È possibile navigare nel cosmo, attraversare tre continenti e incontrare diverse genti, lingue, tradizioni e culture stando comodamente seduti all’interno di un planetario? A primo impatto sembrerebbe impossibile. In realtà, è ciò che avviene “immergendosi” nei racconti di samurai, maharaja, indiani d’America e altri protagonisti dei cortometraggi per planetari realizzati nell’ambito di One Sky Project, la collaborazione internazionale nata per mettere in luce l’importanza e la storia dell’astronomia indigena e per mostrare come tutte le popolazioni umane, di diverse etnie, religioni, culture, abbiano da sempre condiviso lo stesso cielo.
Nel tentativo di promuovere una maggiore comprensione della connessione esistente tra l’intera umanità e l’universo, One Sky Project – guidato da ‘Imiloa Astronomy Center alle Hawaii e sostenuto dalla California Academy of Sciences, dal Franklin Institute, dal NoirLab della National Science Foundation americana e dal Thirty Meter Telescope – ha pubblicato sette brevi filmati full dome 2D e un lungometraggio incentrati sulle applicazioni storiche e moderne dell’astronomia culturale e indigena sparse in almeno tre continenti. Lo scopo del progetto è riuscire a creare connessioni interculturali e aumentare la comprensione delle diverse dinamiche sociali indigene, sfruttando il tema del cielo e del cosmo, così come sono stati visti in differenti epoche e tradizioni locali.
Fin dai tempi più antichi, infatti, le popolazioni di tutto il mondo hanno guardato al cielo per navigare, per misurare il tempo, per fare previsioni e per condividere un senso di identità comune. Grazie ai risultati del progetto One Sky, oggi possiamo capire come, nel corso dei millenni, la conoscenza del cielo abbia aiutato gli esseri umani a sopravvivere, a raggiungere nuove terre, a fare nuove scoperte e a fare tesoro dell’importanza culturale di un cielo condiviso sopra le proprie teste. Con questi presupposti e per garantire la massima diffusione di questa eredità storica nelle società moderne, i film immersivi realizzati nell’ambito del progetto possono essere scaricati gratuitamente e utilizzati nei planetari di tutto il mondo.
Una risorsa divulgativa preziosa. Dall’ideazione del format iniziata nel 2016, alla scrittura delle sceneggiature e, infine, all’uscita dei video finali: per 30 mesi One Sky Project ha sviluppato questi cortometraggi attraverso un processo altamente collaborativo che ha coinvolto un team internazionale di astronomi, professionisti dei planetari, educatori ed esperti culturali provenienti da Canada, Cina, India, Giappone e Stati Uniti. I partner della collaborazione sono stati parte integrante nella selezione dei contenuti dei film, nella stesura delle sceneggiature e nel collegamento tra il gruppo di produzione con i vari artisti, musicisti e narratori. L’esperienza del team creativo di Sébastien 360, premiata società di produzione di video fulldome con sede a Montréal e guidata da Sebastien Gauthier, ha consentito ai contenuti scientifici e alle idee di prender vita in modo straordinario nella forma di sette filmati da circa una decina di minuti ciascuno.
Dalle canoe canadesi alle bussole, dalle tribù Navajo alle divinità greche. Ogni cortometraggio racchiude il punto di vista di una cultura o società indigena, in una breve storia, per un racconto a sé stante, o in combinazione con gli altri filmati, per una narrazione più lunga: il tutto centrato intorno ai temi dell’osservazione della volta celeste, alla ricerca di schemi interpretativi, allo sviluppo di strumenti, o semplicemente, del “cercare lontano”. «Penso che il nostro universo sia così enorme ed esteso che sarebbe impossibile e riduttivo concepire un solo modo per connettersi a esso», afferma Ka’iu Kimura, direttore esecutivo del ʻImiloa Astronomy Center. «Far conoscere al pubblico generico come altri popoli si connettono al cosmo, aggiunge vivacità e profondità al nostro mondo e alle molte prospettive astronomiche che vi sono rappresentate».
D’accordo anche Ryan Wyatt, sceneggiatore principale dei cortometraggi, Senior Director al Morrison Planetarium and Science Visualization presso la California Academy of Sciences: «Con One Sky Project speriamo di dare forma al modo in cui queste storie importanti vengono narrate. La comunità internazionale dei planetari ha la responsabilità di amplificare le conoscenze indigene rispettando l’autenticità. Questo progetto fa del suo meglio per immergersi in questo ruolo».
Ancora oggi le conoscenze e le pratiche tradizionali continuano a influenzare l’esplorazione dell’universo. Per questo motivo, One Sky Project intende riconoscere le numerose culture e comunità di tutto il mondo che hanno sviluppato un forte legame con l’astronomia, onorare quelle società e quegli esploratori indigeni pionieri nell’osservazione del cosmo, cercando di costruire relazioni tra tutti i popoli che condividono un unico cielo.
In occasione delle otto anteprime di One Sky Project programmate nel corso degli anni 2022 e 2023, è stata inoltre diffusa un’ulteriore iniziativa. Si chiama 1000s Wishes upon a Star – mille desideri per una stella – un progetto partecipativo per condividere i desideri del pubblico con altri in tutto il mondo, scrivendoli in diverse lingue su pannelli o su social media (Twitter e Instagram) con il tag #OneSkyProject. «Spero che, tramite questo progetto, si possa dare maggiore ascolto alle tante voci provenienti dalle popolazioni indigene, anche nell’ambito della comunità scientifica internazionale», conclude Ka’iu Kimura.
One Sky Project è stato premiato nel 2022 come il miglior fulldome 2D al Fulldome Festival di Brno nella Repubblica Ceca, e ha ricevuto una menzione speciale al Dome Under Festival del 2023 in Australia. I titoli dei cortometraggi (in lingua inglese), che hanno già ottenuto apprezzamenti da pubblico e critica, sono:
- Canoa celeste (Terra Innu, Canada) – I popoli primitivi di quello che oggi è il Canada settentrionale osservavano il lento girare di una canoa nel cielo, che indicava il cambiamento delle stagioni sulla terraferma. Questa canoa celeste li guidava in un periodo dell’anno particolarmente impegnativo.
- Navigatori hawaiani (Hawaii, USA) – Un giovane navigatore hawaiano descrive come il cielo fornisca una bussola e un calendario utili per questo popolo di mare nei loro viaggi tra le isole dell’Oceano Pacifico.
- Il sogno di Jai Singh (India) – Nel caos politico dell’India del XVIII secolo, un grande sovrano portò l’ordine del cielo sulla Terra. I suoi giganteschi strumenti permettevano di misurare con precisione le stelle, i pianeti e lo scorrere del tempo. Gli osservatori astronomici da lui creati sono in funzione ancora oggi.
- I samurai e le stelle (Giappone) – Per molte persone, le stelle offrono conforto e consolazione. Per il nostro narratore giapponese, le immagini del cielo, persino i colori delle stelle, riportano alla mente ricordi di musica, storia e infanzia.
- Thunderbird (Terra Navajo, USA) – Il cielo è un potente strumento di misurazione del tempo e per il popolo Diné, o Navajo, l’uccello del tuono trascende lo spazio e il tempo, rivelando il passaggio delle stagioni e collegando Terra e cielo.
- La fucina di Artemide (Grecia) – Nell’antica Grecia, Orione era un cacciatore potente ma non particolarmente popolare. La sua costellazione brilla luminosa con una forma familiare alle persone di tutto il mondo. Perché la dea Artemide lo ha immortalato nel cielo?
- Un cielo – Epilogo – Film conclusivo della serie di cortometraggi del Progetto One Sky.
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