UNA NUOVA IMMAGINE RIVELA I SEGRETI DELLA NASCITA DEI PIANETI

Polvere eri, pianeta diventerai

Fotografata dal Vlt e da Alma la materia prima necessaria a formare pianeti giganti intorno a V960 Mon, una giovane stella a oltre cinquemila anni luce di distanza da noi nella costellazione dell'Unicorno. L’osservazione, riportata oggi su ApJ Letters in un articolo firmato fra gli altri anche da Antonio Garufi dell’Inaf di Arcetri, è una tra le prime testimonianze dirette del processo di formazione per instabilità gravitazionale

     25/07/2023

Al centro dell’immagine (cliccare per ingrandire) si trova la giovane stella V960 Mon, a oltre 5000 anni luce di distanza da noi nella costellazione dell’Unicorno.Il materiale polveroso che potrebbe formare pianeti circonda la stella. Le osservazioni ottenute con lo strumento Sphere installato sul Vlt dell’Eso, rese con toni di giallo, mostrano che il materiale polveroso in orbita intorno alla giovane stella si sta raccogliendo in una serie di intricati bracci a spirale che si estendono a distanze maggiori dell’intero Sistema Solare. Invece, le regioni in blu rappresentano i dati ottenuti con Alma, di cui l’Eso è partner.I dati di Alma scrutano più in profondità nella struttura dei bracci a spirale, rivelando grandi grumi di polvere che potrebbero contrarsi e collassare per formare pianeti giganti delle dimensioni di Giove grazie a un processo noto come “instabilità gravitazionale”. Crediti: Eso / Alma (Eso/Naoj/Nrao) / Weber et al.

Una nuova spettacolare immagine rilasciata oggi dall’Eso (Osservatorio Europeo Australe) fornisce utili indizi su come potrebbero formarsi i pianeti massicci come Giove. Usando il Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso e Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), alcuni ricercatori hanno rilevato grandi masse di polvere, vicino a una giovane stella, che potrebbero collassare e creare pianeti giganti.

«Questa scoperta è davvero affascinante in quanto segna il primissimo avvistamento intorno a una giovane stella di grumi di materia che potrebbero dare origine a pianeti giganti», dice Alice Zurlo, ricercatrice presso l’Universidad Diego Portales, in Cile, coinvolta nelle osservazioni.

Il lavoro si basa su un’immagine ipnotica ottenuta con lo strumento Sphere (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet Research) installato sul Vlt dell’Eso che mostra dettagli affascinanti del materiale intorno alla stella V960 Mon, una giovane stella a oltre cinquemila anni luce di distanza da noi nella costellazione dell’Unicorno che ha attratto l’attenzione degli astronomi nel 2014 quando la sua luminosità è improvvisamente aumentata più di venti volte. Le osservazioni di Sphere effettuate poco dopo l’inizio di questa “esplosione” di luminosità hanno rivelato che il materiale in orbita intorno a V960 Mon si sta raccogliendo in una serie di intricati bracci a spirale che si estendono su distanze maggiori dell’intero Sistema Solare.

La scoperta ha quindi motivato gli astronomi ad analizzare le osservazioni d’archivio dello stesso sistema realizzate con Alma, di cui l’Eso è partner. Le osservazioni del Vlt indagano la superficie del materiale polveroso intorno alla stella, mentre Alma può scrutare più in profondità nella struttura. «Con Alma, è diventato evidente che i bracci a spirale stanno subendo una frammentazione, con conseguente formazione di grumi di materia con masse simili a quelle dei pianeti», spiega Zurlo.

Grandi grumi pieni di polvere in orbita intorno a V960 Mon, catturati da Alma. Crediti: Alma (Eso/Naoj/Nrao) / Weber et al.

Gli astronomi ritengono che i pianeti giganti si formino per accrescimento del nucleo, quando i granelli di polvere si uniscono, o per instabilità gravitazionale, quando grandi frammenti di materiale intorno a una stella si contraggono e collassano. Mentre i ricercatori avevano già trovato varie evidenze per confermare il primo di questi scenari, il supporto per il secondo rimaneva scarso.

«Nessuno aveva mai visto una vera osservazione dell’instabilità gravitazionale su scala planetaria – fino a oggi», ricorda Philipp Weber, ricercatore dell’Università di Santiago, in Cile, che ha guidato lo studio pubblicato oggi su The Astrophysical Journal Letters.

«Il nostro gruppo cerca da oltre dieci anni tracce di come si formano i pianeti e non potremmo essere più entusiasti di questa incredibile scoperta», dice Sebastián Pérez dell’Università di Santiago, in Cile, membro del gruppo di lavoro.

Gli strumenti dell’Eso aiuteranno gli astronomi a svelare maggiori dettagli di questo affascinante sistema planetario in costruzione e in tutto ciò l’Elt (Extremely Large Telescope) dell’Eso giocherà un ruolo chiave. Attualmente in costruzione nel deserto cileno di Atacama, l’Elt potrà osservare il sistema nel modo più dettagliato di sempre e raccogliere informazioni cruciali. «L’Elt consentirà l’esplorazione della complessità chimica che circonda i grumi, aiutandoci a capire meglio la composizione del materiale da cui si stanno formando i potenziali pianeti», conclude Weber.

Fonte: comunicato stampa Eso

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