Lo studio degli esopianeti, ovvero dei pianeti che orbitano attorno a stelle diverse dal Sole, è sempre stato, fin dalla prima conferma della scoperta di un esopianeta nel 1992, di grande interesse per la comunità astronomica. In primo luogo, studiare questi remoti mondi ci permette di comprendere meglio anche il nostro; ad esempio come si sia formato e quale potrebbe essere il suo destino. In aggiunta, lo studio degli esopianeti è spesso collegato a una delle questioni aperte più importanti della scienza: esiste vita al di fuori della Terra?
Secondo i ricercatori, uno dei fattori fondamentali da cui partire per rispondere a questa domanda è capire se un pianeta orbita in una precisa zona attorno alla sua stella, detta zona abitabile. Si tratta della zona orbitale teoricamente adatta a far sì che sul pianeta possa esserci acqua liquida in superfice. È proprio quella dove si trova la Terra, né troppo vicina da essere arrostita dal Sole, né troppo lontana da essere ghiacciata.
Naturalmente, questo non è l’unico fattore che conta per la presenza della vita. Anzi, a quanto ne sappiamo, devono verificarsi innumerevoli condizioni perché il miracolo accada. Inoltre, la vita potrebbe formarsi anche in ambienti che non si trovano nella zona abitabile, come le lune ghiacciate dei giganti gassosi del Sistema solare. Tuttavia, la zona abitabile è una buona base di partenza per cercare la vita come la conosciamo.
Secondo un recente studio che verrà pubblicato il 2 giugno sui Proceedings of the National Academy of Sciences, un terzo dei pianeti extrasolari più comuni potrebbe trovarsi nella zona abitabile della stella che li ospita e avere quindi le condizioni necessarie per consentire acqua liquida in superficie.
Partiamo dal fatto che, nella nostra galassia e verosimilmente nell’universo, il tipo di stelle di gran lunga più comuni sono molto diverse dal Sole. Si tratta delle nane rosse, piccole e relativamente fredde, con al massimo metà della massa del Sole. I pianeti che orbitano attorno a questo tipo di stelle sarebbero quindi molto più numerosi di quelli che orbitano attorno ad altri tipi di stelle. Tuttavia, per trovarsi nella zona abitabile, data la natura più debole delle nane rosse, questi pianeti devono orbitare molto vicino alla loro stella, in modo da ricevere il calore sufficiente. Questo causerebbe, nella maggior parte dei casi, un grande ostacolo per la presenza di acqua, e quindi, potenzialmente, di vita: le forze di marea estreme. Infatti, se un pianeta orbita abbastanza vicino alla stella, all’incirca alla distanza a cui orbita Mercurio dal Sole, l’eccentricità – che può essere considerata come la misura di quanto l’orbita sia deviata da un cerchio – produce un fenomeno noto come riscaldamento mareale: la forza gravitazionale subita dal pianeta varia in maniera significativa durante il suo percorso orbitale, causando un continuo stiramento e allungamento, e l’attrito che ne deriva riscalda il pianeta. Forme estreme di questo fenomeno posso arrivare a “cuocere” il pianeta, spazzando via ogni possibilità di acqua liquida su di esso.
Sarah Ballard e Sheila Sagear, ricercatrici dell’Università della Florida e autrici dello studio in questione, hanno misurato, grazie ai dati del telescopio Kepler della Nasa e del telescopio Gaia dell’Esa, l’eccentricità di un campione di oltre 150 pianeti intorno a queste stelle nane. I dati ottenuti suggeriscono che due terzi dei campioni osservati potrebbero essere caratterizzati proprio da queste forze di marea estreme, e quindi non adatti a supportare acqua. Tuttavia, il restante terzo potrebbe seguire orbite abbastanza vicine e “delicate” da essere potenzialmente in grado di trattenere acqua liquida, e avere quindi la possibilità di ospitare la vita. Questo significa che, dato il numero enorme di nane rosse presenti nella Via Lattea, solo nella nostra galassia potrebbero esserci centinaia di milioni di obiettivi promettenti da sondare per trovare segni di vita al di fuori del Sistema solare.
Sagear e Ballard hanno scoperto anche che le stelle con più pianeti sono quelle che hanno maggiori probabilità di avere il tipo di orbita circolare che permette loro di trattenere l’acqua liquida. Le stelle con un solo pianeta hanno invece maggiori probabilità di causare maree estreme che “sterilizzano” la superficie del pianeta.
«Penso che questo risultato sia davvero importante per il prossimo decennio di ricerca sugli esopianeti, perché gli occhi si stanno spostando su questa popolazione di stelle», conclude Sagear. «Queste stelle sono obiettivi eccellenti per cercare piccoli pianeti in un’orbita in cui è ipotizzabile che ci sia acqua liquida, e quindi il pianeta potrebbe essere abitabile».
Per saperne di più:
- Leggi su Proceedings of the National Academy of Sciences l’articolo “The orbital eccentricity distribution of planets orbiting M dwarfs” di Sheila Sagear & Sarah Ballard