Tutto ciò che possiamo vedere nel nostro mondo e nel cielo, dai minuscoli insetti alle enormi galassie, costituisce solo il cinque percento dell’universo osservabile. Il resto è oscuro. Gli scienziati ritengono che circa il 27 per cento dell’universo sia costituito da materia oscura, che tiene insieme gli oggetti, mentre il 68 per cento è energia oscura, che li allontana.
Ora, tre ricercatori dell’Università di Cambridge, hanno scoperto che potrebbe essere possibile rilevare e misurare l’energia oscura studiando la vicina galassia di Andromeda.
«Energia oscura è un nome generico per una famiglia di modelli che si possono aggiungere alla teoria della gravità di Einstein», spiega David Benisty, primo autore dell’articolo pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, che riporta i risultati dello studio. «La sua versione più semplice è nota come costante cosmologica: una densità di energia costante che allontana le galassie le une dalle altre».
La costante cosmologica fu temporaneamente aggiunta da Einstein alla sua teoria della relatività generale, per contrastare la possibilità che l’universo potesse contrarsi sotto l’azione della gravità. Dagli anni ’30 agli anni ’90 è stata posta a zero, finché non si è scoperto che una forza sconosciuta – chiamata per l’appunto energia oscura – stava accelerando l’espansione dell’universo. A oggi, ci sono almeno due grossi problemi con l’energia oscura: non sappiamo cosa sia e non l’abbiamo rilevata direttamente.
Da quando è stata identificata per la prima volta, negli anni ’90, gli astronomi hanno sviluppato diversi metodi per rilevarla, la maggior parte dei quali prevede lo studio di oggetti nell’universo primordiale e la misurazione della velocità con cui si stanno allontanando da noi. Ma distinguere gli effetti dell’energia oscura miliardi di anni fa non è facile: poiché è una debole forza tra le galassie, è facilmente sormontata dalle forze molto più forti all’interno delle galassie stesse.
Tuttavia, c’è una regione dell’universo che è sorprendentemente sensibile all’energia oscura, ed è nel nostro cortile cosmico, dove risiede la galassia di Andromeda, in rotta di collisione con la Via Lattea. In realtà le due galassie non si scontreranno: man mano che si avvicinano, inizieranno a orbitare l’una attorno all’altra, molto lentamente. Una singola orbita impiegherebbe 20 miliardi di anni a completarsi ma a causa delle massicce forze gravitazionali, tra circa cinque miliardi di anni le due galassie si fonderanno.
I ricercatori di Cambridge hanno scoperto che studiando il modo in cui Andromeda e la Via Lattea si stanno avvicinando, è possibile porre un limite superiore al valore della costante cosmologica. «L’energia oscura colpisce ogni coppia di galassie: la gravità vuole unire le galassie, mentre l’energia oscura le allontana», spiega Benisty. «Nel nostro modello, se cambiamo il valore della costante cosmologica, possiamo vedere come cambia l’orbita delle due galassie. Sulla base della loro massa, possiamo porre un limite superiore alla costante cosmologica, che è risultato essere circa cinque volte superiore a quello che possiamo misurare dal resto dell’universo».
Gli autori precisano che, sebbene la tecnica potrebbe rivelarsi estremamente preziosa, non si può ancora parlare di rilevazione diretta dell’energia oscura. I dati del James Webb Space Telescope forniranno misurazioni molto più accurate della massa e del movimento di Andromeda, che potrebbero aiutare a ridurre i limiti superiori della costante cosmologica così misurata. Inoltre, studiando altre coppie di galassie, potrebbe essere possibile perfezionare ulteriormente la tecnica e determinare in che modo l’energia oscura influisce sull’universo. «L’energia oscura è uno dei più grandi enigmi della cosmologia», conclude Benisty. «Potrebbe essere che i suoi effetti varino con la distanza e nel tempo, ma speriamo che questa tecnica possa aiutare a svelare il mistero».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Constraining Dark Energy from the Local Group Dynamics” di David Benisty, Anne-Christine Davis, and N. Wyn Evans