UN OTTIMO CANDIDATO PER STUDI ATMOSFERICI CON JWST

Trovato un potenziale nuovo mondo vulcanico

Un team di ricercatori guidato da Merrin Peterson, dell'Istituto Trottier per la ricerca sugli esopianeti (iREx) con sede all'Università di Montreal, in un articolo pubblicato la settimana scorsa su Nature, ha descritto la scoperta di un esopianeta coperto da vulcani, di dimensioni e massa simili a quelle terrestri, la cui intensa attività geologica potrebbe consentire la presenza di acqua in superficie

     22/05/2023

Rappresentazione artistica di Lp 791-18 d, un mondo delle dimensioni della Terra a circa 90 anni luce di distanza. Gli astronomi hanno scoperto e studiato il pianeta utilizzando i dati del telescopio spaziale Spitzer e di Tess della Nasa, insieme a molti altri osservatori. Crediti: Goddard Space Flight Center della Nasa/Chris Smith (KRBwyle)

Immaginate un mondo dominato dai vulcani. Un continuo e terrificante spettacolo di violente eruzioni che raggiungono chilometri di altezza e impetuose colate laviche che si fanno spazio sulla superficie. Potrebbe sembrare un girone dell’inferno, ma posti di questo tipo esistono nella realtà, e alcuni di questi li abbiamo osservati. Per esempio, la luna di Giove Io, il cui interno viene riscaldato dalla forza gravitazionale esercitata dal gigante gassoso e dalle altre lune, e l’energia termica viene poi rilasciata attraverso un’intensa attività vulcanica che coinvolge tutta la superficie.  

Una dinamica simile sembra avvenire su un esopianeta coperto da vulcani, recentemente scoperto da un team di ricercatori guidato da Merrin Peterson, dell’Istituto Trottier per la ricerca sugli esopianeti (iREx) con sede all’Università di Montreal. Lp 791-18 d – questo il suo nome – è stato identificato utilizzando i dati del Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess), del telescopio spaziale Spitzer, ormai in pensione dal 2020, e di diversi osservatori terrestri. Il team autore della ricerca, pubblicata la scorsa settimana su Nature, ha riscontrato che il pianeta in questione, che orbita attorno a una nana rossa a circa 90 anni luce da noi, in direzione della costellazione meridionale del Cratere, possiede dimensioni e massa simili a quelle terrestri.  

Lp 791-18 d percorre il suo cammino attorno alla piccola e fredda stella insieme ad altri due compagni, già scoperti in precedenza. Il più esterno di questi, Lp 791-18 c, un cosiddetto mininettuno, è circa 2,5 volte più grande della Terra e possiede una massa sette volte maggiore. Questo pianeta – che come si può dedurre dal nome che lo classifica è molto simile al nostro vicino Nettuno, ma possiede dimensioni inferiori – ha un percorso orbitale che passa a breve distanza dal nuovo scoperto Lp 791-18 d. La spinta gravitazionale causata dal passaggio ravvicinato rende l’orbita di Lp 791-18 d ellittica, e questo causa una leggera deformazione del pianeta ogni volta che orbita intorno alla stella. A sua volta, la deformazione crea una sorta di attrito che scalda l’interno del pianeta, e produce un’intensa attività vulcanica sulla superficie.  

Se questo mondo fosse geologicamente attivo come i ricercatori sospettano, potrebbe mantenere un’atmosfera. Inoltre, Lp 791-18 d si trova nel bordo interno della zona abitabile della stella, la zona all’interno della quale è ritenuta possibile la presenza di acqua liquida in superficie. Acqua che, stando allo studio, potrebbe condensare su un lato del pianeta. Infatti, Lp 791-18 d rivolge sempre la stessa faccia alla sua stella, un po’ come avviene per la Luna nei confronti della Terra. Questo significa che un lato potrebbe essere troppo caldo per mantenere l’acqua allo stato liquido, mentre il lato opposto, costantemente al buio e al riparo dalla radiazione della stella, sarebbe sufficientemente temperato da consentirne la presenza. 

«Una grande domanda dell’astrobiologia, il campo che studia in generale le origini della vita sulla Terra e oltre, è se l’attività tettonica o vulcanica sia necessaria per la vita», dice il coautore dello studio Jessie Christiansen, ricercatore presso l’Exoplanet Science Institute della Nasa al California Institute of Technology di Pasadena. «Oltre a consentire potenzialmente un’atmosfera, questi processi potrebbero far emergere materiali che altrimenti sprofonderebbero e rimarrebbero intrappolati nella crosta, compresi quelli che riteniamo importanti per la vita, come il carbonio». 

Il pianeta c è già stato inserito in lista per essere osservato dal James Webb Space Telescope, e il team ritiene che anche il pianeta d sia un candidato eccezionale per i dettagliati studi atmosferici del telescopio. 

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “A temperate Earth-sized planet with tidal heating transiting an M6 star” di S. Peterson, Björn Benneke, Karen Collins, Caroline Piaulet, Ian J. M. Crossfield, Mohamad Ali-Dib, Jessie L. Christiansen, Jonathan Gagné, Jackie Faherty, Edwin Kite, Courtney Dressing, David Charbonneau, Felipe Murgas, Marion Cointepas, Jose Manuel Almenara, Xavier Bonfils, Stephen Kane, Michael W. Werner, Varoujan Gorjian, Pierre-Alexis Roy, Avi Shporer, Francisco J. Pozuelos, Quentin Jay Socia, Ryan Cloutier, Jeremy Dietrich, Jonathan Irwin, Lauren Weiss, William Waalkes, Zach Berta-Thomson, Thomas Evans, Daniel Apai, Hannu Parviainen, Enric Pallé, Norio Narita, Andrew W. Howard, Diana Dragomir, Khalid Barkaoui, Michaël Gillon, Emmanuel Jehin, Elsa Ducrot, Zouhair Benkhaldoun, Akihiko Fukui, Mayuko Mori, Taku Nishiumi, Kiyoe Kawauchi, George Ricker, David W. Latham, Joshua N. Winn, Sara Seager, Howard Isaacson, Alex Bixel, Aidan Gibbs, Jon M. Jenkins, Jeffrey C. Smith, Jose Perez Chavez, Benjamin V. Rackham, Thomas Henning, Paul Gabor, Wen-Ping Chen, Nestor Espinoza, Eric L. N. Jensen, Kevin I. Collins, Richard P. Schwarz, Dennis M. Conti, Gavin Wang, John F. Kielkopf, Shude Mao, Keith Horne, Ramotholo Sefako, Samuel N. Quinn, Dan Moldovan, Michael Fausnaugh, Gábor Fűűrész & Thomas Barclay