Se mai un giorno riusciremo a colonizzare Ganimede, una sostanza che non avremo necessità di portarci dalla Terra è l’acqua ossigenata. Una serie di osservazioni compiute nell’agosto del 2022 con lo spettrografo infrarosso NirSpec del telescopio spaziale James Webb ha infatti mostrato la presenza di perossido d’idrogeno – questo il nome scientifico della popolare molecola sbiancante, formata da due atomi di idrogeno e due di ossigeno – nelle regioni polari della grande luna di Giove.
Come mai proprio ai poli? Il motivo – spiegano gli autori dello studio pubblicato la settimana scorsa su Science Advances, guidato da Samantha Trumbo della Cornell University (Usa) – è che le latitudini più elevate della luna ghiacciata sono anche quelle più sottoposte alla radiazione del plasma magnetosferico gioviano. Ed è proprio questa radiazione, attraverso un processo noto come radiolisi, a trasformare il ghiaccio d’acqua presente ai poli di Ganimede in composti fra i quali, appunto, il perossido d’idrogeno.
«È una scoperta abbastanza sorprendente, ma non completamente inaspettata», dice a Media Inaf uno dei coautori dello studio, Alessandro Mura dell’Istituto nazionale di astrofisica. «Infatti, la presenza di perossido d’idrogeno era stata già rilevata nel 2019 sulla superficie di Europa per mezzo di spettri infrarossi restituiti dal telescopio Keck II. Ora Jwst ha evidenziato la sua presenza anche su Ganimede nelle regioni ad elevata latitudine in prossimità dei poli. Essendo un composto esogeno derivante dalla radiolisi del ghiaccio d’acqua, e dunque dall’incessante precipitazione di particelle cariche, il perossido di idrogeno è indicativo di quanto la superficie sia stata sottoposta a un elevato grado di alterazione (space weathering) che nel tempo modifica la composizione chimica originaria. Le regioni polari di Ganimede presentano questo composto perché sono soggette a una maggiore precipitazione di ioni rispetto alla regione equatoriale che invece è schermata, almeno in parte, dal campo magnetico intrinseco del satellite».
La scoperta è di notevole interesse, perché aiuta a comprendere come i campi magnetici di Giove e di Ganimede – unica luna del Sistema solare con un campo magnetico proprio, per quanto ne sappiamo – potrebbero interagire e influenzare i processi di irradiazione del ghiaccio d’acqua sulla superficie della luna stessa. E potrebbe avere ricadute importanti anche per la ricerca della vita.
«La precipitazione di plasma», osserva a questo proposito un altro dei coautori dello studio, Federico Tosi dell’Istituto nazionale di astrofisica, «è un processo che rende meno probabile il mantenimento di eventuali biofirme: di conseguenza, avere una mappatura del perossido d’idrogeno sulle lune ghiacciate ci permette di capire quali siano le regioni meno indiziate di essere “abitabili”, cioè di potere sostenere eventuali forme di vita primordiali».
«I dati spettroscopici di Jwst», aggiunge Tosi, «presentano un’alta risoluzione spettrale abbinata a un elevato rapporto segnale/rumore, impossibile da ottenere da telescopi terrestri o anche da strumenti a bordo di missioni spaziali che pure hanno la possibilità di osservazioni ravvicinate: questo è un fattore chiave per evidenziare firme spettrali molto deboli come quella del perossido di idrogeno e di altri potenziali composti».
Per saperne di più:
- Leggi su Science Advances l’articolo “Hydrogen peroxide at the poles of Ganymede”, di Samantha K. Trumbo, Michael E. Brown, Dominique Bockelée-Morvan, Imke de Pater, Thierry Fouchet, Michael H. Wong, Stéphanie Cazaux, Leigh N. Fletcher, Katherine de Kleer, Emmanuel Lellouch, Alessandro Mura, Olivier Poch, Eric Quirico, Pablo Rodriguez-Ovalle, Mark R. Showalter, Matthew S. Tiscareno e Federico Tosi