È una dieta da body building estremo, quella seguita dai giovani buchi neri supermassicci. Un regime straordinariamente efficace per mettere su massa con una rapidità che lascia attoniti. Un regime tutt’ora incompreso: gli astronomi non riescono infatti a spiegarsi come i mostri al centro delle galassie siano riusciti ad arrivare – in tempi relativamente molto brevi – a raggiungere milioni, spesso miliardi, di masse solari. Di cosa si nutrono? E come si nutrono?
Una parziale risposta arriva oggi, sulle pagine di The Astrophysical Journal, da un team di astronomi guidato da Mieko Takamura, dell’università di Tokyo, che ha studiato con i quattro radiotelescopi dell’array Vlbi giapponese Vera un campione di sei narrow-line Seyfert 1 (Nls1). Le Nls1 sono una classe di galassie attive (Agn) che si pensa ospitino buchi neri massicci relativamente piccoli ma in rapida crescita: perfette, dunque, per osservare il primo stadio evolutivo di questi voraci mostri cosmici. In particolare, per capire da dove traggano la loro massa, gli autori dello studio si sono concentrati sull’ambiente nelle immediate vicinanze di questi buchi neri, sfruttando le nuove capacità dell’array giapponese.
«Le osservazioni sono state effettuate con un sistema di registrazione a banda ultra-larga (ultra-wide band) recentemente migliorato per le antenne Vera che ha permesso di misurare la polarizzazione del segnale con estrema precisione», dice a Media Inaf uno dei coautori dello studio, Filippo D’Ammando, dell’Istituto nazionale di astrofisica. «Questo sistema consente di esplorare in dettaglio le proprietà polarimetriche anche di sorgenti relativamente deboli».
La misura della polarizzazione delle onde radio emesse in prossimità di buchi neri supermassicci è di particolare interesse, per gli astronomi. Quando l’emissione polarizzata si propaga attraverso il gas magnetizzato che circonda un buco nero, infatti, il piano di polarizzazione ruota gradualmente, causando un effetto noto come rotazione di Faraday.
«Per la prima volta abbiamo osservato la rotazione di Faraday nella regione centrale di queste narrow-line Seyfert 1», spiega un’altra coautrice dello studio, Monica Orienti, dell’Istituto nazionale di astrofisica. «Queste misure permettono di farsi un’idea dell’ambiente nel nucleo di queste sorgenti, in particolare della quantità di gas presente, e – insieme alle altre proprietà polarimetriche estrapolate dalle osservazioni Vera – di fare un confronto con quanto osservato per altre classi di Agn con getti relativistici come i blazar».
Dai nuovi dati è emerso che la rotazione di Faraday attorno a questi giovani buchi neri è significativamente maggiore rispetto a quella misurata osservando buchi neri più maturi, più massicci e già ben sviluppati. Un indizio, questo, della presenza di una copiosa quantità di gas nelle regioni centrali delle galassie Nls1 – abbondanza che contribuisce a spiegare la rapidità con la quale questi buchi neri riescono a mettere su massa.
«Il processo di crescita dei buchi neri supermassicci», conclude Takamura, «non è diverso da quello degli esseri umani. Quelli che abbiamo osservato hanno caratteristiche paragonabili a quelle di una persona golosa, un po’ come bambini che hanno una gran voglia di riso». E dalle loro parti il “riso”, come abbiamo visto, certo non manca.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Probing the Heart of Active Narrow-line Seyfert 1 Galaxies with VERA Wideband Polarimetry”, di Mieko Takamura, Kazuhiro Hada, Mareki Honma, Tomoaki Oyama, Aya Yamauchi, Syunsaku Suzuki, Yoshiaki Hagiwara, Monica Orienti, Filippo D’Ammando, Jongho Park, Minchul Kam e Akihiro Doi