È risaputo che l’universo è in espansione. Ma senza punti di riferimento nello spazio, è difficile misurare con precisione la velocità con cui si sta espandendo. Quindi, gli astronomi cercano punti di riferimento affidabili.
Così come una candela sembra più debole man mano che si allontana – anche se di fatto la candela è sempre la stessa – gli oggetti distanti sembrano più deboli. Se conosciamo la luminosità intrinseca di un oggetto, possiamo calcolarne la distanza in base alla luminosità osservata. Gli oggetti di luminosità nota nell’universo che ci permettono di calcolare la distanza sono chiamati candele standard.
Un team internazionale di ricercatori guidato da Maria Giovanna Dainotti, Assistant Professor al National Astronomical Observatory of Japan (Naoj), e Giada Bargiacchi, dottoranda presso la Scuola Superiore Meridionale di Napoli – con l’aiuto delle strutture di supercalcolo del Naoj, gestite da Kazunari Iwasaki, Assistant Professor al Naoj e membro del Center for Computational Astrophysics, e di Malgorzata Bogdan, esperta in statistica e professoressa all’Università di Lund – ha inaugurato un nuovo campo di ricerca sfruttando l’uso di una varietà di metodi statistici innovativi per analizzare i dati di varie candele standard quali supernove, quasar e gamma ray burst. Diverse candele standard sono utili in diversi intervalli di distanza, quindi la combinazione di più candele standard ha permesso al team di mappare aree più ampie dell’universo.
«Con questo studio abbiamo dato seguito a un filone di ricerca che vede al centro il dibattito molto discusso sul tema della costante di Hubble e del suo valore. Tema che va avanti ancora sin dai tempi di Hubble», commenta a Media Inaf la prima autrice, Maria Giovanna Dainotti. «Con un gruppo di ricercatori provenienti da varie università e centri di ricerca (National Astronomical Observatory of Japan e Center for computational astrophysics, Lund University, National Autonomous University of Mexico, University of Nevada Las Vegas, Scuola Superiore Meridionale di Napoli e Jagiellonian University) e con l’aiuto del supercomputer al Naoj e di nuovi metodi statistici, siamo riusciti a diminuire il valore dell’incertezza sulla costante di Hubble fino al 35 per cento del valore oggi stimato. Questo è stato possibile con l’utilizzo di varie sorgenti combinate insieme ma soprattutto con l’utilizzo di nuovi metodi statistici».
«Le likelihood usate fin d’ora per la valutazione dei parametri cosmologici hanno un problema di fondo: non sono rappresentative della popolazione delle supernove di tipo Ia, dei quasar e delle oscillazioni acustiche barioniche. Correggendo per le opportune likelihood, cioè per le opportune distribuzioni rappresentative dei campioni che utilizziamo, siamo riusciti a ottenere un netto miglioramento sul valore della costante di Hubble. Questo risultato ci fa riflettere sul fatto che in un’epoca di cosmologia di precisione, anche altri mezzi, non solo quelli osservativi, possono aiutarci enormemente», conclude Dainotti.
Parametri più accurati aiuteranno a determinare se l’universo continuerà a espandersi per sempre, o eventualmente collasserà su sé stesso.
Per saperne di più:
- Leggi su Astrophysical Journal l’articolo “Reducing the Uncertainty on the Hubble Constant up to 35% with an Improved Statistical Analysis: Different Best-fit Likelihoods for Type Ia Supernovae, Baryon Acoustic Oscillations, Quasars, and Gamma-Ray Bursts” di Maria Giovanna Dainotti, Giada Bargiacchi, Malgorzata Bogdan, Aleksander Lukasz Lenart, Kazunari Iwasaki, Salvatore Capozziello, Bing Zhang e Nissim Fraija