Il Sole ha emesso un forte brillamento solare, con un picco alle 01:14 ora italiana del 3 luglio 2023 (le 19:14 del giorno precedente, negli Stati Uniti). Lo ha visto e immortalato il Solar Dynamics Observatory della Nasa, che osserva costantemente il Sole a diverse lunghezze d’onda. In questo caso, l’immagine che vedete sulla destra è stata scattata in un filtro che seleziona l’ultravioletto estremo, e il brillamento è chiaramente la parte più esposta dell’immagine. Si tratta, infatti, di un brillamento di classe X1.0 – dove la lettera X è attribuita alla categoria dei brillamenti più intensi, mentre il numero fornisce informazioni sulla sua forza.
I brillamenti solari, in inglese solar flare, sono potenti rilasci di energia, spesso associati a eruzioni solari, note come Coronal Mass Ejections (Cme). Possono avere un impatto sulle comunicazioni radio, sulle reti elettriche, sui segnali di navigazione e rappresentare un rischio per i veicoli spaziali e gli astronauti. Per vedere come un evento di questo tipo possa influire sulla Terra, gli Stati Uniti pubblicano avvisi, allerte e previsioni meteo spaziali sul sito Noaa Space Weather Prediction Center.
I brillamenti solari vengono classificati in base all’energia rilasciata. I flare X, dicevamo, sono i più potenti. Quello del 3 luglio 2023 è stato classificato come X1: pur essendo un evento decisamente importante, non è il più potente mai registrato. Il brillamento più energetico, di classe X28, è stato osservato il 4 novembre del 2003 e ha generato una Cme che si propagava a una velocità di 2.300 chilometri al secondo.
«Sebbene non sia stato il flare più energetico, questo evento ci ricorda che dobbiamo prestare massima attenzione al Sole nei prossimi mesi», spiega a Media Inaf Daniele Telloni, ricercatore all’Inaf di Torino. «Il Sole sta infatti rapidamente raggiungendo il massimo del suo attuale ciclo solare. Poiché il numero di flare, anche di classe X, è maggiore durante le fasi più attive, sicuramente il Sole avrà in serbo altri spettacolari rilasci di energia come quello registrato il 2 luglio».
La Nasa, in quanto ente ufficiale per gli studi sulla meteorologia spaziale, osserva costantemente il Sole e l’ambiente spaziale che ci circonda con una serie di veicoli spaziali che studiano la sua attività, la sua atmosfera, e rilevano particelle e campi magnetici nello spazio che circonda la Terra. Una di queste è Parker Solar Probe, una missione lanciata nell’agosto 2018 con l’obiettivo di avvicinarsi alla nostra stella per studiarne la corona. Il 27 giugno 2023 la sonda ha completato la sua sedicesima orbita intorno al Sole. Questa comprendeva un passaggio ravvicinato (o perielio) avvenuto il 22 giugno 2023, dove la sonda si è avvicinata a 8,53 milioni di chilometri dalla superficie solare, appena il 6,2 per cento della distanza Terra-Sole, muovendosi a circa 586.782 chilometri all’ora. La sonda è uscita dal flyby solare sana e funzionante. Il 21 agosto completerà il suo sesto flyby intorno a Venere, e utilizzerà la gravità del pianeta per stringere la sua orbita intorno al Sole e impostare un futuro perielio a soli 7,24 milioni di chilometri dalla superficie del Sole.
«Parker Solar Probe, più di qualsiasi altra sonda, si è avvicinata (e si avvicinerà sempre più) al Sole», continua Telloni. «Il suo obiettivo principale è quello di svelare come la corona, lo strato più esterno dell’atmosfera solare, venga riscaldata a temperature superiori al milione di gradi e il vento solare venga accelerato a velocità superiore a quella del suono e delle onde di Alfvén. Ma Parker Solar Probe sta portando a importanti scoperte anche nel campo delle eruzioni solari: ha infatti già misurato decine di Cme. Il 2 luglio Parker Solar Probe si trovava già a una distanza pari a 4/10 della distanza Terra-Sole, ma in una posizione ideale per rivelare in situ, ovvero localmente, qualsiasi evento associato al flare X1. Sarà interessante studiarne i dati una volta che verranno scaricati a Terra».