Le cinture o fasce di radiazioni (in inglese, radiation belts) sono regioni ricche di particelle cariche intrappolate dal campo magnetico di un corpo celeste nella sua magnetosfera. Sino ad oggi queste strutture a forma di ciambella sono state osservate solo attorno ad alcuni pianeti del Sistema solare. Un team di astronomi guidati dall’Università della California a Santa Cruz (Ucsc) ha ora rivelato per la prima volta la presenza di simili regioni attorno a un corpo non planetario fuori dal Sistema solare.
«Abbiamo studiato la magnetosfera del nostro target tracciando le emissioni radio del plasma, – la cintura di radiazione. Ciò non è mai stato fatto prima d’ora per un oggetto delle dimensioni di un gigante gassoso al di fuori del Sistema solare», dice Melodie Kao, ricercatrice all’Università della California a Santa Cruz e prima autrice dello studio, pubblicato questa settimana su Nature, che riporta i dettagli della scoperta.
L’oggetto in questione è la nana ultrafredda LsrJ1835+3259, un corpo celeste a 18 anni luce dalla Terra che ha già fatto parlare di sé per la presenza di un’atmosfera in grado produrre aurore – spettacoli di luce simili a quelli che sulla Terra chiamiamo aurore polari, come le “luci del Nord” nell’emisfero boreale. È proprio la presenza di queste aurore che ha spinto gli astronomi a cercare qualche altra caratteristica interessante di questo oggetto celeste. E l’hanno trovata: una nube di elettroni intrappolata nella magnetosfera della “stella fallita” – espressione usata dagli astronomi per riferirsi alle nane brune – che forma una struttura bilobata molto simile alle fasce di radiazione presenti attorno a Giove. La scoperta è stata effettuata utilizzando l’High Sensitivity Array (Hsa), una schiera di 39 antenne radio sparse tra gli Stati Uniti e la Germania nelle cui immagini ad alta risoluzione è stato possibile rilevare il segnale.
Il nostro pianeta possiede due cinture di radiazione – una più interna e una più esterna – chiamate fasce di Van Allen, dal nome del fisico statunitense che per primo ha ottenuto l’evidenza della loro esistenza analizzando i dati di Explorer 1, il primo satellite messo in orbita dalla Nasa. Successivamente sono state scoperte cinture di particelle cariche anche attorno a Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Tutti questi corpi celesti hanno in comune la presenza di un campo magnetico abbastanza forte da trattenere le particelle cariche. Ciò che cambia tra un corpo e l’altro è come il campo magnetico viene generato. Nella Terra, ad esempio, è in gran parte prodotto da un oceano di ferro liquido e vorticoso che costituisce il nucleo esterno. Su Giove, invece, il fluido conduttore è l’idrogeno metallico; la stessa materia degenere che secondo i ricercatori produce il campo magnetico delle nane brune come Lsr J1835+3259.
Abbiamo accennato al fatto che Lsr J1835+3259 mostra attività aurorale. Nello studio gli astronomi sono stati in grado di ottenere immagini ad alta risoluzione che hanno permesso di distinguere tra la posizione dell’aurora e le fasce di radiazione.
«Questo è un primo passo fondamentale per trovare molti altri oggetti simili e affinare le nostre capacità per cercare magnetosfere sempre più piccole, permettendoci infine di studiare quelle di pianeti potenzialmente abitabili delle dimensioni della Terra», sottolinea Evgenya Shkolnik, ricercatrice dell’Arizona State University e coautrice dello studio.
Rimangono però alcune domande aperte. Una è la seguente: qual è la fonte del plasma della fascia di radiazione che cinge la nana ultrafredda? Sulla Terra queste particelle provengono dalla nostra stella con il vento solare. Su Giove la fonte sono le eruzioni vulcaniche della luna Io, il corpo vulcanicamente più attivo del Sistema solare. Secondo i ricercatori, su Lsr J1835+3259 potrebbero provenire da pianeti e lune che orbitano attorno alla stella, probabilmente dalla stessa attività vulcanica che semina queste particelle sul gigante gassoso.
«Ora che abbiamo stabilito che questo particolare tipo di emissione radio traccia le fasce di radiazione nei campi magnetici di questi oggetti, quando osserviamo emissioni simili nelle nane brune – ed eventualmente in giganti gassosi – possiamo dire con maggiore certezza che probabilmente hanno un grande campo magnetico, anche se il nostro telescopio non è abbastanza grande per vederne la forma», conclude Kao. «Non vediamo l’ora che il Next Generation Very Large Array (ngVla), attualmente in fase di sviluppo da parte del National Radio Astronomy Observatory (Nrao), sia operativo, per visualizzare molte più fasce di radiazioni extrasolari».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Resolved imaging confirms a radiation belt around an ultracool dwarf” di Melodie M. Kao, Amy J. Mioduszewski, Jackie Villadsen e Evgenya L. Shkolnik