Quando si dice cavalcare l’onda. È con un processo che richiama questa nota metafora che tre fisici dell’Università di Costanza, in Germania, sono riusciti a produrre uno dei segnali più brevi mai creati dall’uomo, utilizzando impulsi laser accoppiati per comprimere una serie di impulsi di elettroni in un periodo di soli 0,000000000000000005 secondi – o, in altre parole, cinque miliardesimi di nanosecondo.
I risultati del loro studio sperimentale sono stati riportati recentemente sulla rivista Nature Physics.
In natura, i processi che si verificano nelle molecole o nei solidi a volte si svolgono su scale temporali di femtosecondi – milionesimi di miliardesimo di secondo – o di attosecondi, cioè milionesimi di milionesimi di milionesimi di secondo. Le reazioni nucleari sono addirittura più veloci.
Ora, Maxim Tsarev, Johannes Thurner e Peter Baum hanno utilizzato un nuovo apparato sperimentale per ottenere segnali della durata di attosecondi, che apre nuove prospettive nel campo dei fenomeni ultraveloci. Nemmeno le onde luminose possono raggiungere una tale risoluzione temporale, perché una singola oscillazione richiede troppo tempo (la luce visibile va da 430 a 770 THz, dove un terahertz equivale a millesimi di nanosecondo). In questo caso ci vengono in aiuto gli elettroni, che consentono di ottenere una risoluzione temporale significativamente più elevata.
Nella loro configurazione sperimentale, i ricercatori di Costanza utilizzano coppie di lampi di luce a femtosecondi da un laser per generare impulsi di elettroni estremamente brevi, collimati in un fascio che si propaga nello spazio libero.
Ma come ci sono riusciti?
Analogamente alle onde dell’acqua, anche le onde luminose possono sovrapporsi per creare creste e avvallamenti di onde stazionarie o mobili. I fisici hanno scelto gli angoli di incidenza e le frequenze in modo che gli elettroni in co-propagazione, che viaggiano nel vuoto alla metà della velocità della luce, si sovrappongano alle creste e avvallamenti delle onde ottiche della stessa velocità. La forza ponderomotrice spinge gli elettroni nella direzione della depressione dell’onda successiva. Pertanto, dopo una breve interazione, viene generata una serie di impulsi elettronici estremamente brevi nel tempo, specialmente nel mezzo del treno di impulsi, dove i campi elettrici sono molto intensi.
Per un breve periodo, la durata temporale degli impulsi elettronici è solo di circa cinque attosecondi. Per comprendere questo processo, i ricercatori misurano la distribuzione della velocità degli elettroni che rimane dopo la compressione. «Invece di una velocità molto uniforme degli impulsi di uscita, si vede una distribuzione molto ampia che risulta dalla forte decelerazione o accelerazione di alcuni elettroni durante la compressione», spiega Thurner. «Ma non solo: la distribuzione non è uniforme. Consiste invece in migliaia di step di velocità, poiché solo un numero intero di coppie di particelle di luce alla volta può interagire con gli elettroni».
Secondo lo scienziato, questa è una sovrapposizione temporale (interferenza) degli elettroni con sé stessi come descritto dalla meccanica quantistica, dopo che hanno subito la stessa accelerazione in diversi periodi. Per gli esperimenti che coinvolgono la meccanica quantistica, come quelli che coinvolgono l’interazione di elettroni e luce, questo effetto è importante.
Il fatto che gli elettroni pesanti e una particella leggera (fotone) con una massa a riposo nulla non possano conservare la loro energia e quantità di moto totale rende straordinario che le onde elettromagnetiche piane come un raggio di luce possano alterare la velocità degli elettroni nel vuoto in modo permanente. L’effetto Kapitza-Dirac, che consente a due fotoni di esistere contemporaneamente in un’onda che si muove più lentamente della velocità della luce, risolve questo problema.
Per Baum, professore di fisica e capo del Light and Matter Group presso l’Università di Costanza, questi risultati rientrano ancora nella ricerca di base, ma ne sottolinea il grande potenziale per la ricerca futura: «Se un materiale venisse colpito da due dei nostri brevi impulsi a un intervallo di tempo variabile, il primo impulso potrebbe innescare un cambiamento e il secondo impulso potrebbe essere utilizzato per l’osservazione, simile al flash di una macchina fotografica». A suo avviso, il vantaggio principale è che non viene utilizzato alcun materiale e tutto si svolge nello spazio libero. In teoria, in futuro potrebbero essere utilizzati laser di qualsiasi potenza per ottenere una compressione ancora maggiore. «La nostra nuova compressione a due fotoni ci consente di spostarci in nuove dimensioni del tempo e forse anche di filmare le reazioni nucleari», conclude Baum.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Physics l’articolo “Nonlinear-optical quantum control of free-electron matter waves” di Maxim Tsarev, Johannes W. Thurner & Peter Baum