Strani, gli astrofisici. Abituati a convivere con l’idea di un universo fatto per la maggior parte di due entità sconosciute e invisibili – materia oscura ed energia oscura – si stupiscono quando una galassia, per stare in piedi, non ne ha bisogno. E ne fanno una notizia. O meglio, un articolo scientifico, peer-reviewed e pubblicato in Astronomy and Astrophysics. Racconta il caso di Ngc 1277, una galassia quasi priva di materia oscura, mentre la teoria prevede che questa costituisca almeno il 10 per cento (e fino al 70 per cento) della sua massa.
Una delle prove che ha convinto gli astrofisici circa l’esistenza di materia oscura riguarda proprio le galassie. La rotazione osservata delle stelle e del gas nel loro disco, infatti, non segue l’andamento che ci si aspetterebbe se la massa della galassia fosse costituita solamente da quel che vediamo, ma necessita di un’aggiunta: la materia oscura, appunto. Ma Ngc 1277 non è una galassia come le altre.
Innanzitutto, perché è considerata il prototipo delle cosiddette relic galaxy, galassie massive ultracompatte vicine (a noi) e con caratteristiche tali da far pensare cha non abbiano mai avuto una fase di accrescimento tramite fusione con altre galassie, come previsto dallo scenario standard di formazione delle galassie. Le galassie relics, quindi, sembra che siano evolute passivamente attraverso il tempo cosmico senza interagire con nessun’altra struttura, fino a trovarsi nell’universo locale compatte così come erano quando si sono formate, e popolate solo da stelle vecchie primordiali. Delle vere e proprie eremite cosmiche.
«In quanto reliquie dell’universo antico, queste galassie ci permettono di studiare i processi fisici che hanno plasmato l’assemblaggio di massa delle galassie nell’universo ad alto redshift ma ci forniscono una quantità di dettagli raggiungibile solo nell’universo vicino», spiega a Media Inaf Michele Cappellari, professore di astrofisica all’università di Oxford e coautore dello studio su Ngc 1277. «Per riconoscerle, cerchiamo galassie con tre caratteristiche: la prima, quella di essere compatte, la seconda, che siano massicce e, infine, la terza è che abbiano una popolazione stellare completamente vecchia, senza alcuna evidenza di formazione stellare più recente».
Proprio per sfruttare questa finestra sul passato dell’universo offerta da Ngc 1277, gli autori di questo studio hanno deciso di osservarla in dettaglio con uno spettrografo a campo integrale, e di ricostruirne tutta la cinematica e la dinamica dal centro a circa ventimila anni luce di distanza da questo. Per farlo, hanno usato il George Mitchell and Cynthia Spectrograph contenuto nel telescopio dal 2.7m di diametro Harlan J. Smith all’osservatorio Mc Donald, in Texas. Scoprendo che, all’interno del raggio osservato, non può esserci più del 5 per cento di materia oscura e la massa è costituita quasi unicamente dalle stelle.
«Sappiamo bene che nella scienza niente è definitivo e tutto può cambiare con nuove scoperte e teorie. Tuttavia, la ragione per cui possiamo affermare che Ngc 1277 non ha la stessa quantità di materia oscura delle altre galassie è che, in altri lavori, abbiamo usato lo stesso tipo di modelli dinamici basati sulla cinematica stellare a grandi distanze per decine di altre galassie e nessuna mostra comportamenti simili», continua Cappellari. «Quindi, abbiamo una galassia che avevamo già identificato come una galassia particolare del tipo relic, che si rivela anche essere particolare per la presunta mancanza di materia oscura. Ci sembra naturale pensare che le due caratteristiche particolari di questa galassia siano correlate, invece che frutto del caso. Con un oggetto singolo a disposizione, però, non possiamo escludere che si tratti di una coincidenza “sfortunata”. Quindi stiamo provando a ingrandire il campione per verificare se tutte le relics sono carenti di materia oscura».
Per farlo, gli astronomi utilizzerano anche lo strumento Weave, uno spettrografo a campo integrale montato al William Herschel Telescope alle Canarie, con il quale riosserveranno anche Ngc 1277. Se queste nuove osservazioni dovessero confermare l’assenza di materia oscura, la prima cosa da fare sarà indagare la ragione per cui questa galassia ne è priva, o come abbia potuto perderla. Una delle ipotesi, secondo quanto riportato dagli autori, potrebbe essere che la materia oscura le sia stata strappata dall’interazione gravitazionale con il mezzo intra-cluster dell’ammasso di galassie nel quale si trova a vivere.
«L’ipotesi che la materia oscura sia stata sottratta da interazioni è stata proposta da alcuni modelli che hanno dimostrato come questo sia fattibile», spiega Cappellari. «Però, possiamo già dire che questa teoria non si adatta bene a Ngc 1277. Innanzitutto, questa galassia è troppo massiccia. Poi, l’interazione avrebbe dovuto alterare anche la morfologia e la cinematica delle componenti visibili come gas e stelle, ma Ngc 1277 sembra girare rapidamente con un disco stellare sottile e regolare. Infine, c’è il fatto che è una relic, come spiegato sopra, e l’interazione gravitazionale non produce relics. Quindi, questa caratteristica dovrebbe essere una improbabile coincidenza».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy and Astrophysics l’articolo “The massive relic galaxy NGC 1277 is dark matter deficient – From dynamical models of integral-field stellar kinematics out to five effective radii”, di Sébastien Comerón, Ignacio Trujillo, Michele Cappellari, Fernando Buitrago, Luis E. Garduño, Javier Zaragoza-Cardiel, Igor A. Zinchenko, Maritza A. Lara-López, Anna Ferré-Mateu e Sami Dib