BUONE PRATICHE PER L’EQUITÀ DI GENERE

Al congresso con bebè a bordo

Implementare misure di accoglienza verso i bambini più piccoli, dai bagni attrezzati con fasciatoi alle sale riservate per allattare o riposarsi, può incoraggiare la partecipazione dei neo-genitori, e in particolare delle neo-mamme, ai convegni scientifici. Ne parliamo con Daria Dall'Olio, ricercatrice a Onsala, Svezia, e associata Inaf, che racconta la sua esperienza positiva a un recente congresso in Giappone

     25/05/2023

La ricercatrice Daria Dall’Olio con la figlia di quattro mesi dinanzi al suo poster, premiato con il ‘best poster award’ al congresso Protostars and Planets VII a Kyoto, Giappone

Intraprendere una carriera di ricerca è una sfida notevole, tra gli impegni incessanti, la competizione sfrenata e la precarietà imperante che caratterizzano l’ingresso in questa professione. Un canale importante – se non addirittura essenziale – per progredire in questo ambiente tanto affascinante quanto arduo è la partecipazione a congressi internazionali, che permette non solo di presentare i propri risultati a una platea di specialisti ma anche di aggiornarsi sullo stato dell’arte della propria disciplina e fare networking con colleghi di tutto il mondo. Eppure recarsi a un congresso, magari dall’altro capo del pianeta, non è di facile accesso per tutti.

I genitori – e in particolare le mamme – di figli piccoli sono tra i gruppi che, a causa delle responsabilità di cura familiare, incontrano maggiori barriere alla partecipazione a questi eventi, trovandosi spesso davanti a un dilemma che può avere ricadute non trascurabili sulla carriera nel breve e lungo termine. Per ovviare a questo tipo di ostacoli, di cui risente soprattutto la carriera delle ricercatrici madri, alcuni congressi hanno iniziato a implementare misure di accoglienza verso i bambini, anche i più piccoli, invogliando alla partecipazione anche chi ha un bebè a carico e contribuendo così a rendere più equa e inclusiva quella particolare comunità di ricerca.

È il caso del convegno Protostars and Planets VII, tenutosi lo scorso aprile a Kyoto, in Giappone. Si tratta di un meeting che si tiene solitamente ogni sette anni, in cui parecchie centinaia di ricercatrici e ricercatori da tutto il mondo si ritrovano per discutere degli sviluppi raggiunti sul tema della formazione di stelle e pianeti nell’ultimo decennio. Ne parliamo con Daria Dall’Olio, ricercatrice post-doc all’Osservatorio spaziale di Onsala, in Svezia, e associata presso la sede di Arcetri dell’Istituto nazionale di astrofisica, che si occupa di radioastronomia e studia la formazione stellare. A metà aprile, Dall’Olio ha partecipato a questo convegno e ha deciso di andarci con un’accompagnatrice molto speciale: la figlia di quattro mesi.

Non deve essere stato facile decidere di andare a un convegno con un bebè di quattro mesi, per giunta in un altro continente. Cosa l’ha aiutata in questa scelta?

«Partecipare a questo congresso per me era di fondamentale importanza, perché è uno dei più importanti nel mio settore, e mi avrebbe dato una grossa possibilità di fare networking. Avevo anche vinto una borsa della fondazione svedese Åforsk per parteciparvi, e siccome il congresso era stato rimandato più volte per via della pandemia, avevo anche dovuto chiedere una proroga della scadenza della borsa. Così quando le date del congresso sono state finalmente fissate, andarci con la bimba era l’unica possibilità. Allora ho pensato che sarebbe stato utile leggere le testimonianze di altre mamme che avessero già provato l’esperienza di andare a un congresso con una neonata. Così ho cercato su Google “andare a un congresso con una bimba” e sono venute fuori due o tre esperienze, con qualche suggerimento. Alcuni sono stati utili, altri no, e dalla mia esperienza ne aggiungerei altri ancora. Ma leggere queste esperienze e quei consigli è stato importante per me: mi sono sentita meno folle e più incoraggiata».

Ha contattato gli organizzatori in anticipo?

«Sì, ed è stato molto importante perché così si sono attivati per supportarmi in modi che non avrei mai pensato. Avevo un po’ paura che mi dicessero di non partecipare per non disturbare gli altri partecipanti, invece si sono mostrati immediatamente disponibili e gentilissimi. Già dalla prima mail hanno accolto mia figlia a braccia aperte, e questo mi ha tranquillizzato moltissimo».

Che tipo di supporto ha incontrato al congresso?

«Il comitato di organizzazione locale (local organizing committee, o Loc) è stato fantastico. Avevano organizzato un servizio di asilo (childcare), ma io sto ancora allattando e la bimba è ancora troppo piccola per essere lasciata lontana da me a lungo, quindi ho seguito le presentazioni con lei in fascia. Il Loc mi ha dato tantissimo supporto, per esempio ha cercato e mostrato i bagni con i fasciatoi del centro congressi. Ogni giorno mi chiedeva se andava tutto bene, e mi ha fatto tenere nell’ufficio dedicato al personale organizzatore una borsa con i pannolini e i ricambi di emergenza di mia figlia, così da non dover portare sempre appresso tutto ogni giorno».

Il bagno attrezzato con fasciatoio presso il Kyoto International Conference Center, Giappone. Crediti: D. Dall’Olio

Come ha reagito sua figlia?

«Per la maggior parte del tempo ha dormito, oppure si guardava attorno curiosa. Durante le sessioni dedicate ai poster è stata incredibilmente tranquilla, dandomi la possibilità di interagire e parlare con gli altri ricercatori. A volte qualche ricercatrice o qualche ricercatore si fermava per chiacchierare e per fare i complimenti perché la bimba era bravissima e tanto buona… e ovviamente lei elargiva gran sorrisi. Ma non è sempre stata così, ci sono stati anche dei “momenti no”, in cui era più agitata, non ne voleva sapere di stare in fascia e l’unico modo per tenerla buona era camminare. Ho seguito alcune sessioni del congresso stando in piedi, dondolandola, oppure andando avanti e indietro nelle retrovie della sala. E poi ci sono stati anche momenti di panico quando la bimba ha deciso che doveva assolutamente parlare, fare urletti… o piangere! Le prime volte per non disturbare troppo gli altri partecipanti, correvo fino al corridoio o, nei casi più estremi, sono proprio uscita fuori. Fortunatamente il centro congressi era circondato da un meraviglioso parco, popolato da moltissime famiglie e bambini, e quindi le sue urla non hanno mai destato gran interesse. Poi il comitato organizzatore è stato molto solerte e gentile e avendo notato le mie corse quando la bimba piangeva, mi ha offerto di seguire i talk dalle loro postazioni: avevano montato alcuni monitor in due aree esterne alla sala conferenze, con il collegamento Zoom per seguire in diretta il congresso mentre loro si occupavano dell’organizzazione. Piccole cose che però hanno significato tanto».

Ha incontrato anche qualche ostacolo?

«Quando si viaggia con dei bambini, bisogna tenere conto che serve più tempo per fare tutto e si possono presentare anche contrattempi, come un pianto inconsolabile che necessita di trovare un angolo più tranquillo dove ritrovare la calma, oppure un cambio pannolino nel momento più improbabile che richiede uno stop imprevisto. La mia tabella di marcia doveva tener conto anche delle esigenze della bimba e quindi l’organizzazione di tutto il viaggio ha richiesto un grande sforzo di pianificazione, non solo per gli spostamenti ma anche per le giornate del congresso. Per esempio, gli orari del congresso erano molto lunghi ed è stato impossibile poter seguire tutte le sessioni. Quindi ho dovuto fare una selezione di ciò che volevo assolutamente seguire e programmare tutto con grande anticipo. Ho cercato di prevedere i possibili imprevisti e le possibili soluzioni, e comunque nonostante tutti gli sforzi, in un paio di occasioni ho dovuto rinunciare ai miei piani e ho “perso” due interventi».

La ricercatrice Daria Dall’Olio (seconda da destra, con la figlia piccola in fascia) sul palco del congresso per il ‘best poster award’. Crediti: Protostars and Planets VII

Dal punto di vista scientifico, ne è valsa la pena?

«L’esperienza è stata faticosa, ma assolutamente positiva. Ha portato contatti di lavoro nuovi, ho potuto rendere visibile la mia ricerca mostrandola a tantissimi colleghi: queste cose sono fondamentali per proseguire nella carriera accademica. Inoltre, sono stata la prima classificata fra gli otto vincitori del best poster award, che per un congresso con 780 partecipanti e seminari dedicati solo alle review non è male. Mi hanno invitato a dare una presentazione sul mio argomento di ricerca, i campi magnetici delle protostelle massicce, portando mia figlia con me sul palco, dicendomi che se poi avesse pianto l’avrebbero presa loro mentre io finivo il mio intervento».

E poi com’è andata?

«Mia figlia era sveglia e carica come una molla. È stata buona e tranquilla fino a che non ho iniziato a parlare e le hanno sparato in faccia i faretti. Per lei è stato come il segnale per scatenare l’inferno: lascio a voi immaginare il resto! Ho cercato di sdrammatizzare e la platea l’ha presa sul ridere. Ma per fortuna c’era una delle organizzatrici che l’ha presa in braccio mentre ho tenuto il mio intervento, che comunque è stato breve».

Un’esperienza globalmente positiva, dunque. C’è qualcosa che si può ancora migliorare?

«Sì decisamente positiva e senza dubbio si può migliorare. Per esempio sul tema allattamento. Io ho cercato di non dare troppo peso alla cosa e alla fine ho allattato dove mi capitava, ma mi sono trovata a pensare che forse col mio gesto potevo urtare la sensibilità delle altre persone, e a volte non ero proprio a mio agio. Forse è solo una mia paranoia data da tanti condizionamenti mentali, forse no, non lo so. Allora ho pensato che magari avere un posto più riservato, una stanza, anche piccola, ad esclusiva delle mamme potrebbe essere un’idea interessante da proporre ai congressi. In fin dei conti spesso, nei centri congressi si offrono salette ad uso dei partecipanti per poter svolgere mini riunioni e workshop. Una di queste potrebbe essere dedicata alle neo-mamme (o neo-papà), da usare quando ne hanno bisogno. La mamma potrebbe seguire il congresso attraverso uno schermo installato nella stanza con connessione Zoom e nel contempo potrebbe rilassarsi. Se deve allattare, nessuno la vede, nessuno la giudica. Se deve muovere un sonaglino per dieci minuti o cantare una canzoncina per calmare un pianto, non disturba altri partecipanti».

Daria Dall’Olio presenta il suo poster al congresso Protostars and Planets VII in Giappone, mentre una delle organizzatrici tiene in braccio sua figlia. Crediti: Giulia Perotti

Qual è stata invece la cosa più family-friendly che ha trovato al convegno?

«Il primissimo pensiero è andato ai bagni super attrezzati e spaziosi, con fasciatoi nuovi e facili da manovrare, considerando che magari si tiene in braccio una bimba urlante che vuole essere cambiata e si divincola. Ma a essere sincera ci sono state anche alcune persone, oltre al Loc, che hanno contribuito a creare momenti di serenità a misura di mamma. Per esempio, dopo il mio intervento sul palco, un paio di ricercatrici si sono avvicinate porgendomi un bicchier d’acqua e offrendosi di tenere un poco la bimba per darmi un attimo di pausa. Un gesto che sia io che mia figlia abbiamo apprezzato tantissimo, e che conferma una cosa: oltre la pura organizzazione degli spazi, a creare l’ambiente a misura di famiglia contribuiscono tantissimo le persone che ci circondano».

Secondo lei, si tratta di un caso particolare, magari legato anche al contesto specifico locale, oppure di un format esportabile anche in altri convegni?

«Secondo me si può esportare tranquillamente, il più è la volontà di farlo. Innanzitutto occorre che ci sia più consapevolezza delle difficoltà che affrontano le mamme ricercatrici e più in generale i genitori ricercatori, spesso precari e il cui curriculum viene poi valutato in base al numero degli articoli scritti e alla partecipazione ai congressi, non solo per passare da un postdoc all’altro ma anche per accedere a fondi e borse. La partecipazione ai congressi è fondamentale per la carriera. Una volta chiarito questo, il format migliore può essere costruito ascoltando le esigenze dei genitori ma anche consultando qualche esperto. Vengo dalla Svezia dove ho apprezzato molto la politica di wellness sul lavoro e sulla famiglia. Le due realtà devono poter convivere e c’è molto lavoro da fare ancora, ma guardare ai buoni esempi è un buon punto di partenza. Credo che questo congresso sia stato reso accessibile e inclusivo. E credo che il Loc abbia fatto un ottimo lavoro e abbia dato un ottimo esempio, mostrando buona volontà per far andare bene le cose e impegnandosi tanto per aiutarmi. Già essere neo-mamma è difficile, se si aggiunge anche il lavoro di ricercatrice che ti obbliga a stare sempre sul pezzo, posso dire che ho apprezzato tantissimo il lavoro del Loc che ha reso il congresso accessibile anche ai bimbi così piccini. Alla fine, tutte queste piccole cose sono “attenzioni” fondamentali che rientrano nelle buone pratiche per il raggiungimento del famoso obiettivo 5 dello sviluppo sostenibile dettato dall’Onu: l’uguaglianza di genere. Con la buona volontà di tutti le cose possono cambiare ed essere più facili. A fine congresso, alcune persone mi hanno fermato e mi hanno detto che ho fatto bene a portarmi dietro mia figlia e che sperano che il mio gesto possa essere di esempio e di ispirazione per altre mamme».

Aveva mai notato questo tipo di attenzioni in altri congressi?

«Sinceramente no, ma è anche vero che siamo appena usciti dalla pandemia e da un periodo in cui le relazioni sociali e il networking con i colleghi sono state sostituite da videoconferenze a distanza. Il mio primo figlio è nato pochi mesi prima del lockdown e la discussione del mio dottorato è avvenuta in piena pandemia. Prima non avevo figli anche se avevo avuto modo di notare e apprezzare in altri congressi la presenza del childcare per bimbi più grandi, a disposizione dei genitori e a pagamento, ma mamme (o papà) con bebè appresso non ne avevo mai viste».

A valle di questa esperienza, cosa consiglia a chi organizza un congresso, sia nella logistica che nella comunicazione, per invogliare anche chi ha figli molto piccoli a partecipare?

«Secondo me è molto importante cercare di dedicare alcuni spazi ai neo genitori, oltre a implementare il servizio di childcare per i bambini più grandi. Come minimo bisognerebbe offrire una stanza dedicata all’allattamento da cui si possa comunque continuare a seguire il congresso, adibire uno spazio per lasciare l’occorrente per il cambio bebè e garantire la presenza di fasciatoi, sia nei bagni per donne che per uomini. Poi, e mi rendo conto che si tratta di un punto critico ma saliente che gli enti di ricerca dovranno prima o poi affrontare, occorre ripensare la politica della famiglia anche nella stessa struttura della ricerca. Per esempio, quando si va al congresso i costi del childcare gravano sui genitori, anche se si sono recati al congresso per lavoro. Non credo sia giusto. Ho visto pochissimi congressi offrire grant per coprire le spese relative alla famiglia, e quindi i genitori si trovano svantaggiati, perché si va a gravare ulteriormente sulle finanze personali. In ogni caso la comunicazione è fondamentale, sia da parte degli organizzatori sia da parte dei genitori. Gli organizzatori al momento di pubblicizzare un congresso potrebbero sottolineare esplicitamente che verrà offerta non solo la presenza di childcare ma anche di spazi dedicati a genitori di bambini più piccoli. E i genitori non devono aver timore di far presenti le loro esigenze contattando gli organizzatori. Infine, mi è piaciuto molto un articolo sulla rivista Pnas che credo sia un buon punto di partenza da tenere presente».

Per saperne di più:

  • Leggi il Gender Equality Plan dell’Istituto nazionale di astrofisica (i punti 2, 3 e 7 dell’Area tematica 1: Benessere organizzativo/equilibrio vita privata-vita lavorativa sono dedicati alle misure per i neo-genitori)