La simmetria genera bellezza, ordine, perfezione. L’asimmetria genera vita. Se le leggi matematiche che descrivono i fenomeni fisici che ci circondano, dall’infinitamente piccolo delle particelle all’infinitamente grande dell’universo, ricercano infatti semplicità ed eleganza nella simmetria, sappiamo che è invece da un’asimmetria nel loro comportamento che si è generato l’esistente. Gli astrofisici la stanno cercando nei grandi sconosciuti del cosmo, come materia ed energia oscura, mentre i fisici tentano di trovare una falla nel Modello standard, la teoria che spiega il comportamento delle particelle elementari. Da uno studio sperimentale pubblicato la scorsa settimana su Science emerge che non ci sono ancora riusciti. Hanno ristretto il campo, e posto un ulteriore limite da superare, ma per ora il risultato è sempre lo stesso: zero.
«Il Modello standard spiega quasi tutto delle particelle elementari e dei fenomeni associati ad esse, ma non è in grado di spiegare tutto quel che accade ed è accaduto nell’universo», dice Claudia Patrignani, fisica dell’Università di Bologna, non coinvolta direttamente nello studio, alla quale ci siamo rivolti per un commento sul nuovo risultato. «Tutte le misure che abbiamo fatto finora negli acceleratori, ai laboratori del Gran Sasso o nelle miniere, infatti, sono previste e spiegate a livello teorico dal Modello standard. Invece nell’universo c’è molto di più. Ed è un grosso punto interrogativo. Per rispondere, alcune delle opzioni riguardano proprio la ricerca di violazioni di simmetria nelle leggi, e nel comportamento delle particelle».
Ma cominciamo dall’inizio. Subito dopo il big bang, il cosmo produceva in ugual misura materia e antimateria. Particelle e antiparticelle che continuavano a formarsi e annichilirsi. Questa condizione di perfetta simmetria non consentiva alcuna conformazione stabile. Poi però, qualcosa è successo e l’universo ha deciso da che parte stare: è rimasta solamente la materia. A livello di fisica delle particelle elementari, quella descritta dal Modello standard appunto, capire come sia potuto accadere significa cercare una piccola differenza di comportamento fra particelle e antiparticelle che abbia selezionato le une invece delle altre. Significa, in altre parole, trovare una violazione di simmetria: se una particella e la sua antiparticella non sono esattamente simmetriche, a un certo punto una può prevalere sull’altra.
Il Modello standard prevede una violazione della simmetria nel caso di alcune particelle elementari, i quark pesanti, ma non sembra essere sufficiente a spiegare quanto è successo nei primi istanti di vita dell’universo, facendo prevalere la materia sull’antimateria. E se la teoria corrente non offre altri margini in cui indagare, forse la soluzione è uscire da essa, cercando di mettere in crisi alcune delle sue previsioni.
«Cercare una violazione della teoria, a livello sperimentale, significa cercare un’eccezione laddove essa pone dei limiti estremamente stretti», continua Patrignani. «L’idea è: se il Modello standard non funziona, il modo migliore per accorgersene è andare a cercare qualcosa di diverso da zero laddove la teoria dice in modo molto preciso che devo trovare zero».
Una possibilità su cui i fisici si stanno concentrando da circa vent’anni è il momento di dipolo dell’elettrone. Una grandezza che, appunto, secondo la teoria dovrebbe essere nulla. Per spiegare cosa sia il momento di dipolo dell’elettrone, dobbiamo pensare a come si distribuisce la carica attorno a questa particella: se fosse distribuita in maniera uniforme, come su una sfera, allora il momento di dipolo sarebbe zero. E questo è quanto ci si aspetta dal Modello standard. Ma se questa sfera avesse invece delle irregolarità, dei “bitorzoli”, o fosse un uovo invece di una sfera, allora il momento sarebbe diverso da zero. Per misurarlo esistono diverse strade, e tutte stanno cercando di spingersi a un livello di precisione sempre più elevato, raggiungendo dimensioni sempre più piccole. Nello studio appena pubblicato, gli scienziati sono riusciti a migliorare le stime precedenti di un fattore 2,4.
«Pensiamo all’elettrone come a una particella puntiforme con una distribuzione di carica (più o meno sferica) attorno, e circondato da una nuvola di particelle virtuali, di quark pesanti o le altre particelle del Modello standard, come i bosoni W, Z o Higgs. Misurare come sono distribuite queste particelle, e determinare quanto pesanti sono, consente di comprendere come sia distribuita la carica. E se ci fossero nuove particelle virtuali di massa via via maggiore (e diverse da quelle previste dal Modello standard), il loro effetto si manifesterebbe esplorando volumi sempre più piccoli attorno all’elettrone», spiega Patrignani.
L’esperimento messo in atto dai fisici del Jila – un istituto di ricerca statunitense gestito congiuntamente dal National Institute of Standards and Technology (Nist) e dall’Università del Colorado a Boulder – continua un filone iniziato circa vent’anni fa. Prevede di usare degli ioni di fluoruro di afnio confinati all’interno di una trappola: alternando il campo elettromagnetico intorno alla trappola, gli elettroni erano costretti ad allinearsi o meno all’intenso campo elettrico all’interno dello ione. Un momento di dipolo elettrico produrrebbe una differenza fra i livelli energetici di ioni allineati in modo opposto, mentre i risultati, al meglio della precisione raggiunta, non hanno mostrato alcuna disuniformità. Questo può essere tradotto in un limite sul volume entro il quale non si vedono particelle diverse da quelle previste dal Modello standard (e quindi sulla massa di queste).
«Sapere quale livello di precisione bisogna raggiungere per dire con certezza che il momento di dipolo è nullo non è semplice. Il Modello standard prevede che si debba raggiungere un limite dai tre agli otto ordini di grandezza più basso rispetto a ora», commenta Patrignani. «Sembra molto, ma essendo una misura di effetto zero non è detto che sia impossibile. Misure di questo tipo sono cominciate circa vent’anni fa e in questo tempo sono migliorate di circa tre ordini di grandezza. Può sembrare frustrante fare tutto questo lavoro per ottenere, di fatto, un risultato pari a zero, cioè dimostrando che non si trova niente. Ma il punto è proprio questo: se si trovasse qualcosa di diverso sarebbe davvero eclatante. E sarebbe anche un problema: significherebbe che dobbiamo rivedere tutta la teoria su cui ci siamo basati finora».
Questo esperimento va a testare uno dei fondamenti della fisica, perché riguarda una delle teorie che più ha avuto successo degli ultimi anni, e che finora non ha mostrato punti deboli. La misura del momento di dipolo dell’elettrone in laboratorio viene affrontata con due tecniche sperimentali diverse – una delle quali prevede le trappole di ioni, ed è quella utilizzata in questo studio. Queste due continuano a rincorrersi e a migliorare le proprie misure abbassando il limite.
«Questa è una forza e al contempo una sicurezza», conclude Patrignani. «Nel caso in cui, a furia di rincorrersi, una delle due trovi una deviazione dallo zero, l’altra potrà subito intervenire a fornire una controprova o una smentita, con una tecnica sperimentale diversa e quasi ortogonale».
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “An improved bound on the electron’s electric dipole moment”, di
Tanya S. Roussy, Luke Caldwell, Trevor Wright, William B. Cairncross, Yuval Shagam, Kia Boon Ng, Noah Schlossberger, Sun Yool Park, Anzhou Wang, Jun Ye e Eric A. Cornell