Il 28 ottobre 2021 il Sole ha emesso un brillamento solare di classe X1.0, ossia molto intenso. Così intenso da raggiungere sia la Terra che Marte, mentre si trovavano ai lati opposti del Sole e distanti circa 250 milioni di chilometri. È la prima volta che un evento solare è stato misurato simultaneamente sulla superficie della Terra, della Luna e di Marte, come riportato in un articolo pubblicato il 2 agosto su Geophysical Research Letters.
L’esplosione è stata rilevata da diversi veicoli spaziali tra cui ExoMars Trace Gas Orbiter (Tgo) dell’Esa, il rover Curiosity su Marte della Nasa, il lander lunare Chang’e-4 della Cnsa, il Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro) della Nasa e la missione EuCropis del Dlr. Si tratta di un esempio di un raro ground level enhancement (Gle), il 73esimo da quando sono iniziate le registrazioni negli anni ’40 e da allora non ne sono più stati registrati. Durante questi eventi, le particelle solari sono abbastanza energetiche da passare attraverso la bolla magnetica che circonda la Terra e ci protegge da esplosioni solari meno energetiche.
Poiché la Luna e Marte non hanno forti campi magnetici, le particelle solari possono raggiungere facilmente le loro superfici e persino interagire con il suolo per generare radiazioni secondarie. Tuttavia, Marte ha una sottile atmosfera che blocca la maggior parte delle particelle solari a bassa energia e rallenta quelle ad alta energia.
È chiaro che con la Luna e Marte al centro della futura esplorazione umana, è estremamente importante comprendere questi eventi solari e il loro potenziale impatto sul corpo umano. Una dose di radiazioni superiore a 700 milligray – l’unità di misura della dose assorbita di radiazione del sistema internazionale – può indurre la sindrome da radiazioni con conseguenti lesioni del midollo osseo, infezioni ed emorragie interne. Un astronauta esposto a più di 10 gray è estremamente improbabile che sopravviva più di due settimane. Una tale dose di radiazioni è di fatto arrivata sulla superficie lunare nell’agosto del 1972, in seguito a un’esplosione solare, ma fortunatamente si è verificata tra le missioni Apollo 16 e 17.
Per confronto, durante l’evento del 28 ottobre 2021 la dose in orbita lunare, misurata dal Lunar Reconnaissance Orbiter, era di soli 31 milligray. «I nostri calcoli sugli eventi Gle passati mostrano che in media un evento ogni 5,5 anni potrebbe aver superato il livello di sicurezza sulla Luna se non fosse fornita alcuna protezione dalle radiazioni. Comprendere questi eventi è fondamentale per le future missioni con equipaggio sulla superficie della Luna», afferma Jingnan Guo che ha studiato l’evento del 28 ottobre.
Quando confrontiamo le misurazioni effettuate da ExoMars Tgo e dal rover Curiosity, la protezione offerta dall’atmosfera di Marte diventa lampante: Tgo ha misurato 9 milligray, 30 volte di più rispetto agli 0,3 milligray rilevati in superficie.
Anche le missioni Solar Orbiter, Soho e BepiColombo hanno rilevato l’esplosione, fornendo ancora più punti di osservazione per studiare l’evento. «Attualmente, viviamo in un’età d’oro della fisica del Sistema solare. I rilevatori di radiazioni a bordo di missioni planetarie come BepiColombo, in viaggio verso Mercurio, e Juice, in viaggio verso Giove, aggiungono una copertura indispensabile per studiare l’accelerazione e la propagazione delle particelle energetiche solari», osserva Marco Pinto, ricercatore dell’Esa.
La comprensione e la previsione di eventi di radiazioni intense è di fondamentale importanza per proteggere gli astronauti nello spazio. Se avvertiti in tempo, potrebbero cercare protezione indossando specifici indumenti protettivi o trovando riparo nelle grotte. Ad esempio, l’attuale politica sulla Stazione spaziale internazionale è di ritirarsi nei dormitori o nella cucina, dove le pareti proteggono dalle radiazioni.
Il programma Artemis prevede una stazione spaziale in orbita lunare, il Gateway, nella quale ben tre suite di strumenti monitoreranno le radiazioni attorno alla Luna: l’European Radiation Sensors Array (Ersa) dell’Esa, l’Heliophysics Environmental and Radiation Measurement Experiment Suite (Hermes) della Nasa e l’Internal Dosimeter Array (Ida) dell’Esa/Jaxa. Insieme, questi esperimenti misureranno la radiazione ambientale all’esterno del Gateway e monitoreranno le dosi specifiche di radiazione all’interno, tra 3mila e 70mila chilometri dalla superficie lunare. Queste misurazioni saranno fondamentali per comprendere meglio l’ambiente che gli astronauti sperimenteranno nello spazio interplanetario.
Le agenzie spaziali stanno anche studiando l’abbigliamento protettivo per ridurre al minimo l’impatto delle radiazioni spaziali sul corpo. Due manichini identici, sviluppati dal Centro aerospaziale tedesco (Dlr), hanno volato su Artemis I, che ha sorvolato la Luna nei mesi di novembre e dicembre 2022. I manichini, soprannominati Helga e Zohar, sono stati modellati sulla base del corpo femminile ed erano dotati di sensori di radiazione forniti da Dlr e Nasa. Helga volava senza protezione, mentre Zohar indossava un giubbotto di protezione dalle radiazioni di nuova concezione che le copriva il busto. I ricercatori del Dlr stanno attualmente confrontando i due set di dati misurati da Helga e Zohar.
«Le radiazioni spaziali possono creare un vero pericolo per la nostra esplorazione in tutto il Sistema solare», conclude Colin Wilson, scienziato del progetto ExoMars Tgo. «Le misurazioni di eventi di radiazioni di alto livello da parte di missioni robotiche sono fondamentali per prepararsi a missioni con equipaggio di lunga durata. Grazie ai dati di missioni come ExoMars Tgo possiamo prepararci nel modo migliore per proteggere i nostri esploratori umani».
Per saperne di più:
- Leggi su Geophysical Research Letters l’articolo “The First Ground Level Enhancement Seen on Three Planetary Surfaces: Earth, Moon, and Mars” di Jingnan Guo, Xiaolei Li, Jian Zhang, Mikhail I. Dobynde, Yuming Wang, Zigong Xu, Thomas Berger, Jordanka Semkova, Robert F. Wimmer-Schweingruber, Donald M. Hassler, Cary Zeitlin, Bent Ehresmann, Daniel Matthiä, Bin Zhuang