenomeni di vampirismo in sistemi binari, in cui una delle due stelle acquisisce massa a spese della sua compagna.
In entrambi i casi, il risultato di questa fusione è una nuova stella che, rispetto ai suoi progenitori, non solo è più massiccia, più luminosa e più blu, ma gira anche su se stessa come una trottola. Mentre infatti le stelle normali ruotano attorno al proprio asse con velocità inferiori a 20 chilometri al secondo, le blue straggler giovani possono arrivare addirittura fino a 200 chilometri al secondo.
«L’elevata velocità di rotazione è una caratteristica comune delle stelle giovani», dice Ferraro. «Infatti, a causa di fenomeni di frenamento ancora in parte sconosciuti, la velocità di rotazione si riduce progressivamente nel tempo e quindi gli astri più vecchi girano sempre meno velocemente: il nostro Sole, che ha un’età di 4,5 miliardi di anni, è un tipico esempio di rotatore lento, con una velocità di rotazione di due chilometri al secondo».
La velocità di rotazione è quindi un fattore molto utile per distinguere le vagabonde blu appena nate da quelle più anziane. Da qui sono partiti gli studiosi dell’Università di Bologna e dell’Inaf, con un’analisi avviata nel 2006 e condotta principalmente con il Very Large Telescope dell’Eso. I ricercatori hanno preso in considerazione un campione di oltre 300 stelle in otto ammassi globulari della Via Lattea, tutti estremamente vecchi (formatisi 12 miliardi di anni fa), ma con differenti caratteristiche strutturali – sia a bassa densità che ad alta densità stellare –, in modo da tenere conto delle diverse condizioni ambientali in cui possono nascere le vagabonde blu. Non va infatti dimenticato che, proprio perché sono molto vecchi, gli ammassi globulari sono privi di gas, e quindi la nascita delle vagabonde blu è l’unica possibile attività di formazione stellare recente.
L’analisi realizzata ha così permesso di identificare diverse vagabonde blu all’inizio della loro nuova vita, che ruotano fino a cento volte più veloci del Sole. La loro distribuzione non è risultata però la stessa in tutti gli ambienti: l’habitat preferito dalle giovani blu straggler (con velocità di rotazione superiore a 40 km/s) è infatti quello degli ambienti poco affollati.
«Negli ammassi globulari a bassa densità stellare, circa il 40 per cento delle vagabonde blu mostra elevate velocità di rotazione, mentre in ambienti ad alta densità la percentuale di rotatori veloci scende di un fattore 10, per attestarsi attorno al 3-4 per cento», spiega Ferraro. «Questa è la prima chiara relazione mai trovata tra le proprietà fisiche delle blue straggler e l’ambiente in cui si formano».
I risultati ottenuti mostrano che la formazione di vagabonde blu è in pieno svolgimento negli ammassi di bassa densità, mentre è notevolmente ridotta in ambienti molto densi. Inoltre, la scoperta apre la strada alla possibilità di determinare il tasso di formazione di queste stelle (via collisioni o vampirismo) in diversi ambienti, e di calcolare la loro età di formazione attraverso la sola misura della velocità di rotazione.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Fast rotating blue stragglers prefer loose clusters”, di Francesco R. Ferraro, Alessio Mucciarelli, Barbara Lanzoni, Cristina Pallanca, Mario Cadelano, Alex Billi, Alison Sills, Enrico Vesperini, Emanuele Dalessandro, Giacomo Beccari, Lorenzo Monaco e Mario Mateo